George Glenn Jones (Saratoga, Texas, 12/9/1931), noto con il nomignolo di ‘Possum’, rappresenta uno dei classici punti di riferimento per quanto riguarda l’honky tonk più genuino e ruspante. La sua vocalità nasale e influenzata sia dal country sia dal blues lo ha posto ai vertici delle preferenze tra i neo-traditionalists apparsi alla metà degli anni ottanta a Nashville, rinverdendo una carriera di notevolissimo livello contraddistinta però da più di un problema legato ad una personalità forte ma talvolta contrastante.
Nato in una famiglia con un buon background musicale, George Jones ben presto ottiene la sua prima chitarra e inizia ad esibirsi a livello locale. Dopo il servizio militare prestato nei Marines in Corea, lavora per qualche tempo come imbianchino di giorno mentre alla sera si esibisce nei clubs.
La sua crescente popolarità a livello locale porta il suo nome all’attenzione di H.W. ‘Pappy’ Dailey che all’epoca (siamo nel 1954) fa parte della Starday Records di Houston, Texas. Il suo legame con ‘Pappy’ Dailey proseguirà poi in maniera intensa anche negli anni sessanta in un’altra etichetta, la Musicor Records. Intanto con la Starday George Jones rimane tre anni, fino al 1957, incidendo sia brani country sia rockabilly, ottenendo il suo primo grande hit con Why Baby Why nel 1955.
Dopo questa esperienza George Jones passa alla Mercury che per quattro anni sarà la sua casa discografica. Nel 1959 White Lightning ottiene un grande successo diventando il suo primo numero uno della sua carriera, seguito da Tender Years, in cima alle classifiche nel 1961. Nello stesso anno Jones si trasferisce alla United Artists inaugurando un periodo particolarmente fertile della sua carriera.
Contraddistinto da una voce sempre più matura e convinta, George Jones interpreta le sue canzoni in un modo maggiormente intenso e vissuto e il suo repertorio ne guadagna dal punto di vista qualitativo.
Della esperienza con la UA sono da ricordare due classici come She Thinks I Still Care (1962) e The Race Is On (1964). Nel 1965 le carriere di George Jones e del discografico ‘Pappy’ Dailey si incrociano nuovamente e il ‘Possum’ viene messo sotto contratto dalla Musicor, nuova label di Dailey. Ormai George Jones è uno tra i country singers più affermati e nella seconda metà degli anni sessanta proseguono i suoi successi come Love Bug (1965), Walk Through This World With Me, I Can’t Get There From Here e If My Heart Had Windows (tutti del 1967).
Nonostante questo George Jones è insoddisfatto del modo in cui viene prodotta la propria musica e inizia una lunga diatriba per risolvere il suo contratto con la Musicor che durerà fino al 1971. In concomitanza con i suoi problemi contrattuali anche il privato riserva grossi problemi a George Jones che deve affrontare un divorzio e una vita contraddistinta da un comportamento sempre più autodistruttivo e condizionato da abuso di alcolici.
Un fondamentale capitolo della carriera e della vita privata di Jones è il su legame con Tammy Wynette, conosciuta durante un tour nel 1967 e divenuta sua moglie e sua partner musicale. Ben presto si uniscono al Grand Ole Opry e iniziano una collaborazione con il produttore Billy Sherrill per la Epic Records.
Nella prima parte degli anni settanta vengono prodotti altri importanti hits come We’re Gonna Hold On, Golden Ring e Near You. Nella restante parte degli anni settanta e negli anni ottanta, accanto a riconoscimenti importanti da parte dell’industria discografica (nel 1980 si aggiudica un Grammy e un CMA Award per He Stopped Loving Her Today, bissato da un altro CMA Award nel 1981 come Male Vocalist) si ripropongono problemi caratteriali che ne condizionano la resa.
Dagli anni novanta, grazie ad un revival portato dal movimento new country di Nashville, George Jones riprende a pubblicare lavori di buon livello tra cui si segnalano Walls Can Fall del 1992 (con l’hit single I Don’t Need Your Rockin’ Chair), The Bradley Barn Sessions del 1994, un album in cui rilegge molti dei suoi classici duettando con grandi nomi della country music contemporanea e del rock e Lived To Tell It All del 1996 che è anche il titolo della sua autobiografia.
Dal 1992 fa parte della Country Music Hall Of Fame.
12.9.1931
Country Pop, Honky Tonk, Traditional Country
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2004