Bluebirds - Swamp Stomp cover album

C’era una volta il southern-rock. La nostra favola inizia a Shreveport , Louisiana, e ci narra le gesta di una band, gli A Train, povera e senza fortuna. La fata cattiva della disco-music ed il mago dell’hard-rock brucia tra la fine degli anni ’70 sino alla metà degli ’80, i sogni di una delle più ambiziose e misconosciute bands southern. Non c’è spazio in un mondo cattivo e senza ideali per un gruppo dalle solide radici nei bayou della Louisiana, la parola ‘roots’ non ha ancora senso ed i cultori del blues-boogie-rock ed i nostalgici del più autentico ‘dixie-sound’ non sanno più che pesci pigliare. Dove sono finiti i loro eroi? Che fine ha fatto la musica dei loro sogni? Quattro albums scivolano via senza lasciare traccia, trovano pochi ed isolati cantori, voci non ascoltate.
Supportano la loro vocalist, Miki Honeycutt, ma è un inutile sforzo. Il principe della chitarra Buddy Flett si chiude in sé stesso, disilluso ranocchio orfano di un bacio liberatore. Vaga ramingo tra dischi non suoi, spesso privi di fuoco, di passione: side-man di lusso inutilmente sprecato. Quando tutto sembrava perduto, dimenticato, lo ritroviamo alla guida di un trio con il fido fratello Bruce, basso, e Kerry Hunter, batteria, veterani all’esordio!
Swamp Stomp ha fermato il tempo.

Dieci anni sembrano non essere mai passati, che importanza possono avere così pochi anni per una favola? Registrato ai mitici Ardent Studios di Memphis con la produzione di Keith Sykes, ed a Shreveport, con l’ausilio del celebre ingegnere della Stax Ron Capone, Swamp Stomp è un gigantesco omaggio dì un piccolo trio al ‘Louisiana roots and swampy blues-rock’. Canonico senza essere troppo riverente, moderno senza perdere l’anima delle proprie radici, il sound dei Bluebirds si poggia su una solida sezione ritmica da cui prende il volo la slide-guitar di Buddy Flett, cantante, chitarrista ed autore, protagonista della nostra storia. In lui si reincarna il Creedence-sound, loro sono quelli che gli ZZ Top avrebbero dovuto diventare: la dinamica, la forza, la potenza insita in ogni trio, si materializza, grazie ad un’ancestrale magia, nei Bluebirds.
Da tempo non ascoltavamo ‘racconti sonori’ come questo e, rassegnati, vivevamo di ricordi di bands lontane, quasi fossero perse in altri tempi, epoche diverse.

Il grande spirito del bayou, sembra accompagnare Buddy Flett durante questo lungo e fantastico viaggio nella musica americana di matrice roots. Una favola in quattordici capitoli di cui due soli non originali. No More Cane On The Brazos, acustico omaggio di Buddy a Leadbelly, il figlio più famoso di Shreveport, ed il rock & roll di Don & Dewey Justine. Il resto è la saga ‘swamp, rock e bluesy’ dell’incredibile chitarra slide di Buddy Flett. Ogni brano ne è percorso, scosso, quasi pervaso da una forza misteriosa e mai uguale. Una chitarra da fiaba si materializza per noi, una voce potente ed espressiva non lesina emozioni.
Nel segno del southern-blues come non essere generosi. Si parte con un ‘blues in a honky tonk key’ e si chiude ‘lasciando il Mississsippi’ per trovare i Creedence, che viaggio! Alzate il volume, non ci sono controindicazioni. In un attimo si arriva al lieto fine. Si passa dal boogie-rock della title-track sino ad una soul-ballads come First You Cry, scritta da Buddy con l’ex A Train David Egan che si fa sentire alle tastiere, dal poderoso rock- blues di Testin’ The Water al Diddley- rock sound di I’m Your Man.

Il comun denominatore di un passionale ed appassionato Louisiana-flavour amalgama il tutto. Si torna al blues Third House On The Left, dal repertorio A Train, per passare ancora al rock con Chasha, dove riascoltiamo John Howe al sax. Bon Ton Roulet ci proietta ancora nel bayou e, dopo Ten More Miles, ci troviamo a vagheggiare Omar, Gibbons ed altri eroi. La chitarra di Buddy Flett emerge dall’acqua nel cuore della palude, solo i principi di questo strumento la possono impugnare con tanta maestria. Nello show-business musicale l”happy end’ non è d’obbligo, ma speriamo che i Bluebirds possano vivere felici ed a lungo. Lunga vita al trio!

Taxim 1012 (Roots Rock, 1995)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 11, 1995

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