Da circa sette mesi è stata portata a termine la monumentale serie di quindici album edita dalla Library Of Congress in occasione del bicentenario degli Stati Uniti e sono quindi cominciate le spedizioni a coloro i quali hanno sottoscritto una prenotazione mettendosi in lista d’attesa per quasi tre anni. La pazienza viene in tutto appagata da un’opera che per qualità, quantità ed importanza non ha uguali nella storia della musica tradizionale e popolare nordamericana incisa.
Folk Music In America è compilata da Richard K. Spottswood con un criterio singolare: comprende infatti alcune rare incisioni su cilindro (1890 e 1896), quelle su disco effettuate da grosse compagnie e piccole etichette indipendenti americane tra il 1902 ed il 1975 (parecchie le inedite), per finire con le registrazioni sul campo provenienti dall’archivio statale stesso e da collezioni private. Per completezza supera quindi sia la longeva eccellente Anthology Of American Folk Music (Folkways FA +2951/2/3), edita nel 1952 da Henry Smith (usa esclusivamente le incisioni commerciali degli anni ’20 e ’30), sia la similare raccolta di melodie delle isole britanniche in dieci LP Folk Songs Of Britain, curata da Alan Lomax, Peter Kennedy, Seamus Ennis ed altri, apparsa nel 1961 su etichetta statunitense Caedmon e nel 1968-69 per l’inglese Topic (tutte e solo registrazioni sul campo).
Il primo volume dell’opera che abbiamo finalmente tra le mani è dedicato ai canti religiosi: Religious Music: Congregational & Cerimonial (LBC-1). Sono praticamente rappresentate tutte le dottrine (cattolica, protestante, calvinista, luterana, ebraica, etc.) ed un largo numero di sette. Come testimonianza attiva delle prime spicca la nota Nobody’s Fault But Mine dei Milledgeville Georgia Singers, basata sulla versione di Blind Willie Johnson; per le seconde un eccezionale documento storico inciso nel 1943 a Kalona nello lowa da un gruppo di dodici membri dell’Old Order Amish (setta fondata nel XVII sec. da Jacob Ammann). Altri nomi di rilievo: Stoneman’s Dixie Mountaineers (1927), Arizona Dranes & Choir (1928), Rev. Ford W. Mc Gee & Congregation (1930) ed il predicatore ambulante Lenville Ball con The Lord Will Provide (1971), un antico sermone pubblicato in Inghilterra nel 1779 da John Newton (autore del testo di Amazing Grace).
Songs Of Love, Courtship & Marriage (LBC-2) inizia con un’inedita del bluesman Lonnie Johnson (Love Is A Song, 1932) e prosegue attraverso pressoché ogni aspetto che questi temi (amore, innamoramento, matrimonio e divorzio più o meno forzati) hanno esercitato sul folklore musicale: due brani per flauto di John Okimase, un pellerossa della tribù Menominee (Wisconsin), la Carter Family (matrice Victor del ’32), il bluegrass di Bill Monroe (un’inedita del 1945), il tex-mex della violinista Lydia Menzoda y Cuarteto Mendoza (1934), il cajun con Dewey Segura e Didier Hebert (1929). Completano l’album i Carolina Tar Heels, i Blue Sky Boys, Little Buddy Doyle con Will Shade della Memphis Jug Band (1939). Assolutamente degna di nota Going To Richmond, raccolta nel ’36 al penitenziario statale virginiano da John Lomax, in cui Jimmie Strothers, un cantante e chitarrista cieco di colore condannato all’ergastolo per aver ucciso la moglie con un’ascia, sintetizza la sua tragica esperienza improvvisando sulla melodia della popolare Crow Jane.
