Alan Jackson – Drive cover album

In occasione dell’ultimo suo concerto, cui ho avuto il privilegio di assistere, lo speaker dello stadio lo introduceva definendolo un tesoro di Nashville. E’ verissimo: la sua voce, il suo stile impeccabile, al tempo stesso classico ma unico, la sua vena di autore, insomma Alan Jackson rappresenta veramente una preziosa miniera musicale che ci regala ogni volta piccoli e grandi capolavori ad arricchire la vita di chi, come noi, è legato a questo meraviglioso genere musicale. Non solo; la musica e le canzoni del georgiano hanno la capacità di far presa anche su chi, per la prima volta, viene a contatto con la country music e le sue particolari sonorità, ecco perchè mi sento di andare oltre e affermare che big Al è un tesoro per tutti.

Detto questo, da qui a dire che Drive è ancora una volta un lavoro di grande qualità, il passo è breve. Un bel disco sotto tutti i punti di vista, testi, musica, voce, 12 tracce più una bonus track, 12 storie che vanno dritte al cuore raccontate con la solita indistruttibile classe.

Ci metto anche il bel libretto che contiene una foto di Alan e la sua band che è un gioiellino nascosto, tutto da scoprire. Subito la title track che porta il sottotitolo (For Daddy Gene), un dolcissimo ricordo del padre e dei giorni dell’infanzia scanditi dalle emozioni provate quando al piccolo Alan era permesso mettere le mani sul timone della barca piuttosto che sul volante della vecchia auto di famiglia. Musicalmente il pezzo fonde, come solo Alan sa fare, acustico ed elettrico, in linea con ogni altro disco della sua discografia, tutti gli strumenti che possiamo immaginare legati alla musica country sono presenti, affidati ai migliori session men che l’industria musicale di Nashville possa offrire.

A Little Bluer Than That è una ballata acustica scritta da un genietto purtroppo poco conosciuto che risponde al nome di Irene Kelley, qui presente anche come harmony vocalist. Chitarra acustica (Bruce Watkins), mandolino e violino (Stuart Duncan) conducono quasi tutto il pezzo con l’inserimento nel finale dell’elettrica di Brent Mason e la pedal di Paul Franklin.

Con Work In Progress ci si ritrova in quel sound honky tonk velato di blues che tanto piace a Jackson, mentre la simpaticissima Designated Drinker ospita il texano George Strait, ormai sempre più a suo agio a duettare con il collega. Ancora cambi di sonorità che ci portano questa volta a respirare l’aria della Louisiana e della sua musica cajun con That’d Be Alright sostenuta da violino e accordion che accompagnano la semplice melodia per un pezzo che ci dice come potremmo stare tutti meglio senza troppe complicazioni.

Whan Love Comes Around è un mid tempo che definirei classicissimo, un pezzo che ti aspetti di trovare in ogni disco di Jackson, così come I Slipped And Fell In Love, uno di quei western swing, sempre affascinanti e divertenti specie se suonati e cantati come in questo caso.

First Love è l’ultimo honky tonk del disco, torna ancora il tema dell’automobile che qui prende addirittura forma di donna amata e mai dimenticata.

Un discorso, forse una recensione a parte, merita la vera perla di questo disco, un pezzo che nessuno avrebbe mai voluto ascoltare, una canzone che parla di quel tragico 11 settembre del 2001. Tante ne sono state scritte, molti hanno voluto affrontare in musica l’eredità di quel giorno incredibile, sotto molti punti di vista, attraverso emozioni diverse; ebbene nessuno come Alan Jackson ha, a mio avviso, centrato in modo semplice ma tremendamente diretto e vero lo stato d’animo di chi si è trovato di fronte a quelle immagini. Tutto nel titolo, tutto in una frase, Where Were You (When The World Stopped Turning)?, cosa facevi? Dov’eri? Hai pensato questo? Hai fatto quello? Tante domande nelle strofe, poi nei chorus la risposta diretta di Alan che da semplice cantautore si esime dal lanciarsi in impossibili tentativi di comprensione ma lancia un suo messaggio di speranza, fede e amore.

Parole, musica, interpretazione dal vivo, capacità di creare una atmosfera da brivido in cui trattenere qualche lacrima diventa difficile, impossibile, tanto quello che ascoltiamo ci appare vero, vissuto e tanto nostre quelle emozioni.

Come ci sia riuscito è presto detto e mi piace usare le parole di Vince Gill che, presentando la prima assoluta della canzone ai 35i CMA Awards (questa è la bonus track di cui vi parlavo) diceva: le canzoni di Alan Jackson dicono le cose così come stanno, semplici verità che vengono dal cuore di un uomo semplice…E’ proprio così!

Arista Nashville 07863-67039-2 (New Country, 2002)

Roberto Galbiati, fonte Country Store n. 65, 2002

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