Esordio per questo cantautore del nord est e, pur scoprendolo solo grazie a questa piccola etichetta svizzera, diciamo subito che ci troviamo di fronte ad un ottimo prodotto. In effetti sia la grande vena lirica che un interpretazione sempre presente, rendono questo disco competitivo nell’affollato panorama dei nuovi songwriters d’oltreoceano. Siamo quindi dalle parti di un cantautore rock nella vera accezione del termine, qualche spruzzata di folk e di country, ma con una carica vitale che lo avvicina ai migliori rappresentanti di quel genere definito blue-collar rock. Un paragone che può dare un senso alle mie parole può essere quello con Kevin Connoly, splendido il suo ultimo lavoro, e tutta quella schiera di giovani divisi tra Dylan, Gram Parsons, Springsteen e Van Morrison.
L’entusiastica presentazione fatta dai ragazzi della Brambus mi ha subito spinto a pensare a qualcosa di diverso dai soliti, seppur ottimi, cantautori di questa etichetta ed, in effetti, siamo lontani dall’ordinario folkie con la Martin a tracolla ma ci ritroviamo piuttosto dalle parti di un rocker intelligente e preparato.
Una grossa mano, nella preparazione del disco, viene data da una band realmente tosta e soprattutto da un chitarrista, tale Brian Dunn, che si rivela determinate in parecchi passaggi.
Le quattordici canzoni che Bucky ci regala sono tutte sopra la media con, almeno nei casi di Candy Man e Emma Goldman, qualche piccola gemma disseminata lungo il percorso.
Molto piacevoli gli arrangiamenti di tutte le canzoni che, sfumando il disco con sonorità piene, allontano ancora di più da noi l’idea di poterci trovare davanti al solito menestrello che accompagna la voce con i pochi accordi della sua chitarra.
Non voglio prolungare più a lungo la vostra attesa., acquistate questo disco, non ne rimarrete delusi.
Brambus 199683 (Singer Songwriter, Folk, 1997)
Paolo Liborio, fonte Out Of Time n. 20, 1997
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