Dance Music: Breakdowns & Waltzes (LBC-3) è il primo di una serie dedicata alla musica da ballo (in senso lato) e comprende un’eccellente selezione di brani per lo più strumentali dal western-swing di Adolph Hofner & His Orchestra (1948), ai motivi svedesi per violino (Edwin Johnson Swedish Trio, 1975), agli incredibili texani East Texas Serenaders (1928) e Red Headed Fiddlers (1929), alle danze degli indiani Papago registrate dallo stesso Spottswood nel ’75 in Arizona. Non poteva certo mancare in questo contesto una delle primissime edizioni della Old Time Fiddlers Convention di Galax (Virginia), santuario della square dance e della più genuina tradizione musicale nordamericana, con Days Of ’49 dei Bog Trotters del dottor W.P. Davis (1937). Prestazioni ad alto livello per i Fruit-Jar Drinkers di Uncle Dave Macon, la primitiva armonica a bocca cajun di Arteleus Mistric (1929) e la Nashville Washboard Band (1942).
In Dance Music: Reels, Polkas & More (LBC-4) sono di scena le minoranze etniche: ben cinque brani di artisti dell’Europa orientale, quattro irlandesi, due messicani e due cajuns. Le melodie polacche, ceche, morave, ucraine etc., molto complesse (almeno dal nostro orecchio), mostrano generalmente lo straordinario virtuosismo dei musicisti. Così la Fr. Dukli Wiejska Banda, composta da immigrati delle regioni orientali di Polonia e Cecoslovacchia entrati negli studi Victor a Chicago nel ’26, annoverava in formazione il primo violino, Franciszeck Dukla, che per tecnica e sensibilità lascia meravigliati. E parimenti Pawlo Humeniuk, dell’ucraina Ulozyl I Odegral Pawel Humeniak, vendette talmente bene che la Columbia chiese al leader altre matrici da distribuire persino sul mercato russo. Si possono ascoltare inoltre un gruppo di montanari polacchi, vale a dire la Bachleda-Karola Stocha Oryginalna Muzyka Gòralska (1928), i due fiddles cajuns dei quasi ottantenni Sady Courville e Dennis McGee (1975), gli irlandesi Packie Dolan (1928), Paddy Killoran e Paddy Sweeny (1931), la texan-border music dei Conjunto de Maxie Granados (1950).
Dance Music: Ragtime, Jazz & More (LBC-5). Quest’album si apre con una piacevole sorpresa per l’ascoltatore italiano: una tarantella incisa il 24 settembre 1917 a New York ed eseguita da Michele Lentine (zampogna) e Antonio Papariello (ciaramella). Il disco rimase undici anni nel catalogo Victor e vendette 6243 copie (una cifra di tutto rispetto). Il jazz ed il ragtime sono ben rappresentati da Louisville Stompers di Clifford Hayes (1929), dal gruppo di Genevieve Davis, comprendente il cornettista Louis Dumaine (1927), dagli State Street Stompers (1928) e dalla notevole chitarra a 12 corde di Charlie Turner (Kansas City Dog Walk, 1929). Bob Wills ed i suoi Texas Playboys fanno ponte tra la tradizione bianca e di colore con due brani dalla loro prima session del ’35. Il more del titolo si riferisce alla musica hawaiana di Kanui & Lula (artisti misteriosi e data sconosciuta) e di Andy lona (1934).
Songs Of Migration & Immigration (LBC-6) ha per argomento i viaggi, i mezzi di trasporto, il mondo delle ferrovie e le condizioni degli immigrati durante e dopo la traversata atlantica. Naturalmente buona parte dello spazio è occupato dal folklore europeo: lo svedese Otto Magnusson (1970), l’armeno Reuben J. Boboyan, il greco D. Perdicopoulos e l’ucraino con l’Artistic Village Troup (1928). I battelli a vapore, il fascino delle vecchie locomotive ed il continuo peregrinare degli hobos ritornano con Roy Acuff (Steamboat Whistle Blues), Frank Hovington (Railroad Bill, scaturita dalla stessa registrazione usata poi per l’ottimo album Flyright o Rounder) e Dick Reinhart (Rambling Lover). Da citare l’inno mormone di Rose Thompson (Marching To Utah), il pianista Cow Cow Davenport ed il calypso di Trinidad stupendamente reso dalla Bamboo Orchestra di Wilmoth Houdini.
