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Rockin’ W Wranglers. E chi sono costoro? Trattasi di uno dei numerosi gruppi che eseguono cowboy songs e western music nelle aree rurali del sudovest degli USA, principalmente Colorado, Texas, Arizona e New Mexico.
Proprio da questo stato arriva la compagine in oggetto. Ben cinque i componenti della band, di provenienza diversa, ma accomunati dall’amore per la musica western, dal rispetto dello stile di vita western e dallo spirito di emulazione di una delle figure tutt’ora più affascinanti: quella del cowboy americano. In attività dal 1979 con l’attuale denominazione, il gruppo è composto da Don Wilkerson (voce e chitarra solista), Ron Holton (voce e chitarra ritmica), Ron Wilkerson (voce, basso ed armonica), Rob Croft (voce e flddle) e Goldie Wilkerson, moglie di Ron (voce e percussioni) ed ha cinque albums al suo attivo: Along The Santa Fé Trail, Blue Shadows, Springtime In The Rockies, Happy Trails e questo ultimo Under Blue New Mexico Skies di cui andremo ad analizzare il contenuto.

L’apertura è dedicata ad una delle figure di riferimento della selvaggia natura del sud-ovest: il coyote, che con il suo lugubre e solitario richiamo, ci annuncia Call Of The Wild a firma Rusty Richards ed eseguita da Don Wilkerson, ben coadiuvato dagli altri quattro vocalists. Gli impasti vocali del gruppo, grazie alle grandi potenzialità del singoli membri, sono il punto di forza delle loro performances e gli arrangiamenti di brani classici od originali sono sempre particolarmente curati.
Il traditional Colorado Trail non poteva certo mancare nel repertorio del nostro quintetto ed è ora la voce di Ron Wilkerson a proporcela, ben supportato dalla sua stessa armonica e dal flddle di Rob Croft.
St. Elmo’s Fire esce dalla penna del chitarrista della band, Ron Holton, che ce la propone con la sua voce dalle tonalità morbide e calde. Fra gli altri brani inclusi nella raccolta (quattordici in tutto) fanno bella mostra di sé i classici Night Rider’s Lament, Cowboy’s Lament (conosciutissima anche come Streets Of Laredo), Bound For The Rio Grande, Pinto Pal di Eltonbrittiana memoria e Shenandoah, qui resa con un intro a-cappella davvero da brivido, ed un’armonica incredibilmente suggestiva.
Fra i brani originali ancora la conclusiva title track, sempre a firma di Ron Holton e Back Where I Belong, scritta ed eseguita da Goldie Wilkerson (heartfelt thanks, Goldie), con la sua voce particolarissima. Un gruppo da scoprire assolutamente.

Bill Barwick è un altro dei nomi tutti da scoprire che abbiamo il piacere di segnalarvi. Tre sono i CD al suo attivo, tutti rigorosamente autoprodotti e distribuiti, tutti pieni zeppi di emozioni western in attesa solo di essere condivise dalle nostre orecchie e soprattutto dai nostri cuori di incalliti cowboys-in-perenne-trasferta-dalla-parte-sbagliata-dell’oceano.
Da una ventina d’anni residente in Colorado (beato lui), Bill Barwick ha caratterizzato il suo sound con una personale miscela di voce e chitarra acustica, tale da creare un’atmosfera calda e confidenziale, sia che si trovi alle prese con brani originali o con classici vecchi e nuovi.
Già con il suo Cowboys, Liars & Lovers del 1993 (BVM-001), il nostro è riuscito a guadagnarsi una notevole credibilità andando a ripescare gioielli quali Pancho & Lefty del compianto Townes Van Zandt, Yankee Lady a firma Jesse Winchester e Rainbows All Over Your Blues dell’indimenticabile John Sebastian.
Ancora la dolcissima Love At The Five & Dime della cantautrice texana Nanci Griffith, il classico Dylaniano I’ll Be Your Baby Tonight, qui in vena fortemente laid-back, la sconosciuta composizione di Ian Tyson These Friends Of Mine, senza scordare altre tre grandi remakes: Girls, Women & Ladies, co-firmata dal grande ed ingiustamente trascurato Ed Bruce (quello di Mamas Don’t Let Your Babies Grow Up To Be Cowboys), per finire con Urge For Goin’ della sofisticata singer songwriter canadese Joni Mitchell e con la inconsueta Sweet Wyoming Home di Bill Staines.
Già lo spettro della selezione dei brani reinterpretati la dice lunga su quanta musica deve avere ascoltato il nostro Bill nel corso delle sue peregrinazioni lungo le backroads e le highways americane. Esperienze meditate, filtrate e rilette in chiave personale, che riaffiorano nei momenti originali che si chiamano It’s The Little Things, Wrong Woman Blues o Remembering Your Name. Il tutto viene cucito insieme ed interpretato con un voce molto confidenziale, che fa sembrare originali e personali anche i brani a firma altrui.

