Bob Wills – The Tiffany Transcriptions 2 cover album

Con un certo ritardo sulla tabella di marcia è stato pubblicato il secondo volume dei 10 in programma miranti alla riedizione delle famose Tiffany Transcriptions di Bob Wills e dei suoi Texas Playboys.
Queste ‘trascrizioni’ vennero eseguite ad Oakland ed a San Francisco su dischi a 78 giri di vinile rosso negli anni 1946-47 (o 1945-48 come riportano altre fonti) a cura della Tiffany Music Company, casa editrice fondata dallo stesso Wills, dal disc-jockey californiano Clifton ‘Cactus Jack’ Johnson e dal produttore Cliff Sundin. Lo scopo, essenzialmente commerciale, era quello di fornire alle emittenti nordamericane, e soprattutto della West Coast, dei programmi radiofonici della durata di mezz’ora basati sulla musica dei Texas Playboys in formazione rimaneggiata (ampliamento della sezione d’archi e strumenti a corda, sensibile diminuzione dei fiati).
Per mai ben chiarite ragioni la Tiffany si sciolse inaspettatamente dopo l’uscita di 15 dischi e le matrici, un corpus di circa 370 brani, vennero ritirate e conservate dal Sundin in attesa di tempi migliori.

Nel 1981, alla morte del produttore, gli eredi decisero di dare alle stampe il tutto vendendo i diritti alla Kaleidoscope Records che si assicurò così uno dei più sensazionali colpi discografici degli ultimi anni. E’ il caso comunque di ricordare che una piccola anticipazione dell’eccellente musica contenuta nelle ‘transcriptions’ si era avuta qualche anno fa grazie all’uscita di due albums: uno illegale su etichetta Tishomingo (The Tiffany Transcriptions, BW-01) ed uno semi-illegale per la Lariat (San Antonio Rose, Lariat One). Fagocitati rapidamente dal mercato specializzato, i due LPs sono oggi preda ambita da tutti i collezionisti di western-swing.
A parte la storia tinta di toni più o meno gialli, dal punto di vista strettamente musicale le Tiffany rivestono enorme interesse e possiedono delle caratteristiche uniche (di gran lunga superiori a quelle, le Presto, realizzate da Wills qualche anno dopo per sponsorizzare la Crowley Automobile Company).

Innanzitutto vennero incise in uno studio, ma con lo spirito, l’atmosfera, la spontaneità e la rilassatezza tipici di una esibizione ‘on stage’, senza quindi la tensione ed il nervosismo che solitamente accompagnano i musicisti durante la realizzazione di un prodotto discografico legato per altro ai limiti spazio-temporali dei fatidici odiatissimi tre minuti del 78 giri. Poi l’eccezionale formazione dei Texas Playboys, la migliore dai tempi delle storiche sessions del 1935 a Dallas per la Brunswick/Columbia: l’inimitabile voce di Tommy Duncan, il terzetto d’archi composto dal leader, da Louis Tirney e da Joe Holley, le steel-guitars presenti di volta in volta nelle mani di Noel Boggs, Roy Honeycutt e Herb Remington, le chitarre elettriche di Eldon Shamblin e Lester Bernard, il pionieristico mandolino elettrificato di Tiny Moore, il pianoforte decisamente swingante di Millard Kelso, la batteria di Johnnie Cuviello che non disdegna all’occorrenza dei ‘take-off’ estemporanei.

E’ un supergruppo, scelto con estrema cura da Wills, che ha saputo dare per idee avanguardistiche e per il modo di tradurle in suoni un’impronta decisiva ad una big-band in particolare. Ma non solo. A distanza di anni si può affermare con assoluta certezza che dopo le Tiffany Transcriptions il western-swing non è stato più lo stesso, passando da semplice musica da ballo con peculiarità regionali a musica totale ed universale meritandosi una sua precisa identità nel vasto panorama musicale americano.
Da ultimo il repertorio, studiato ed arrangiato per l’occasione, forse il più eterogeneo mai concepito: fiddle-tunes in Texas-style, ballate tradizionali, blues, jazz, motivi popolari e canzoni patriottiche, tributi ad indimenticabili colleghi prematuramente scomparsi (c/o Nancy Jane di Milton Brown, per esempio, divenuta la nota Texas Playboys Theme, sigla d’apertura e chiusura del gruppo).

Questo secondo volume, infine, contiene due brani che da soli rappresentano il manifesto di uno stile e un modo personalissimo di concepire la musica: San Antonio Rose (quasi un inno nazionale per il Texas) e Steel Guitar Rag (una ‘via di Damasco’ per legioni a venire di specialisti dello strumento).
Nelle note di copertina Merle Haggard scrive: “Io eseguo regolarmente nei miei spettacoli i motivi più popolari di Bob Wills e ogni volta che attacco uno di questi brani la reazione del pubblico è spontanea e calorosa”.

A che servono altre parole?

Kaleidoscope 19 (Western Swing, 1984)

Pierangelo Valenti, fonte Hi, Folks! n. 9, 1984

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