Buddy Holly

Buddy Holly è il caso più anomalo fra le leggende musicali degli anni cinquanta. Non fu il primo musicista a fare rock & roll e nemmeno il primo divo riconosciuto di questa musica, non ebbe neppure una carriera lunghissima, tuttavia la sua influenza può essere considerata una delle più cospicue nella popular music dal dopoguerra ad oggi. La sua musica nasce sì dall’incontro fra il country & western e il rhytm & blues, del resto come tutto il rock & roll, ma al tempo stesso ne risulta una componente autonoma in grado di schiudere dimensioni fino ad allora inesplorate.

Sperimentatore in sala di incisione, Holly fu il primo ad adottare nella musica rock la tecnica dell’overdubbing (sovrincisione di tracce sonore), procedimento pionieristico che sarà sfruttato appieno e con risultati sbalorditivi solo dalla seconda metà degli anni sessanta, da gruppi come Beach Boys e Beatles. Lo stile vocale, che sconfina in linguaggi onomatopeici capaci di destrutturare la metrica classica della forma-canzone e proiettarla verso nuove soluzioni, e un nuovo uso della formazione nel gruppo rock (due chitarre, basso e batteria), bastano a rendere Buddy Holly uno dei più grandi musicisti nella storia della popular music occidentale.

Charles Hardin Holley nasce il 7 settembre 1936 a Lubbock in Texas, è l’ultimo di quattro fratelli e gli viene affibbiato il nomignolo di ‘Buddy’. Nella formazione musicale del giovane confluiscono, sia il blues e il rhytm & blues di Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Johnny Lee Hooker e degli altri musicisti di colore trasmessi dalla radio di Shreveport, che il country di Hank Williams, Jimmie Rodgers, Bill Monroe, etc.

Verso la fine degli anni quaranta inizia lo studio della chitarra e dal 1953 Holly, il cui cognome perderà definitivamente la ‘e’ quando il cantante inizierà ad incidere ufficialmente, forma il duo vocale Buddy and Bob con l’amico Bob Montgomery. Nel giro di breve tempo la formazione, con un repertorio in stile country & western, riscuote un successo tale che la prima radio di Lubbock (la KDAV) affida loro un programma : ‘The Buddy and Bob Show’. Nella primavera del 1955 ha modo di ascoltare Elvis Presley a Lubbock durante un concerto, rendendosi conto che l’unione di elementi musicali bianchi (il country & western) e neri (il rhytm & blues) non solo è fattibile ma possiede un potenziale creativo di inaudita portata. Da quel momento Holly inizia ad orientarsi verso il rockabilly prendendo a modello Elvis, sia per lo stile musicale che per la presenza scenica.

Nell’ottobre del 1955, pure Bill Haley si esibisce a Lubbock e ad aprire lo show sono Buddy & Bob, presentandosi con un repertorio misto di country & western e rock & roll. Ad assistere al concerto vi è anche Eddy Crandall, talent scout di Nashville al seguito del tour, che impressionato da Buddy lo invita a mandargli dei demos in vista di un contratto discografico. A gennaio 1956 il solo Buddy Holly è chiamato allo studio di registrazione Bradley’s Barn di Nashville per essere messo sotto contratto, qui incide diversi brani fra cui Blue Days Black Nights, che dato alle stampe come singolo riporta il famoso errore nel cognome (che l’artista farà suo): Holly invece di Holley. Il pezzo non riscosse alcun successo e, dopo un altro paio di singoli senza riscontro di pubblico, il rapporto con la Decca finisce.

Verso la fine del 1956, Holly scopre a Clovis nel New Mexico l’esistenza di un moderno studio di registrazione, il cui proprietario Norman Petty, chiede il pagamento solo per le canzoni incise e non per le ore trascorse in sala. Questo per il cantante significa maggiore libertà nella sperimentazione delle proprie idee, d’altro canto Petty, che diverrà poi il manager dell’artista, non esiterà a farsi coautore delle canzoni per ottenere parte dei diritti.

