Bene, avete fra le mani il vostro banjo, quale che sia, lo accordate, lo suonate un pò, e vi rendete conto che suona male, ma davvero male, non solo a confronto con quello di Earl, Sonny, J.D., Bill, Craig ecc ecc ecc… Insomma, male: non schiocca, non ha profondità, il timbro è anonimo, il suono non ha presenza, e il volume è basso anche se picchiate come tagliaboschi. Prima di spedire un annuncio a Country Store per vendere la creatura, un paio di cose possono essere tentate, senza sforzo eccessivo, e un altro paio possono essere sperimentate con un minimo di sforzo. E vediamo, in ordine logico, cosa si può fare. Questo è set-up!
1) Controlliamo la corretta aderenza delle varie parti.
Se n’è già parlato, quindi dovreste già sapere più o meno tutto: vediamo se rim e manico sono serrati, controllando che le due coordinator rod siano strette al manico. ‘Strette’ significa solo strette, non torchiate allo spasimo, ovviamente, per evitare di succhiare i vitoni fuori dal manico, o spanare gli stessi dentro alle due rod, o comunque soffocare il suono.
C’è chi ha voluto sintetizzare questo concetto nella frase “Tight at the neck, snug at the tailpiece”, cioè “Strette al manico, solide al tailpiece” o giù di lì. Fatto questo, sappiamo che il manico è bene a contatto col rim, se naturalmente questi avvitamenti sono stati eseguiti in modo corretto, così da non alterare l’angolo del manico (ne dovrò parlare meglio in seguito, ma per ora vi basti sapere che dovrete solo evitare di ‘tirare’ il rim in un senso o nell’altro, insomma rispettarne la rotondità. Sapete già che gli altri controlli di aderenza dovranno essere fatti a capotasto, ponte, e (perché no?) anche alle meccaniche. Per ora non considerate il tailpiece, che ha una sua regolazione a parte.
2) Controlliamo che il manico sia dritto.
Già conoscete la mia opinione su cosa sia desiderabile in materia di ‘dritto’, ma sapete certo anche che è bene che il manico sia solo minimamente incurvato, o addirittura perfettamente dritto, per una corretta intonazione. Tutti i banjo moderni hanno possibilità di regolazione della curvatura del manico mediante una ‘truss rod’ posta al suo interno. Un manico troppo dritto (truss rod troppo tirata) vi darà friggimenti di note su tutti i tasti o quasi, ma un manico troppo incurvato sarà difficile da suonare e causerà notevoli imperfezioni nell’intonazione (le note saranno crescenti sui tasti alti). Ricordate che la truss rod viene tirata (= manico più dritto) girando la sua chiave in senso orario, mollata (= manico più curvo) girandola in senso antiorario. Se il vostro banjo non ha truss rod, bè, auguri…
3) Controlliamo la pelle, e naturalmente i suoi ‘tiranti’, cioè tension hoop e ganci.
Prima di pensare alla tensione della pelle vediamo che il tension hoop sia tirato verso il basso (poco, giusto o troppo che sia) uniformemente, vale a dire nella stessa misura in ogni suo punto. Ciò non è importante solo per il suono, è soprattutto essenziale per la salute del tension hoop, che potrà essere perennemente deformato anche da soli pochi mesi di tensione male distribuita.
Il controllo sarà fatto, molto banalmente, osservando di quanto il tension hoop sporge sulla pelle lungo la circonferenza di questa, guardando ‘a filo’ mentre facciamo ruotare il banjo davanti agli occhi (uei, attenti alla faccia!). Dovrete ovviamente mollare i ganci che tirano troppo, e tirare quelli che lasciano il tension hoop troppo alto. Solo ora potrete prestare attenzione alla tensione della pelle, ricordate.
Il vecchio interrogativo “Qual’è la tensione giusta per la pelle di un banjo?” ha sempre ricevuto risposte varie, compresa quella storica di Don Reno: “Un quarto di giro prima che si rompa” (o forse non era Don Reno…). Ogni banjo ha un sua tensione di pelle ‘giusta’ per farlo rendere ottimalmente, quale che sia il suono che voi volete tirarne fuori. Aggiungerei: ‘Purtroppo’, nel senso che il suono ottimale di un banjo potrebbe non essere ciò che voi considerate ottimale…
In ogni caso, per praticità e volendo generalizzare, si può dire che la ‘giusta’ tensione per la pelle di un banjo flathead ha un range piuttosto ampio, da un ‘sol’ a un ‘si’… Da dove escono queste note, dite voi? Sono le note che otteniamo percuotendo la pelle (a corde stoppate), nello stesso modo in cui i batteristi accordano le pelli dei tamburi. E sì, non è facile sentire questa nota, ma non è poi nemmeno tanto difficile, e aiuta, oh se aiuta! Se il vostro nome è J.D. o Sonny forse potrete fare a meno di sentire questa nota, ma se siete comuni mortali con poca esperienza di banjo temo che non ne potrete fare a meno. Confrontate il suono (o rumore) che ottenete picchiando la pelle con le note della quarta corda, e vi giuro che prima o poi capirete la nota prodotta dalla pelle.
