Negli Stati Uniti degli anni cinquanta, l’avvento del rock & roll portò con se un’inaudita ventata di trasgressione, tuttavia vi furono musicisti nell’ambito dello stesso rock & roll che più di altri furono giudicati inaccettabilmente pericolosi, folli, selvaggi, ribelli. Sicuramente, Gene Vincent fu il massimo rappresentante di questa tendenza, consegnando il rockabilly alla sua quintessenza. Pur avendo partorito un solo grande hit con la canzone Be-Bop A Lula, nella quale per altro è già ravvisabile lo stile musicale che permeerà tutta la propria carriera, il tempo ha eletto Vincent quale eroe indiscusso del rockabilly.
Un linguaggio sonoro il suo, basato principalmente su break chitarristici, ondeggianti eco, ed un’ansimante vocalità sexy. Gene Vincent con i suoi Blue Caps fu anche tra i primi artisti, assieme a Buddy Holly & The Crickets, ad impiegare quella che diverrà la più classica formazione rock: due chitarre, basso e batteria. A dispetto dello scarso riscontro commerciale, la musica di Vincent può essere considerata fra i più grandi esempi del rockabilly di tutti i tempi. La morte prematura e la tormentata figura ne hanno consacrato la leggenda.
Vincent Eugene Craddock nasce a Norfolk (Virginia), nel 1942 la famiglia si trasferisce Munden Point, poco più a sud. Qui avvengono i primi approcci del giovane Craddock alla musica, oltre il country trasmesso dalle varie emittenti radiofoniche, ha modo di ascoltare il blues e il gospel della gente di colore, contemporaneamente inizia a strimpellare la chitarra. Verso la fine degli anni quaranta ritorna con la famiglia a Norfolk, e senza terminare gli studi, nel 1952 si arruola in Marina. Nel luglio del 1955, mentre era alla guida della propria moto Triumph, il marinaio Craddock rimane vittima di un grave incidente stradale, riportando delle gravi lesioni alla gamba sinistra che continueranno a tormentarlo per tutta la vita. Nei mesi di degenza trascorsi in ospedale, ha modo di dedicarsi al canto e maturare la decisione che lo porterà a tentare il professionismo musicale.
All’inizio del 1956, Vincent è selezionato quale cantante per partecipare allo show radiofonico Country Showtime della locale stazione radio WCMS, e nel giro di breve tempo inizia ad esibirsi con i Virginians (l’orchestra fissa di quella emittente).
La popolarità che inizia a riscuotere a livello locale, spinge il direttore della radio Roy Lamear e il dj ‘Sheriff’ Tex Davis a riunire alcuni dei migliori musicisti locali (Cliff Gallupp, chitarra solista, Willie Williams, chitarra ritmica, Jack Neal, contrabbasso e Dickie Harrell, batteria) per accompagnare il cantante nell’incisione di alcuni demos. Fra le registrazioni che escono da questa session, in particolare ne figura una con titolo Be Bop A Lula; si tratta di una canzone (il cui titolo è ispirato al personaggio dei fumetti ‘Little Lulu’) composta durante la degenza in ospedale dallo stesso Craddock assieme ad un altro paziente, il marine Donald Graves, il quale ha ceduto la sua quota di comproprietà per 25 dollari. L’acetato viene inviato al produttore Ken Nelson della Capitol, che nel frattempo era alla ricerca di un cantante da contrapporre al sempre più popolare Elvis Presley. Nel giro di breve tempo, Gene Craddock e i musicisti di Norfolk sono convocati negli studi di Owen Bradley a Nashville, da questa session scaturiscono quattro brani.
