‘Bob Dylan a ruota libera’. Suona così in italiano il titolo del secondo disco di Dylan, ovvero la sintesi di un lavoro che spazia su tanti argomenti, tutti provenienti dalla sua penna, non come è accaduto per il precedente e primo album, Bob Dylan, in gran parte costituito da cover.
The Freewheelin’ è il primo capolavoro di Dylan ed è il più grande album del periodo acustico. Metà disco è costituito da canzoni realmente epocali e l’altra metà da ottime comprimarie.
Si aprono le danze (?) con Blowin’ In The Wind che è la ‘canzone di protesta’ per eccellenza, un must assoluto per la musica folk e per il movimento dei diritti civili. Con questa canzone Dylan abbandona l’aria paffutella della copertina del primo disco e siede stabilmente accanto a gente come Pete Seeger e Joan Baez (e non solo) nell’olimpo del folk. Si contano centinaia di interpretazioni tra cui quelle molto fortunate di Peter, Paul & Mary e di Joan Baez stessa.
Si prosegue con Girl From The North Country, una meravigliosa ballata d’amore. Un’amore lontano, del nord, e qui non si può non pensare a un testo autobiografico, essendo Bob nato e cresciuto a pochi chilometri dal Canada. Altro highlight del disco è Masters Of War, una canzone dal testo durissimo e dall’incedere cupo. Una terribile condanna verso chi detiene il potere e il denaro e gioca ai soldatini con le vite altrui.
Il tono si stempra un po’ con Down The Highway, un folk-blues, carino, ma meno interessante, e ancora di più con l’ironia di Bob Dylan’s Dream, in cui il cantato di Dylan diverte e svanisce in soli due minuti di leggerezza.
Ma non c’è tempo per gioire in un mondo che non è mai stato così vicino alla Terza guerra mondiale come nel biennio 1963-64, quindi è tempo di ‘una pioggia pesante che sta per cadere’. Hard Rain’s Gonna Fall è piombo allo stato puro e ‘il figlio dagli occhi blu’, protagonista del pezzo, non ha ancora smesso di vedere il mondo in nero.
Musicalmente il brano che amo di più è Don’t Think Twice It’s Alright. Una pregevole canzone d’amore, triste nel testo, ma melodicamente brillante. Segue Bob Dylan’s Dream, un riempitivo gradevole che si allinea però a Down The Highway per quanto riguarda il (minore) peso poetico.
Si è vicini alla fine, ma si vorrebbe già iniziare nuovamente. Oxford Town è una mazzata violenta contro il razzismo. Un pezzo molto breve, vigoroso, che non divenne mai un classico solo per negligenza umana. Si susseguono tre brani tra l’ironico (Talkin’ World War III Blues, con un testo molto divertente), il sentimentale (Corrina, Corrina, uno shuffle suonato con basso e batteria che fanno capolino solo qui) e sentimental-ironico (Honey, Just Allow Me One More Chance, brano molto veloce e cantato con leggerezza).
Chiusura ancora estremamente ironica con I Shall Be Free. Un brano che fa riferimento a personaggi in voga in quegli anni: dalla politica (J.F. Kennedy, Charles De Gaulle) allo spettacolo (Sofia Loren, Brigitte Bardot, Anita Ekberg). Si chiude ridacchiando sguaiatamente sull’ultima frase: “Faccio l’amore con Elizabeth Taylor e le prendo di brutto da Richard Burton!” Geniale!
Columbia 512348 (Singer Songwriter, Folk, Folk Revival, 1963)
Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006
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