Può capitare a volte che il rapporto con un interprete della musica che si ama possa assumere contorni che vanno oltre il puro piacere dell’ascolto. Senza entrare troppo nel malizioso è quello che è capitato (e non solo a me) nei confronti di Alecia Nugent. E’ bastato un solo disco, due anni fa, affinché la sua voce, davvero spettacolare, conquistasse il cuore di molti appassionati, costringendoli ad una specie di dipendenza, di dolce sudditanza.
E’ facile comunque rimanerne conquistati: dalle prime, invasive note di Too Good To Be True passando per la serena maestosità di A Dozen White Roses e di When It Comes Down To Us, dalla veloce e aggressiva Breaking New Ground fino all’intenso gospel Meet Me In Heaven Someday, è tutto un percorso disseminato di trappole musicali pronte a catturare l’ascoltatore.
In questo sempre aiutata da prestigiosi ospiti, operosi a intessere il miglior manto sonoro che la sua stupenda voce possa indossare, nomi del tipo Rob Ickes, Adam Steffey, Jim Van Cleve, senza ovviamente dimenticare Carl Jackson, suo produttore e mentore.
Detto questo, cosa scrivere di diverso rispetto al suo primo disco: è ripetersi dire della saggia scelta dei pezzi, delle molte canzoni country eseguite con sensibilità e sonorità bluegrass, riuscendo a riavvicinare, in una felice sintesi, questi due generi, oppure della sua rara abilità di far proprie le canzoni, le storie, che interpreta, entrando non solo nello stato d’animo ma nelle sfumature più profonde, o della sua voce, potente e prepotente, dolce ma di una dolcezza perversa, appassionata, mai scontata, che è quella, come si diceva poc’anzi, che ce l’ha fatta innamorare. Cosa scrivere di diverso rispetto al primo disco se non che questo A Little Girl…A Big Four-Lane è altrettanto bello!
Ascoltatela, e sono certo che condividerete la mia passione per lei.
Rounder 11661-0566-2 (Country Acustico, Bluegrass Moderno, 2006)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2007
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