Il cantante utilizza il suo primo nome come appellativo d’arte, mentre i componenti del gruppo assumono il nominativo di Blue Caps. Il 2 giugno 1956 esce il singolo Be Bop A Lula/Woman Love, nel giro di cinque mesi vende la bellezza di due milioni di copie attestandosi al 7° posto in classifica pop, al 5° nella country & western e 6° nei black singles, secondo le rilevazioni di Billboard. Per sfruttare l’inaspettato successo, Vincent e i Blue Caps si impegnano in estenuanti tournèe che portano il pubblico ad amare la sua immagine, grazie al particolare viso affilato e pallido e alla sua presenza scenica è consacrato come il ‘bad boy’ del rock & roll. Nello stesso anno esce l’album Bluejean Bop! che si colloca in sedicesima posizione pop (unica raccolta a comparire nelle charts americane), Gene e i Blue Caps partecipano al film The Girl Can’t Help It, e balza sul mercato il singolo Race With The Devil che però si ferma in bassa classifica.
È in questo periodo che emergono tutti i problemi, sia pregressi che non, coi quali la popolarità dell’artista dovrà fare i conti. A cominciare dalla gamba infortunata, che lo porta a subire diverse operazioni e temporanei allontanamenti dal suo percorso artistico, per continuare con l’alcolismo latente e il carattere non facile, fino all’estraneità della Capitol al comune fenomeno del periodo denominato ‘payola’ (le bustarelle pagate ai DJ nella programmazione dei dischi) che avrebbe potuto favorirlo. Gene Vincent si ritrova così a perdere progressivamente il favore del pubblico, l’ultimo colpo di coda sul mercato americano è il singolo Lotta Lovin’, che uscito nel 1957 vende in quattro mesi un milione e mezzo di copie, raggiungendo la tredicesima posizione nella pop chart. Cercando di tenere in piedi la propria carriera artistica, nel 1959 Vincent cede alla proposta del produttore inglese Jack Good, che ne vuole ridimensionare l’immagine per renderla appetibile al mercato britannico. Così il look del rocker viene appesantito con un vestito di cuoio nero (guanti compresi) e un grande medaglione argentato intorno al collo, facendone un personaggio da tragedia shakespeariana, che dà forma al mito del ‘black leather rock rebel’ in seguito imitato da altri.
La rigenerazione dell’icona artistica del cantante ha i suoi effetti immediati, di fatto il mercato inglese porta Vincent a riassaporare quel successo che in patria il pubblico non era più disposto a offrirgli. Il 17 aprile 1960 nei pressi di Londra, Gene è coinvolto in un incidente automobilistico che procura ulteriori problemi alla gamba già affetta da handicap, ma il trauma maggiore lo subisce la sua psiche, infatti nel sinistro perde la vita l’amico e star del rock & roll Eddie Cochran. La popolarità riscossa in Europa, tuttavia, non accenna a diminuire: nel corso degli anni sessanta prende parte a diversi film, compiendo numerosi tour in buona parte del continente. In questi anni la Capitol americana interrompe il rapporto con Vincent, il quale prende ad incidere per la Columbia inglese ed altre etichette. Il proprio trascinarsi sul palcoscenico (più o meno dovuto ai continui dolori alla gamba) e il frequente stato di stordimento alcolico, portano alla definitiva cristallizzazione dell’artista quale ‘loser’ del rock & roll.
Nel 1969 partecipa al ‘Toronto Rock & Roll Festival’, sono presenti pure Jerry Lee Lewis, Chuck Berry, John Lennon, The Doors. Nel 1970 incide per la Kama Sutra due album orientati al country, i quali vengono favorevolmente accolti dalla critica ma senza riscuotere alcuna presa commerciale. La salute psicofisica del cantane continua a deteriorarsi, dopo essere stato ricoverato in un ospedale californiano (a nord di Los Angeles), la morte lo raggiunge il 12 ottobre 1971, in seguito ad una emorragia interna causata da un’ulcera allo stomaco.
Gene Vincent scompare a 36 anni, lasciando un’eredità musicale che è metabolizzata in seguito da tutto il mondo del rock, fino a divenire una delle prime disperate e tormentate figure del genere.
11.2.1935 – 12.10.1971
Rockabilly
Federico Gavarini, fonte TLJ, 2003