Songs Of Complaint & Protest (LBC-7) è introdotto dal gruppo femminile di Mattie, Marthie & Minnie (alias Coon Creek Girls) con un pre-bluegrass datato 1952 (vero e proprio bluegrass, ma con banjo in arcaico clawhammer style). Si tratta di un brano che mette in guardia le donne sui guai che inevitabilmente procurano gli uomini e conclude che nonostante tutto non è possibile vivere senza di loro (in ogni senso). Le rivendicazioni dei contadini sono elencate nella coraggiosa (forse autobiografica) All l’ve Got’s Gone di Ernest Pop Stoneman (1928) e le insostenibili condizioni dei tessili nel Piedmont (regione compresa tra i monti Appalachi e la costa orientale) in Cotton Mill Colic n. 2 di David McCarn (1930). La rabbia, l’amarezza e l’orgoglio razziale della gente di colore assumono qui toni a volte apocalittici (il bluesman urbano Gabriel Brown), a volte di rassegnazione con emozioni a fatica represse (la Mississippi Road di J. B. Lenoir) o di un’umoristica considerazione sui rompipalle (Collector Man Blues di Walter Roland). Non si deve far torto infine ai Foggy Mountain Boys di Flatt & Scruggs ed a Bessie Tucker.
Songs Of Labor & Livelihood (LBC-8), edito da Spottswood e Richard A. Reuss, è praticamente l’ideale prosecuzione di parte dei temi svolti nell’album precedente: le disillusioni di un coltivatore di cotone (Cotton Seed Blues di Roosevelt Sykes, 1930), il duro lavoro nelle miniere di carbone (Dark As A Dungeon, Merle Travis, 1946), ancora il blues bianco dei tessili con Fisher Hendley (1938), un gospel in memoria del sindacalista Phil Murray, primo presidente dell’United Steel Workers of America, eseguito dai CIO Singers (1952) e la precaria, rischiosa vita del mendicante, in città come la New York postbellica, nel racconto del polacco Grajek Wiejski. Una delle gemme di questo LP è comunque la Steamboat Man Blues di Clara Smith (1928), dove una donna negra si dice felice di aver per amante uno scaricatore di battelli fluviali sulla linea tra Cairo e New Orleans: “Tenetevi pure i vostri avvocati e i vostri medici, ma lasciatemi il mio Steamboat Joe, perché quando il mio uomo ama… ne sa più di tutti quelli messi insieme!”.
Songs of Death & Tragedy (LBC-9), edito in collaborazione con Mack McCornick, presenta una selezione, superbamente compilata, sugli eroi positivi e negativi da sempre ricorrenti nel folklore americano (John Henry, Bad Lee Brown), sulle paghe sociali messe a nudo con realismo satirico (The TB Is Whipping Me di Ernest Tubb, Meningitis Blues di Ethel McCoy), fatti di cronache locali (dal The Wreck Of The Old ’97 di Ernest Stoneman, sul famoso incidente ferroviario presso Danville del settembre 1903, al The Lexington Murder di Fields Ward, al Mountain Meados Massacre di George Harter). Completano la raccolta due brani di non comune potenza: The School House Fire dei Dixon Brothers (1930), composta da Dorsey Dixon prendendo spunto da un incendio che nel maggio 1923 devastò una scuola in California meridionale in cui perirono 76 bambini e Homenaje A John F. Kennedy dei Los Conquistadores, un omaggio al presidente assassinato.
Songs of War & History (LBC-10). Il periodo storico preso in esame qui, per fugare ogni possibile confusione, deve essere inteso quello relativamente recente, se non il contemporaneo. Si va da un country blues composto durante la prima guerra mondiale da John Bray (registrato da John Lomax nel ’34), ai difficili tempi della depressione e del proibizionismo con The Panic Is On di Hazekian Jenkis (1931), New Red Cross Blues di Springback James (1936) e Old Age Pension Check di Roy Acuff (1939), al secondo conflitto mondiale (Army Blues di David Edwards), alla guerra di Corea (un brano del 1952 per la minuscola etichetta Blue Ridge da parte di L.W. Lambert e Harlod Tomlin), a Castro e Kruscev nel Red’s Dream di Louisiana Red (1962), alle contraddizioni del sistema comunista (l’m No Communist di Lulu Belle & Scotty). Merita senz’altro una menzione particolare la Daytonin Apinajuttu (Il mercato delle scimmie a Dayton) del finlandese Antti Syrjaniemi, incisa a New York nel ’29, che si riferisce alla polemica sorta nel 1925 tra il biologo John T. Scopes (favorevole all’insegnamento della teoria dell’evoluzione di Darwin nelle scuole) e l’avvocato protestante e conservatore William J. Bryan.
