Dal 15 Ottobre al 12 Novembre a Firenze, città scelta dalla CEE come ‘capitale europea della cultura’ per il 1986, si è svolta la decima rassegna di ‘musica dei popoli’, dedicata agli Stati Uniti d’America ed intitolata Americamusica. Organizzata dalla FLOG, questa rassegna ha visto negli anni alternarsi programmi di carattere antologico ad altri rivolti a specifici paesi o aree geografiche. Due rassegne sono state dedicate alla musica dell’Africa, una al Sud America, una all’Unione Sovietica, ovvero ad alcune Repubbliche dell’Asia Centrale. Nelle rassegne antologiche sono stati inseriti gruppi rappresentativi della musica popolare europea, italiana in particolare, per non perdere contatto con la realtà locale del nostro paese. La FLOG ha comunque sempre svolto, nei suoi anni di vita, attività concertistica in cui sono stati privilegiati gruppi italiani che anche nei momenti di crisi del folk-revival e della musica folk in generale hanno trovato il loro spazio qui a Firenze.
Prima di passare ad analizzare in particolare questa edizione della rassegna, due parole sulla FLOG per chi non ne ha sentito parlare prima. La Fondazione Lavoratori Officine Galileo è una associazione che si differenzia da un CRAL aziendale in quanto non è il padronato che finanzia l’iniziativa. E’ un’associazione autonoma organizzata e condotta dai lavoratori della Galileo: ne fanno parte lavoratori e pensionati con i loro famigliari, per un totale di circa tremila persone. Le attività svolte vanno dallo sport al turismo, alle iniziative della sezione culturale, di cui fa parte la ‘sezione FLOG per le tradizioni popolari’, nata con l’obiettivo di promuovere e diffondere le tradizioni delle culture subalterne. Non è un caso che una iniziativa di questo tipo sia nata proprio a Firenze, una città particolarmente viva culturalmente e ricettiva nei confronti di iniziative di carattere musicale, purché proposte in modo corretto dal punto di vista qualitativo e con garanzie quali quelle che appunto la FLOG sa dare e che i fiorentini hanno imparato ad apprezzare.
Cosi si è vista, nel corso di questo Americamusica, una affluenza senza dubbio superiore a quella che probabilmente si sarebbe vista in altre città; le garanzie che offre la FLOG hanno permesso a quest’ultima di organizzare concerti anche difficili, in quanto dedicati a personaggi poco conosciuti in Italia ed a generi musicali non di spicco, ma il tutto realizzato con una serietà che si è sempre rivelata vincente. Da ricordare infine che la FLOG ha un archivio di materiale audiovisivo, relativo a quasi tutte le rassegne organizzate, a disposizione di strutture pubbliche che desiderino utilizzare tale materiale a scopo non commerciale.
Per questa rassegna la FLOG ha usufruito dell’appoggio della CEE relativo a ‘Firenze capitale europea della cultura 1986’, con un finanziamento che ha permesso viaggi negli Stati Uniti per contattare strutture come la Columbia University (con Alan Lomax) o lo Smithsonian Institution (con Spitzer e Kennedy) che hanno dimostrato la massima disponibilità, permettendo la realizzazione di serate quali quelle con i gruppi hawaiani o gli indiani dei pueblos.
Il programma di Americamusica è stato suddiviso in quattro settori: ‘Jazz’, ‘Blues’ ‘Musica Tradizionale’, ‘Cinema’. I primi due hanno bisogno di poche parole di presentazione: si tratta di generi musicali diffusi il cui impatto ha prodotto in tutto il mondo realtà locali di carattere imitativo-propositivo, che spesso hanno dato luogo a produzioni originali di tutto rispetto; in definitiva si tratta di generi musicali ‘universali’, di linguaggi comuni a tutto il mondo occidentale. Un fenomeno questo che, al di là di critiche legate all’esigenza di autonomismo culturale e quindi anche musicale manifestato dai critici più aspri e sciovinisti, si è rivelato positivo perché ha portato elementi di crescita e di arricchimento in panorami musicali ‘altri’: conseguenza tutt’altro che criticabile.
Entrando in dettaglio, il programma indubbiamente più ricco era quello ‘Jazz’; un vero e proprio festival che ha visto alternarsi sul palco personaggi come Sonny Rollins e il suo quintetto, Sun Ra Arkestra, Max Roach, il quartetto di John Abercrombie, Lester Bowie. La qualità del programma proposto (e qui torniamo al discorso di cui sopra) ha avuto il giusto riconoscimento: le varie sale in cui si sono svolti i concerti hanno sempre o quasi registrato il tutto esaurito con punte di interesse tali da costringere a mandare indietro insoddisfatte decine di persone.
Per quanto riguarda il ‘Blues’, nelle tre serate sono stati presentati il vecchio Memphis Slim, Jessie Mae Hemphill, Hezekliah And The House Rockers, Boyd Rivers, Doctor Ross, tutti musicisti provenienti dall’area Tennessee/Mississippi, la culla del blues.
