Acoustic Syndicate - Tributaries cover album

Questo è un dischetto uscito nel 1999 (un secolo fa…), ma penso che pochi lo conoscano, essendo autoprodotto e con una distribuzione limitata. Vi racconto il mio curioso approccio con il CD, perché è sintomatico dei ‘pericoli’ che si possono correre…
Sulla sua copertina campeggia il nome del gruppo, Acoustic Syndicate, e già questo ‘acoustic’ mi ha incuriosito; sul retro una bella immagine controsole rappresenta un bus, sul tetto del quale i cinque musicisti alzano al cielo i loro strumenti: chitarre, banjo, mandolino e contrabbasso.
Bello, ho pensato, deve essere uno sconosciuto gruppo regionale di bluegrass, e mi piace questo alzare i propri strumenti, essere orgogliosi della propria musica. Mi studio subito come il solito le note interne, e leggo la strumentazione: oltre a quelli della copertina trovo anche percussion e flute… e già qui qualcosa non quadra. Passo all’ascolto, ed i dubbi si scolgono: costoro non fanno assolutamente bluegrass, e nemmeno qualcosa che gli assomiglia.

In alcuni momenti ritrovo qualche assonanza con i gloriosi New Grass Revival, forse per la presenza di Sam Bush al mandolino in un paio di pezzi, ma no, non è la chiave di lettura giusta: lì c’erano ben altra fantasia, freschezza e spessore musicale. Semplicemente la musica degli Acoustic Syndicate è una specie di ‘fusion’, eseguita con strumentazione acustica.
Dopo qualche ricerca scopro che provengono dal Nord Carolina, che le loro influenze partono dai classici maestri del bluegrass fino ai pionieri del rock e jazz contemporaneo, stili che hanno combinato con gospel, funk e reggae e molto altro, anche se mi sembra immodesta la loro pretesa di voler ridefinire il significato della musica acustica, nonostante il buon successo che stanno avendo.
Oramai gli Acoustic Syndicate hanno già pubblicato il loro terzo disco, Crazy Little Life, e un parziale ascolto su internet conferma il loro stile. In ogni caso sono molto bravi, con un suono potente ed energico e spesso molto coinvolgente. Questo è un buon disco, adatto a chi non vuole rimanere rinchiuso in recinti limitati, però io adesso vado a risciacquarmi le orecchie con qualcosa di un po’ più tradizionalmente high lonesome.

Little King (Bluegrass Progressivo, 1999)

Claudio Pella, fonte Country Store n. 58, 2001

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