Prendo spunto dallo straordinario album degli Asleep At The Wheel Tribute To Bob Wills per tracciare, brevemente, la storia di un bandleader, di una band e di uno dei generi più influenti nella country music, oggi ampiamente rivalutato: il ”western swing’.
Nelle note a Bring It On Down To My House, cantata da lui stesso, Ray Benson scrive: “Una delle prime cose che mi attrassero verso Bob Wills fu il fatto che era un musicista bianco profondamente influenzato dai cantanti neri del suo tempo. Malgrado la tendenza razzista e segregazionista del Texas e del country di allora, Bessie Smith fu la prima passione di Bob Wills. Pare che Bob da giovane si facesse anche venti miglia a dorso di mulo per andare ad ascoltare Bessie”.
In effetti, uno dei meriti del western swing fu proprio quello di miscelare vari generi musicali, bianchi e neri, tutti originari del Sud: New Orleans jazz, tex-mex, blues, fiddle music, country e folk. I tre periodi di sviluppo del western swing furono indissolubilmente legati ad altrettante fasi della carriera di Wills:
– la fase di formazione in Texas
– il momento di sperimentazione e maturità in Oklahoma
– il periodo del riconoscimento nazionale.
James Robert Wills nacque a Kosse, East Texas, nel 1905 da una famiglia supermusicale: due nonni, padre, nove zii e cinque zie, tutti fiddlers!
Kosse si trova nella cosiddetta ‘black belt’ e questo spiega le forti influenze blues e jazz di prima mano. Trasferitosi a Forth Worth nel 1929 Wills registrò per la Brunswick i primi brani conosciuti di western swing, Wills Breakdown e Gulfcoast Blues, assieme al chitarrista Herman Arnspinger.
Nel 1930 il duo Wills Fiddle Band si arricchisce dei fratelli Milton e di Durwood Brown e cambia nome in Light Crust Doughboys entrando nel circuito delle radio. Il nuovo genere ebbe un immediato successo nelle dancing halls frequentate soprattutto da lavoratori del petrolio e da agricoltori che cominciavano appena a risollevarsi dalla Depressione e avevano una gran voglia di ballare e di divertirsi.
Come ci racconta J.R. Goddard in Country Music Story: “I fans di Bob Wills provenivano soprattutto dalla classe lavoratrice povera, stavano venendo fuori dalla Depressione, fuori dal peggiore isolamento rurale dove stava appena arrivando la luce elettrica”.
Un altro effetto importante di questa crescente popolarità fu il rapido proliferare di ‘copy bands’ che contribuirono alla diffusione del genere.
Nel 1933 Wills lascia i Doughboys per formare i Texas Playboys con i quali, un anno dopo, trasloca a Tulsa, Oklahoma, per lavorare alla radio KVOO dove viene scoperto dal talent scout Art Satherly che lo mette sotto contratto per la Okeh Records. In Oklahoma la line-up dei Playboys si arricchisce di batteria, fiati e strumenti elettrici, sempre mantenendo una ‘fiddle frontline’. A queste nuove sonorità corrisponde un’apertura verso una musica più ‘urbana’ con un forte ‘jazz beat’ che lasciasse ampio spazio all’improvvisazione. L’elasticità di Wills nell’uscire dai vecchi schemi rurali fece della sua musica la risposta del Sud-Ovest alle big bands dell’Est (Benny Goodman, Glenn Miller, ecc).
Nel 1940 Wills incide, con una band di 18 elementi, il disco che lo coronerà ‘King Of Western Swing’: San Antonio Rose; tre milioni di copie vendute con la versione originale, un milione e mezzo nella versione di Bing Crosby, più decine di altre versioni fra cui, recentemente, quella di Ricky Skaggs. L’astronauta Peter Conrad l’ha trasmessa nel 1968 dalla postazione radio più lontana: la Luna!
Il decennio 1940-50 fu il periodo del consolidamento. Si comincia ad usare il termine western swing per definire una musica sempre più popolare che, prima della II Guerra Mondiale, veniva etichettata in vari modi, fra cui hot dance, hillbilly, country dance, hot strings…
Wayne Johnson, sassofonista in San Antonio Rose, condensa efficacemente l’essenza del western swing: “Eravamo in piena Swing Era e la gente ballava lo swing, con Bob noi facevamo esattamente la stessa cosa con l’aggiunta di un western flavor. Per il resto, sia il beat, sia gli arrangiamenti, erano gli stessi. Bob aggiungeva il western flavor per via del fiddle, della steel guitar e dei costumi”.
C’è da aggiungere che, al contrario dello swing vero e proprio, nella musica di Wills la sezione ritmica è quasi sempre in ‘due’, raramente in ‘quattro’ proprio come nel bluegrass.
Negli anni ’50 inizia il declino del western swing. Anche se alcuni validi Playboys come il pedal steeler Leon McAuliffe e il vocalist Tommy Duncan danno vita a proprie bands di un certo successo, gli organici vanno riducendosi (spariscono i fiati) e nuovi generi, come il rock’n’roll, acquistano crescente popolarità.
Per motivi di salute Wills abbandona l’attività nel 1960 e nel 1968 entra a far parte della Country Music Hall Of Fame. Morirà nel 1975.
Possiamo concludere affermando che con gli ultimi Playboys (senza i fiati) Bob Wills ha codificato la formazione tipo nonché le sonorità della moderna country music: chitarre, fiddle, mandolino, steel guitar, piano, basso e batteria, sono ancora oggi gli strumenti del Nashville sound. Senza dimenticare l’impatto innovativo del rockabilly, bisogna riconoscere al western swing il merito di aver operato una sintesi straordinaria fra stimoli musicali disparati con un eclettismo e una lungimiranza che sono serviti da modello a generazioni di musicisti e che spiegano la recente, massiccia rivalutazione di questa musica.
Fabio Ragghianti, fonte Country Store n. 30, 1995