Quando ormai era più che plausibile dubitare della loro stessa esistenza tornano i Beat Farmers con questa settima (ottava se si comprende il video live) produzione della loro decennale ma sparagnina carriera. La formazione è quella ormai consolidata da quando, nell’87, Buddy Blue aveva lasciato la chitarra solista nelle abili mani di Joey Harris e la leadership della band in quelle non altrettanto brillanti di Country Dick Montana.
Proprio Dick era riuscito negli ultimi anni a spostare il sound del gruppo verso sonorità e composizioni tipicamente da birreria, allontanandolo da quel solido rock ‘all American’ impostato fin dagli inizi e che aveva bene o male garantito ai Beat Farmers un seguito tutt’altro che disprezzabile. Ora finalmente Harris, Love e Raney, stanchi delle ridicole marcette di Montana, sono riusciti con Viking Lullabys a riportare sostanzialmente la band sulla retta via, anche se la presenza di Country Dick continua a garantire incredibili cadute di tono e di gusto come dimostrano i ben 5 pezzi su 13 che portano la sua firma e l’insopportabile fastidio del suo vocione.
Il resto di Viking Lullabys, grazie al cielo, è ottimo rock con matrici che vanno da Springsteen, agli Stones ed alla ballata country: un cocktail forse non originalissimo ma in grado di offrire sempre vibranti emozioni.
I Beat Farmers citano nel loro sound i modelli che hanno reso grande il rock degli ultimi 20 anni, calzandone le sonorità su composizioni originali e di facile presa: ascoltate Southern Cross, springsteeniana fino al midollo, ha tutte le carte in regola per diventare un vero hit. O Complicated Life a cui manca solo la voce di Jagger e tutto ciò supportato da capacità strumentali non comuni: le chitarre di Harris e Raney regalano virtuosismi in ogni brano.
Sector 10013 (Roots Rock, 1994)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 6, 1994