Lo scorso 3 gennaio è morto Phil Everly, a 74 anni. Insieme al fratello Don aveva formato il duo più importante della storia del rock. Gli Everly Brothers sono stati depositari di un sound seminale che ha influenzato generazioni di artisti venuti dopo. Un suono originale, unico, figlio della più diretta tradizione secolare di origine anglo-scoto-irlandese.
Tra i grandi nomi del primo rock & roll, quello degli Everly Brothers mi ha sempre affascinato particolarmente, per la classe, la delicatezza e la dolcezza delle armonizzazioni. Per le canzoni scritte dalla coppia di autori Felice e Boudleaux Bryant che i due fratelli interpretavano meravigliosamente.
La musica degli Everly Brothers, dalla loro scoperta all’età di 14 o 15 anni, mi ha accompagnato tutta la vita. Erano importanti quando li ascoltavo da appassionato di rock & roll, divennero ancora più importanti quando capii che facevano parte della tradizione dei duet brothers, in perfetta continuità con i fratelli Bolick, Monroe, Delmore, Louvin…
Sono sempre stato consapevole della loro originalità, sin dall’inizio, quando facevo fatica a inserirli nel genere rockabilly, in quello rock & roll, ma anche in quello country. Perché la loro originalità risiedeva nell’essere riusciti a mantenere in primo piano la tradizione country trasmessa dal loro papà Ike e dalla comunità musicale in cui vivevano, aggiungendovi elementi di novità filtrati dalla loro ricca esperienza personale.
Nessuna definizione può calzare completamente la musica degli Everly Brothers. Troppo country per essere rock, troppo rock per essere country. Troppo poco wild per essere rockabilly. Erano unici. Immediatamente riconoscibili. Erano belli, avevano un gusto incredibile, due voci angeliche, nelle loro armonizzazioni c’era tutta la tradizione musicale del Sud Est americano. Particolarmente in un album pubblicato nel 1958 dal titolo Songs Our Daddy Taught Us, un disco che ancora oggi con la sua estrema, genuina semplicità, può destare interesse. Così è stato, casualmente, per Billie Joe Armstrong, la voce dei Green Day. Ha scoperto recentemente questo album, se ne è innamorato, ha imparato le canzoni a memoria e a cantarle come fosse uno degli Everly e ha chiesto a Norah Jones di registrale con lui. Foreverly è uscito alla fine dello scorso novembre. Eccetto un paio di canzoni arrangiate e personalizzate rispettivamente dai due, tutti i brani dell’album sono riproposti fedelmente. Un lavoro che per quanto non aggiunga nulla all’originale, si fa apprezzare grazie a un’esecuzione al limite della perfezione.
Reprise (Folk, Traditional Country, 2013)
Maurizio Faulisi, fonte Chop & Roll n. 13, 2014
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