Michael Hall è una delle figure culturalmente più importanti della scena di Austin. Proveniente dalla vicina San Antonio è approdato nella capitale del Texas 18 anni fa come studente universitario ritrovandosi coinvolto in una scena culturale vivace come poche.
Comincia quasi subito la sua attività di giornalista che lo porterà nell’81 ad essere tra i fondatori dell’Austin Chronicle, settimanale particolarmente attento e pronto ad incoraggiare i fermenti culturali della città, attività mai completamente abbandonata e che lo vede particolarmente attivo quale critico letterario.
Ma è ovviamente la sua attività di musicista quella che ce lo fa conoscere. La sua band, i Wild Seeds, è stata una delle più popolari di quella ‘New Sincerity Era’, qui da noi lo si chiamava nuovo rock americano, che aveva lo Sparky’s come punto di riferimento ed annoverava bands come Zeitgeist (poi diventati Reivers), Dharma Bums, Texas Instruments e Doctor’s Mob.
Dopo lo scioglimento dei Seeds comincia la sua esperienza solista focalizzata principalmente sulla parte creativa, “sono più un compositore che un performer”, che lo porta con questo Adequate Desire alla realizzazione di tre album nell’arco di cinque anni oltre a vederlo impegnato a beneficiare la comunità artistica di Austin piuttosto che promuovere la sua carriera solista (è lui l’ispiratore del tributo a Jo Carol Pierce Across The Great Divide, di un concorso letterario annuale di racconti inediti e di molte altre iniziative minori) e protagonista nei Setters, mini-super gruppo indie in compagnia di Escovedo e Salas-Humara.
Tra le qualità salienti che caratterizzano le dodici canzoni di questo eccellente album va segnalata sicuramente la sua già nota enfasi poetica che trova un suono maggiormente adeguato, un solido pop chitarristico ricco di echi che rimandano a quelli che reputo essere due dei suoi beniamini, Neil Young e Lou Reed.
L’album, il cui titolo di Adequate Desire è tratto da una frase di Emily Dickinson, è una sorta di concept, una riflessione sulla vita scaturita da due avvenimenti che hanno toccato da vicino Hall mentre stava componendo le canzoni per il disco. Infatti, si apre con Every Little Thing, una canzone ispirata dalla nascita del figlio dell’amica Kim Longacre (cantante degli Zeitgeist-Reivers) e si chiude con Hello, Mr. Death in onore di Manny Versoza, l’amico dei Silos tragicamente scomparso alla fine del ’93. Si tratta in sostanza di due inni alla vita nella sua interezza, dall’inizio alla fine, con tutto quanto vi è nel mezzo, l’amore, la rabbia, il perdono e il sogno, come raccontato nelle altre canzoni.
Il risultato finale è affascinante specialmente dopo ripetuti ed attenti ascolti. A volte, come detto, l’ascolto rimanda a Lou Reed (Tremblin) o Neil Young (It’s Hard To Wake Up In The Morning e Out Of This Time) ma la realtà è che ci troviamo un cantautore ormai pienamente maturo, capace di creare canzoni intelligenti, uniche e coinvolgenti.
Forse il paragone più calzante, per la caratura del personaggio più che per la musica in sé, è quello con Alejandro Escovedo. Ben prodotto dallo stesso Hall, questo CD offre una strumentazione essenziale, a volte quasi scarna, ma maledettamente efficace, e vede l’apporto di Jud Newcomb e Dana Myzer dei Loose Diamonds, George Reiff (Michael Fracasso), John Dee Graham (True Believers), Kim Longacre, Vicky Peterson (Continental Drifters), Randy Franklin (ha militato nell’ultima versione dei Wild Seeds) e Lisa Mednick al miglior disco di uno dei più intelligenti musicisti di Austin, anzi di Chicago, città in cui si è trasferito giusto un paio di settimane dopo la sua pubblicazione.
Dejadisc DJD 3212 (Singer Songwriter, 1994)
Alessandro Maggiori, fonte Out Of Time n. 6, 1994