Songs Of Humor & Hilarity (LBC-11). L’umorismo è una delle componenti fondamentali del folklore di ogni paese ed il soggetto dell’album in questione. Dicono le note di copertina: “Nonostante parecchi temi siano universali e sempre validi (quelli concernenti i tabù del sesso, per esempio), tuttavia alcuni aspetti umoristici sono strettamente legati alla cultura ed al tempo in cui si sono espressi, risultando quindi del tutto insignificanti ad altre mentalità (come l’europea) o alle generazioni posteriori. Queste incisioni, dunque, hanno soprattutto valore di documento storico sui diversi stili comici e non sempre faranno ridere o sorridere i contemporanei”. I Surely Am Living A Ragtime Life, un’inedita del ’28 di W.A. Lindsey ad Alvin Conder, esemplifica quanto appena riportato: una situazione ridicolissima all’epoca, pressoché sconcertante al giorno d’oggi. Molto simile, anche se l’argomento non può lasciare comunque indifferenti, si rivela la Ain’t No Bugs On Me (Non ho addosso cimici) di Fiddlin’ John Carson. Da segnalare: Nikolina di Ted Johnson & His Scandinavian Orchestra (1936), Everybody’s Fishin’ (Bumble Bee Slim, 1935) e Derbytown, una private pressing promozionale del ’72 del quartetto r & b The Clovers.
Songs Of Local History & Events (LBC-12) ripropone ed amplia il discorso preso nei volumi 9 e 10. Le cronache sono descritte con ironia, commiserazione o rimpianto (Deep Elm Blues dei Lone Star Cowboys rievoca le gioie e le miserie di una strada di Dallas famosa per i suoi locali ambigui) oppure seguendo interpretazioni del tutto personali ed arbitrarie (Lexington Kentucky Blues di Papa Charlie Jackson, Una Vuelta A Texas del Trio Melodias Mexicanos) o ancora con lo spirito dei cantastorie come la Hartfield-McCoy Feud, una faida tra famiglie rivali westvirginiane, interpretata dai L’immancabile Circo, con imitazione dei versi dei vari animali e fenomeni da baraccone, è riproposto in studio dal duo di Frank Rice (alias Mustard) ed Ernest Stokes (alias Gravy) e l’universalmente conosciuto gruppo di barzellette che ha per soggetto le qualità più o meno opportunistiche di tre personaggi di diversa nazionalità viene di nuovo raccontato in Three Men Went a Hunting di Byrd Moore & His Hot Shots (1929). Juanita Xafier, una deliziosa bimba papago di quattro anni, registrata al National Folk Festival di Vienna (West Virginia) nel 1975 e The Dirty Dozen del pianista Speckled Red (1929), con dei misteriosi Red Brush Rowdies (1928). Certamente a proposito capita l’arguzia di Uncle Dave Macon nella rara Uncle Dave’s Travels, Part 3 (1929) e la Old Timbrook Blues di John Byrd (1930), che racconta la famosa ultima corsa di cavalli su un percorso di quattro miglia avvenuta il 4 luglio 1878 a Louisville (Kentucky), terreno sul quale si disputò la leggendaria sfida tra il purosangue kentuckiano Ten Broeck e la puledra californiana Miss Mollie McCarthy (c/o Bill Monroe Mollie & Tenbrooks: The Race Horse Song).