Più complesso il settore ‘Musica Tradizionale’ nel quale sono stati inclusi differenti aspetti di musica più propriamente etnica. Alle prime due serate hanno partecipato un gruppo del pueblo indiano di San Juan De Los Caballeros (Nuovo Messico, alla confluenza del Chama e del Rio Grande), ed il gruppo hawaiano Halau Hula O Mililani che hanno presentato canti e danze delle rispettive aree di provenienza. Si è trattato dunque di due serate dedicate a musica dei nativi americani, a culture autoctone che si staccano da tutto il resto della cultura americana, in realtà prodotto afro-euro-americano.
Per le ultime quattro serate si è optato per due generi musicali rappresentativi della fusione in suolo americano di culture di origine europea: Old Time Music e Zydeco/Creole. La prima è la forma più tradizionale di quella che poi è divenuta Country Music e che da espressione di una cultura rurale si è trasformata in musica urbana e commerciale. La OTM, al di là delle altalenanti fortune legate più che altro ai vari folk-revival, rimane fondamentalmente un fenomeno musicale connesso ad una cultura ‘altra’ che ancora sopravvive, al di fuori di mode e revival, in un’area (quella Appalachiana del Sud-Est degli Stati Uniti) che ha il suo epicentro a Galax, Virginia e dintorni.
Di spicco la presenza di Wade e Julia Mainer, che si sono dimostrati interpreti legati a quel modo di fare musica in casa tipico di quegli ‘old times’ a cui si richiama la denominazione della musica stessa. Ottantenni, musicisti non professionisti, hanno presentato, con semplicità ed autenticità che il pubblico ha riconosciuto ed apprezzato, un classico repertorio di canzoni, ballate e gospel della tradizione degli anni ’20 e ’30, accompagnandosi con banjo a 5 corde e chitarra. Di rilievo lo stile di banjo di Wade e la voce incredibilmente ancora potente e ferma di Julia.
Nelle due serate i Mainers hanno diviso il concerto con la Blue Ridge Mountain Stringband che ha riproposto un classicissimo repertorio, soprattutto strumentale, di musica da danza: applauditi alcuni interventi al banjo bluegrass del piccolo Steve Barr (dieci anni).
Hanno concluso la parte spettacolare dell’intera rassegna due concerti della Ardoin Family, rappresentanti di spicco della musica tradizionale creola, quella prodotta dalle popolazioni nere di lingua francese del Sud della Lousiana. Musica quindi Zydeco o Cajun, una differenziazione che a detta dello stesso Marcel Ardoin ha un senso relativo. Lui sostiene che gli stessi brani eseguiti di fronte ad un pubblico bianco o nero hanno un sapore differente, quasi che il musicista senta la differenza e tenda ad essere più bluesy, più nero, quando il pubblico è di colore. A Firenze, su richiesta della stessa Ardoin Family, alcune decine di spettatori hanno sottolineato il concerto con improvvisati passi di danza sulla musica estremamente ritmica e vivace che i cinque (chitarra, violino, accordeon, basso, batteria) hanno proposto senza sosta.
La rassegna è stata chiusa dal settore ‘Cinema’, con due film di Alan Lomax (The Land Where The Blues Began e The Longest Trail) e quattro di Les Blank (Chulas Fronteras, Hot Pepper, Always For Pleasure e Dizzy) oltre ad un repertorio vario di filmati sulla storia del blues e del jazz. Due citazioni particolari. Il The Longest Trail di Lomax è l’ultimo lavoro cinematografico del famoso etnomusicologo: sottolineando le differenze e le analogie tra le danze di più di quaranta culture amerindie viene ripresa la teoria sulla scoperta e sul popolamento del Nuovo Mondo da parte di popolazioni siberiane, penetrate nel continente americano attraverso lo stretto di Bering, che quindicimila anni fa sembra fosse attraversato da una lingua di terra che collegava Asia ed America.
Chulas Fronteras, del noto etnologo e musicologo Les Blank, è un filmato del 1976 che attraverso un intreccio tra musica, politica e vita sociale, offre uno spaccato della cultura di una zona ricca ma spesso trascurata, quella di confine tra Texas e Mexico, culla di quella musica Tex-Mex o Nortena che ha fatto conoscere personaggi come Flaco Jimenez e Lydia Mendoza. Ideatore e produttore del film è Chris Strachwitz, studioso e ricercatore il quale ha dedicato una vita alla diffusione di culture musicali di minoranze etniche all’interno degli Stati Uniti, come i Cajuns o i Tex-Mex, grazie alle sue etichette discografiche Arhoolie, Old Timey, Folklyric.
(Le notizie sulla FLOG sono state fornite all’autore dell’articolo da Gilberto Giuntini, direttore artistico dell’organizzazione.)
Mariano De Simone, fonte Hi, Folks! n. 21, 1987