Sono sicuro che ogni banjo comprato in negozio avrà una pelle molle, a meno che il negozio non sia Gruhn o McPeake o Fifth String… E quindi la nota prodotta dalla pelle sarà ben al di sotto del sol considerato il minimo richiesto da un flathead. Okay, prendete la vostra chiavetta, e date una stretta a tutti i dadi dei ganci, ma piano: se la pelle è davvero molle starete sicuri stringendo i dadi di un quarto di giro (90 gradi per quelli scientifici) per volta, ma se è già in zona sol date solo 1/ 8 di giro (45 gradi). Poi riaccordate lo strumento, controllate che nuova nota sarà data dal percuotere la pelle, e soprattutto vedete se il suono ‘nuovo’ vi piace o no!
In alcuni (rari) casi un banjo suona bene già con la pelle ‘accordata’ intorno a sol, quindi sarà inutile andare avanti a tirarla. Di solito, però, così non è, e dovrete dare altri quarti o ottavi di giro ai dadi prima di arrivare ad un suono buono.
N.B.: come dice Bill Keith, una pelle di banjo non è una ruota di automobile, quindi non ha senso, se il tension hoop è già assestato in piano, tirare i ganci ‘in croce’: molto più pratico andare lungo la circonferenza, da 1 a 24. C’è chi, come Pete Wernick, raccomanda di controllare l’effettiva tensione della pelle premendola col pollice lungo il contorno, a 2-3 cm dal tension hoop: io non ci ho mai capito niente così, non so… So invece che mi è impossibile giudicare se una pelle sia tesa ‘giusta’ immediatamente dopo averla tirata: ho bisogno di suonare il banjo e lasciare che la pelle si assesti un pó (diciamo un 12 ore almeno) prima di essere sicuro che la tensione sia giusta e il banjo la ‘utilizzi’ al meglio. Un giudizio dato subito dopo avere tirato o mollato la pelle di solito, nel mio caso, conduce solo ad una serie infinita di tira-molla-tira-molla che non può avere effetti positivi.
‘Pazienza’ è una delle parole d’ordine di un set-up ben fatto, ‘suono’ un’altra, ‘assestamento’ un’altra ancora. Basta, altrimenti mi linciate… Tirando una pelle troppo lasca vi accorgete di alcuni cambiamenti progressivi: il volume aumenta, fino ad un certo punto, per poi assestarsi o addirittura diminuire quando la pelle è troppo tesa.
I bassi (4a corda) all’inizio si definiscono meglio, diventano belli rotondi e netti e col ‘giusto’ sustain, per poi assottigliarsi con pelle troppo tesa. La risposta dello strumento ed in particolare degli acuti (la corda usabile come test) migliora, il banjo insomma schiocca meglio, fa ‘plong’ invece che ‘zing’, e fate meno fatica ad ottenere una nota chiara e forte, fino al punto in cui, già lo sapete, tutto ripeggiora e sapete di avere tirato troppo.
Niente paura se notate questi segni di peggioramento: nella maggior parte dei casi, se state facendo un set-up iniziale, non sarà necessario rimollare tutto, e sarà solo il caso di fare ricorso alle parole d’ordine di cui sopra. Con la pazienza di cui siete capaci dovrete suonare molto il vostro pur insoddisfacente banjo, e lasciare che si assesti. Controllate in ogni caso la nota prodotta dalla pelle: chiaramente se otterrete un do# saprete di avere esagerato in tensione, ma se sarà nel range che vi ho detto potrete sperare che suono, molta pazienza e quindi assestamento bastino ad ottenere il risultato agognato.
Se il vostro banjo è un archtop, queste regole saranno valide comunque: la ‘nota ideale’ della pelle sarà solo diversa da quella ideale per un flathead, naturalmente, vista la minore superficie vibrante della pelle di un archtop, ma non così diversa poi, diciamo di un mezzo tono o al massimo un tono più alta, non di più.
Esperti come Curtis McPeake dicono che per un flathead ‘medio’ la giusta ‘accordatura’ della pelle è a ‘la’, mentre per un archtop è a si bemolle. Un buon vecchio flathead, magari pre-war, solitamente funziona meglio con pelle più mollina, attorno ad un sol#, ma fioccano le eccezioni, come l’RB-75 di Bela Fleck che, avendo di suo un suono molto ‘scuro’, lavora meglio con la pelle tirata a si!