Songs Of Childhood (LBC-13), edito da Spottswood e Rick Ulman. Argomento delicato, ma sempre ricco di spunti e di sorprese, le canzoni dedicate ai bimbi offrono molto spesso motivo di riflessione anche per i meno giovani. Oltre a filastrocche, nonsense songs e ninnananne, l’album presenta aspetti della vita quotidiana americana filtrati attraverso l’occhio, tante volte niente affatto puerile ed innocente, del bambino. Dr. Ginger Blue di Arthur Tanner (1929) è una parodia sul pittoresco mondo dei medicine shows (che reclamizzavano numerosi prodotti miranti alla iperalimentazione infantile), ed una satira comicissima sull’importanza che i grandi conferiscono a futili cose risulta l’eccellente Tra-Le-La-La degli Skillet Lickers (1934), testo per minorenni disinibiti, chiudono la raccolta.
Solo & Display Music (LBC-14) è senza alcun dubbio uno degli albums migliori. Contiene esclusivamente musica strumentale e brani di puro virtuosismo, la maggior parte dei quali per la prima volta editi e solo di recente scoperti negli archivi della CBS americana. È il caso di due motivi raggy del bluesman di colore Sylvester Weaver ed altrettanti del più noto Lonnie Johnson (tutte matrici risalenti al 1927). Stupefacente la The Fox Chase (caccia alla volpe) resa dalla voce del banjo di Uncle Dave Macon (una rarissima rudimentale incisione del 1924 che nulla toglie alla potenza dell’interpretazione) cui segue un fantomatico 45 Rebel del 1966 dove Charlie Waller (Country Gentleman) e Tom Gray (Seldom Scene) offrono una solida base ritmica al veloce mandolino di Buzz Bussby. Da ricordare: Hallay condotta dal violino dell’armeno Reuben Sarkisian (1949), Tommy Jarrell in forma come sempre (1975) e Quill Blues (1927), uno strano blues suonato con il quill, sorta di flauto traverso il legno autocostruito da Big Boy Cleveland.
Religious Music: Solo & Performance (LBC-15) chiude l’opera che si ricollega al tema d’apertura. Rispetto al volume 1, dedicato quasi completamente alla musica religiosa corale e comunitaria, qui prevalgono i solisti con le loro personali espressioni e considerazioni sui rapporti, orizzontali e verticali, col prossimo e la divinità. Così Elder Charlie Beck (della Church of God in Christ), accompagnandosi al piano, incise nel 1930 con particolare convinzione un gospel sull’abitudine di parecchi cristiani di bere smodatamente vino (in piena Proibizione una piacevole alternativa di moonshine) e giurare il falso; Kitty Wells nel ’49 consigliava di “non aspettare l’ultimo minuto per pregare” e gli Anglin Brothers (Jim & Jack) ribadivano nel 1938 che esiste un posto “dove l’anima non morirà mai”. Tre storiche esecuzioni coronano l’album: l’italiana Pastorale di Natale o Tu Scendi dalle Stelle (sic) (testo composto da Papa Pio IX) di Pasquale Feis, incisa a New York nel 1918 o 1923 con accompagnamento di zampogna e ciaramella; un canto funebre degli indiani Yakima dalla voce di Leroy Selam (1975); infine una danza del serpente degli indio messicani Passamaquoddy, immortalata su cilindro il 18 marzo dal pioniere studioso di folklore Jesse W. Fewkes.
Ogni LP è corredato da un libretto che riporta tutti i testi in inglese ed in altre lingue (con traduzione inglese), il nome degli interpreti (quando è stata possibile l’identificazione), le notizie bio-discografiche (povere, ma attendibili) su ciascun artista, parecchie fotografie d’epoca e, per ogni brano, un elenco di incisioni similari. Vorrei chiarire infine che Folk Music In America non è una raccolta e uno strumento per i soliti addetti ai lavori, ma è stata concepita, compilata e realizzata per essere accessibile a tutti (anche in virtù del rapporto qualità-quantità-prezzo) e, per i maligni, che il sottoscritto non ha nessuna percentuale sull’eventuale numero di copie vendute in Italia.
Library Of Congress LBC-1/15 (Old Time Music, 1979)
Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 25, 1979