La mattina del 27 settembre 1993 Marco Curreri ha perso la sua battaglia contro il cancro, dopo quasi tre anni di lotta condotta con forza, determinazione e serenità. Marco aveva già vinto il primo ‘round’ contro la malattia nel 1982, ma questa volta si è dovuto arrendere ad una forma ben peggiore. Lascia la moglie e due figlie, e migliaia di bluegrassari e countristi che hanno avuto modo di conoscerlo nei suoi tredici anni di carriera come bassista e vocalist.
Nato il 29 ottobre 1949, ‘Baby’ aveva iniziato a suonare il basso negli anni ’60 con diverse rock band dell’area di Genova, per poi abbandonare il palco quando la vita l’aveva obbligato a concentrarsi sul lavoro. Era tornato alla musica nei primi anni ’80, e aveva scoperto il bluegrass attraverso il suono quasi-rock dei New Grass Revival, di cui è sempre stato a dir poco fanatico. E’ stato fra i fondatori di uno dei primi gruppi bluegrass di Genova, la Green Celiar Society, per poi diventare bassista dei Red Wine alla fine del 1983.
Con Red Wine è rimasto sin quando la sua malattia lo ha costretto a rinunciare, nel marzo del 1991, ma ha trovato il modo, parallelamente, di ‘resuscitare’ la Green Celiar Society in versione ‘rockin’ country’ nel 1989/90, e la forza di suonare in giro per Italia e Francia con gli Arizona.
Il suo stile di basso è sempre stato fondato sulla grinta più rock, sul sano principio ‘less is more’, su un timing da metronomo e un suono pieno e deciso. John Cowan era il suo principale mito, e anche vocalmente poteva, in non pochi momenti, ricordarlo. Prima che un carcinoma della base della lingua (e le terapie conseguenti) gli dessero la prima mazzata, nel 1982, aveva una estensione vocale di tre ottave piene, e sfruttava con tranquillità note di altezza irreale. Il lavoro in studio di incisione, nelle occasioni più diverse, ha sempre messo in luce un’intonazione vocale costantemente perfetta. Negli anni con Red Wine ha cantato ogni parte prevista nel vocabolario bluegrass, ma prevalentemente il basso nei gospel e il tenor nei pezzi più rockeggianti. Senza di lui, sicuramente, Red Wine non sarebbe uscita dagli angusti confini nazionali, e senza di lui, sicuramente, Red Wine non sarà più la stessa band che Marco Curreri ha contribuito a far conoscere in tutta Europa.
Qualcuno, conoscendo la situazione di salute di Marco, può non aver trovato particolarmente di buon gusto l’annuncio della sua partecipazione ad una neonata band con Coppo, Mosetti, Ferretti e Di Giacomo. Capisco, e approvo le buone intenzioni, ma forse costoro non conoscevano Marco. Marco è venuto a provare con Rocky Road (questo il nome della band) con in corpo la forza, a malapena, di camminare, e l’ha fatto con l’entusiasmo di chi si sente addosso la forza e la voglia di suonare per ore filate su un palco, e il desiderio incontenibile di farlo al più presto.
Dovevamo fare una pausa ogni ora di prova, tanta era la concentrazione che Baby metteva nelle prove, con la conseguente fatica, ma lui non poteva pensare di smettere di suonare, perché suonare era una delle cose più grandi della sua vita.
Venerdì 24, tre giorni prima della sua morte, mentre gli bucavo l’ennesima vena per l’ennesima flebo, mi dice: “Wally, cosa dici, quasi quasi vendo il basso”, “No, Baby, perché dovresti farlo, è uno strumento della madonna e non vale la pena di venderlo”, “Ma veramente pensavo di prendere un Precision: ha il suono più giusto per il bluegrass”, “Allora sì, Baby, sono d’accordo. Ti chiamo domani e ci vediamo lunedì”, “Ciao Wally, ci vediamo”.
Sì, Baby, ci vediamo: aspettami backstage, all tuned up and ready to go. E so che “You’ll be dancing with the angels”…
Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 21, 1993