Ogni strumento, tanto per cambiare, ha caratteristiche individuali, e dovrete trovare voi i giusti punti di tensione del vostro banjo. Ricordate anche che uno strumento nuovo può essere aiutato dal venire ‘forzato’ o ‘compresso’ per un pó di tempo con tensioni maggiori di quelle ‘giuste’, per dare modo alle varie parti di incastrarsi bene le une nelle altre, per cui abbiate anche qui pazienza, e sopportate una pelle che per voi è troppo tirata, in vista di un futuro suono migliore. Il mio amico Snuffy Smith dice che un banjo nuovo dovrebbe essere tenuto piatto in un baule di auto: dopo qualche migliaia di miglia lo avrete assestato al meglio senza dovere ricorrere a tensioni maggiori o roba del genere. Provate…
Questa regolazione ‘di base’ della pelle vi darà un suono ‘medio’, nel senso che metterà il vostro banjo in condizioni di esprimere bene le frequenze basse, medie e acute senza particolare esaltazione di alcune di queste: diverse tensioni vi daranno diversi suoni, ma per ora restiamo alle regolazioni di base. E se pensate che abbia sprecato troppe parole sulla tensione della pelle, ricordate un paio di cose: la pelle di un banjo è la sua tavola armonica, e comunque quanto vi ho detto non è che una minima parte del necessario ad una buona regolazione della tensione della pelle. E poi, cari bimbi, ci sono anche i segreti!…
4) Tailpiece:
non voglio qui parlare dei diversi modelli di tailpiece, ognuno con la propria regolazione. Diciamo che per il set-up di base che stiamo eseguendo basterà controllare che il tailpiece (quale che sia) del vostro banjo sia regolato in modo che il ponte non si muova (lateralmente o longitudinalmente) per l’azione delle corde, tutto qui. In pratica dovrete avvitarlo, verso il basso ovviamente, fino a farlo aderire al tension hoop, nel caso dei tailpiece tipo Waverly, o fino a lasciare 1- 2 mm fra tension hoop e tailpiece nel caso dei Grover Presto, Kershner, Gibson clamshell e così via, quindi avvitare la vitina (o le vitine) di tensione di quel minimo che non consenta a questa (o queste) di svitarsi e perdersi, e blocchi il ponte come già detto prima. Diverse regolazioni danno diversi suoni, perciò ne riparleremo più in dettaglio altrove.
5) Ponticello:
controllate che sia di buona qualità, o sostituitelo. Di buona qualità è anche un normale Grover da 5/8″ di acero ed ebano, quindi ‘non vi allargate’! I solchi delle corde devono essere della giusta profondità (ne abbiamo parlato, ricordate?), e possibilmente della giusta sagoma. In molti ponti nuovi la profondità dei solchi è scarsa, e se non l’aggiustate vi troverete presto con una corda fuori posto e una scheggia di legno in meno… Controllate anche che il ponticello sia sempre nella giusta posizione: visto di profilo questa posizione giusta significa solo dritto, ‘non inclinato’ verso manico o tailpiece, ma visto dall’alto ‘posizione giusta’ significa ben di più, dato che l’intonazione dello strumento è determinata dalla corretta posizione in senso longitudinale del ponticello.
Ogni ponte deve essere posizionato sulla pelle più o meno esattamente ad una distanza dal dodicesimo tasto pari alla distanza fra dodicesimo tasto e capotasto. Chiaro? Misurate la distanza capotasto-dodicesimo tasto, riportate questa stessa distanza dal dodicesimo tasto sulla pelle, e in questo punto posizionate il ponticello. Questa posizione, però, è ‘media’, nel senso che saranno necessari aggiustamenti compensatori per diverse action in banjo diversi, dato il diverso ‘stiramento’ che corde di calibri e tensioni diverse hanno, con evidenti effetti sull’intonazione.
Come fare? Semplice: suonate un armonico al dodicesimo tasto della prima corda, e controllate che sia uguale alla nota prodotta premendo la corda al dodicesimo tasto. Se la nota a tasto premuto è più alta dell’armonico dovrete allontanare il ponticello dal manico, se è più bassa dovrete avvicinarlo al manico.
Stesso procedimento sulla quarta corda. In molti casi con gli armonici otterrete un piazzamento accurato del ponticello se il vostro orecchio è buono, ma lo stesso lavoro fatto con l’aiuto di un accordatore elettronico sarà molto più accurato. Spesso un ponticello ‘intonato’ in questo modo sarà obliquo rispetto al manico: se in questo modo il banjo è intonato, vi consiglio di lasciarlo così. Evidentemente i tasti sono obliqui pure loro (per solchi tagliati perpendicolarmente ad un bordo), o il vostro set di corde ha tensioni che necessitano di una compensazione del ponte, o chissà che diavoleria richiede un ponte compensato obliquamente.
Tentate sempre, in ogni caso, di non intonare il ponte con corde vecchie o sfinite, che non potranno mai essere intonate e vi faranno solo perdere tempo.
In conclusione, terminato questo set-up iniziale, limitato e molto basilare ma comunque essenziale, ci saremo fatti un’idea più chiara sulle possibilità del nostro banjo e su quali potranno essere le modifiche necessarie per ottenere il massimo di suono e suonabilità. Siamo solo all’inizio nel nostro lavoro di set-up, ma sicuramente i primi risultati si sono già fatti sentire alle nostre orecchie e sotto le nostre dita. Buon lavoro!
Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 29, 1995