Torna Alvin Lee uno dei massimi esponenti del classico rock-blues anni ’70. Il biondo chitarrista è stato apprezzato soprattutto per la straordinaria velocità d’esecuzione e per l’esibizione a Woodstock, dove aveva stupito per l’eccezionale versione di I’m Goin’ Home.
Da un punto di vista discografico, i suoi Ten Years After hanno espresso le cose migliori agli inizi, soprattutto i primi due album avevano stupito per freschezza ed inventiva. L’attività solista non ha mai portato molta fortuna al rocker di Nottingham, che spesso ha consegnato alle stampe prodotti dozzinali, avventurandosi in un hard-rock stereotipato.
Soltanto il doppio live In Flight (Chrysalis, ’74, GB) aveva convinto in quanto ricordava da vicino il vecchio suono. Ad ogni modo nessuno ha mai messo in dubbio le qualità tecniche del chitarrista che nonostante il passare degli anni ha mantenuto intatta la propria fama.
Nineteenninetyfour vede il protagonista affiancato da ottimi musicisti come il fido Tim Hinckley (tastiere) o il bassista Steve Gould. Di rilievo è la presenza dell’ex Beatles George Harrison, amico di Lee, che fornisce il suo contributo alla slide-guitar in due brani.
Alvin non rinnega se stesso e batte terreni musicali a lui consoni, confezionando un prodotto più che dignitoso, forse la sua migliore prestazione come solista. Rock’n’roll, blues e rock sono gli ingredienti usati sopra ai quali spicca il solismo nitido e preciso del leader, a mio avviso migliorato addirittura, scevro da certi atteggiamenti tipici dei Seventies, senza quell’esigenza di ‘accelerazione’ che aveva contraddistinto una fase della sua carriera.
L’iniziale Keep On Rockin’ è un r&r mozzafiato, la lunga The Bluest Blues richiama alla memoria le migliori pagine dei Ten Years After. Nineteenninetyfour ci regala 70 minuti di sano rock ed un musicista ritrovato che speriamo abbia la volontà di proseguire su questa strada.
Manum Music CDTB 150 (Roots Rock, 1993)
Franco Bigi, fonte Out Of Time n. 2, 1994