A due anni di distanza esce il secondo CD di Bill. Somewhere Out West (BVM-002) contiene ben sette pezzi originali ed il songwriting è decisamente cresciuto.
Her Smile ha tutto il carisma di un piccolo capolavoro, mentre She’s Leavin’ risente del classico Johnny Cash sound.
La morbida voce di Bill ci riporta alla mente – non senza un punta di acuta nostalgia – le performances di quel grande cantautore canadese di nome Stan Rogers, prematuramente scomparso e Tinfoil Raindrops sarebbe stata perfetta per lui.
Ride To The Sunset, a firma Stan Rood, ripropone tematiche un po’ stereotipate, ma tutt’ora care ai più romantici, con il cowboy di turno che si allontana lentamente verso il tramonto, mentre lo sviluppo lirico/musicale della song ci riporta decisamente alle delicatezze di Sweet Baby James di James Taylor.
C’è comunque sempre posto per riscoprire i gioielli della tradizione western; su tutti il più bel brano western in assoluto, almeno a parere del sottoscritto: Ghost Riders In The Sky di Stan Rogers. C’è ancora posto per l’inno ufficioso del Rocky Mountain State, quella Colorado scritta da Dave Kirby e che tutte le western bands dello stato necessariamente ripropongono nei loro show. E dove mettiamo Along The Navajo Trail e Big Iron, quest’ultima del compianto Marty Robbins (ma sono morti tutti i grandi?).

Chiude le danze una rilassata e meditativa recitation dello stesso Bill Barwick, evocativa e fortemente autobiografica: Quiet Old Cowboy. Wow!
Fortunatamente trascorre solo un anno prima di avere fra le mani il terzo e più recente CD a firma Bill Barwick: Livin’ The Dream (BVM-003) del 1996. Le note introduttive all’album sono significative: “Livin’ The Dream è il mio terzo al­bum… ed è tutta colpa vostra. Nel momento in cui leggete queste righe, sia che ci siamo incontrati di persona o meno, voi rappresentate il motivo per cui il viaggio continua. Grazie a voi… sono riuscito a vivere il mio sogno! Grazie… – Bill“.
Il repertorio include un pezzo co-firmato insieme a Tom Schaper e solo due brani originali: Hold Me Gently, fortemente reminiscente di certe cose a firma del primo Kris Kristofferson e Only In His Mind, completamente pervasa del più tipico folk-western style.
Per gli estimatori delle covers – come me – c’è di che leccarsi i baffi. L’iniziale e poco nota Colorado Rose a firma Michael Golden, della compagine degli Starlight Ramblers, il country-blues dei Delmore Brothers con la loro Tennessee Choo Choo, la suggestiva narrazione western che Utah Phillips fece a suo tempo della pista tracciata da Charles Goodnight e dal suo socio Loving, che collegava il Texas degli allevatori ai nodi ferroviari del Kansas, con la sua celeberrima Goodnight-Loving Trail.
Di Anytime, qui il rilassata versione country-blues, conoscevamo già varie covers, fra le quali quella resa celebre da Arlo Guthrie, mentre My Colorado Home è firmata da Scott Vaughn della band Flyin’ W Wranglers, la seconda band più longeva – il primo posto spetta agli irripetibili Sons Of The Pioneers – nel panorama C&W, con una discografia invidiabile di cowboy songs e western tunes: ne riparleremo presto…

Il ripescaggio di uno dei brani più famosi del grande Hoyt Axton, cantante, compositore ed attore, nella fattispecie Evangelina, è particolarmente gradito, anche per lo sviluppo dolcemente messicaneggiante, mentre il CD si chiude con One Empty Cot In The Bunkhouse, un vecchio brano western a firma Gene Autry (non Red Steagall che, pur avendone dato un’egregia interpetazione, non ne è autore, come erroneamente riportato fra i credits). Eccellente prova dunque, che comprende anche Thunder Road, omonima dell’inno di springsteeniana memoria, ma di tutt’altro approccio in termini di filone di appartenenza..
Se vi piacciono i cantautori con una particolare vena malinconico-western, potete trovare di che soddisfare i vostri esigenti palati.

Raul Reynoso fa parte del trio western chiamato New West. Quasi contemporaneamente al loro album di esordio, ecco apparire anche il primo solo del chitarrista della band, vero virtuoso del suo strumento. Precisiamo subito che non siamo di fronte ad un album di musica western ed anche le cowboy songs centrano ben poco.
Ecco invece una preziosa testimonianza dei perfezionismi acustici dei quali è capace Raul. Dei tredici brani qui compresi, circa la metà sono firmati dal nostro, mentre il resto è rappresentato da intelligenti riletture di classici del passato jazz (Exactly Like You del duo McHugh-Fields – l’aveva rifatta anche Willie Nelson nel suo Somewhere Over The Rainbow del 1981 – Daphne e Nuage sono a firma Django Reinhardt, mentre Blues For Dixie era stata rispolverata anche dal grande Merle Haggard).
Ugualmente interessanti risultano gli sforzi compositivi di Raul, che produce l’album, compone, suona la chitarra e canta. Si evidenziano anche gli svariati interessi musicali che caratterizzano l’apertura mentale, culturale e strumentale di questo vero artista delle sei corde.

Raul’s Rhumba e la conclusiva Sambalì sono gioielli davvero unici, pervasi dai profumi tipici dei ritmi centro-americani, Matelot è un improbabile swing chitarristico, per non parlare degli inconsueti valzer di Waneta’s Waltz e Alicia Waltz. Sicuramente vincente risulta poi il sapiente uso di clarinetto e violino, allo scopo di ricreare quelle atmosfere tipiche del jazz classico.
Sono della partita i suoi compagni di avventura con i New West, David Jackson (fisarmonica e percussioni) e Michael Fleming (voce corista), mentre Johnny Frigo fa bella mostra di sé al suddetto violino. Royal Street è dunque un disco raffinatissimo ed altrettanto interessante. Allarghiamo i nostri orizzonti, signori cowboys, non guardiamo sempre e solo verso…WEST.

Dino Della Casa, fonte Country Store n.18, 1993

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