Nel febbraio 1957 Holly, che ora ha formato il gruppo dei Crickets (J. Allison alla batteria, L. Welborn al basso, N. Sullivan alla chitarra), incide una nuova versione di That’ll Be The Day, già registrata per la Decca ma mai pubblicata. Composta da Hollly e Allison, il titolo della canzone riporta una frase che John Wayne pronuncia nel film The Searchers. Il brano viene proposto all’etichetta Brunswick-Coral la quale, rimanendo positivamente impressionata, propone a Buddy Holly And The Crickets un contratto.

Essendo però il cantante ancora legato alla Decca sorgono problemi burocratici, che vengono risolti solo per un’ironia della sorte; dato che questa etichetta è proprietaria delle piccole Brunswick-Coral, vi è solo una cessione delle royalties sulla prima versione di That’ll Be The Day, in cambio della libertà artistica. Nel frattempo Norman Petty (manager del cantante) trova il modo di far pubblicare più dischi contemporaneamente, facendo figurare Buddy Holly come cantante solista per la Coral e i Crickets come gruppo per la Brunswick, mentre gli artisti sono sempre gli stessi. Così a maggio That’ll Be The Day appare su Brunswick a nome dei Crickets, nel giro di quattro mesi scala la classifica nazionale di Billboard raggiungendo il primo posto e vendendo cinque milioni di copie.

È l’inizio della popolarità. Con la Coral esce a nome di Buddy Holly il brano Words Of Love, registrato per la prima volta con tecnica overdubbing, in cui il cantante suona sia la prima chitarra che la chitarra ritmica e cantando in sincronia con se stesso. A seguito del primo successo, ai Crickets e al loro leader iniziano ad arrivare numerose proposte di concerti. Il gruppo debutta fuori dal Texas affrontando la difficile platea dell’Apollo Theatre di Harlem (il tempio della musica nera) a New York, gli organizzatori avevano scritturato la band per il loro sound (ritenuto molto rhytm & blues), senza averli mai visti, infatti ritenevano che fosse di un gruppo di colore.

Il giorno del concerto il pubblico, sorpreso dalla formazione ‘bianca’, accoglie Buddy e i suoi freddamente, ma dopo alcuni brani và in escandescenza e comincia a ballare. La presenza scenica della band per l’epoca era irresistibile, soprattutto nella disinvoltura con cui sapeva interpretare il feeling dei pezzi eseguiti. Buddy Holly And The Crickets continuano a sfornare successi ininterrottamente con brani come Oh Boy! e Peggy Sue; quest’ultima soprattutto sarà ripresa e metabolizzata nell’immaginario collettivo del rock & roll per aver creato la prima eroina di questo genere musicale.

Esce l’album The Chirping Crickets, nel frattempo si esibiscono in televisione all’Ed Sullivan Show e nei Rock & Roll Show di Alan Freed al Paramount Theatre di Brooklyn, mentre nel gennaio 1958 è la volta di una memorabile tournée australiana in compagnia di Jerry Lee Lewis e Paul Anka. Il gruppo si esibisce pure in Inghilterra, dove lascia un segno indelebile nel sostrato musicale del paese, tale da influenzare tutta una nuova leva di musicisti che pongono le loro basi sul Rock & Roll americano, fra cui i futuri Beatles. Nel corso del 1958 altri successi discografici sono Rave On, It’s So Easy e Maybe Baby.

Nel giugno dello stesso anno Holly conosce Maria Elena Santiago, impiegata presso la casa editrice Southern Music, e poco dopo le chiede di sposarlo. Per Petty il matrimonio poteva risultare pericoloso, di fatto la ragazza era assai esperta nel campo del business musicale, fornendo quindi a Buddy Holly tutta l’indipendenza artistica che voleva. L’opposizione del manager alle nozze sortì l’effetto di una definitiva rottura col musicista, così da quel momento Holly fece autonomamente, coltivando incisioni sperimentali e progettando la costituzione di una propria etichetta, con l’intenzione di fondere artisti e generi diversi come gospel, country e rhytm & blues.

La ristrettezza finanziaria che affligge l’artista, lo spinge ad intraprendere un tour massacrante attraverso gli Stati Uniti ad inizio 1959, formando un nuovo gruppo con T. Allsup alla chitarra, W. Jennings al basso e C. Bunch alla batteria. La tournée a cui si uniscono è il Winter Dance Party Tour, del quale fanno parte anche Ritchie Valens, Big Bopper, Dion & The Belmonts e Frankie Sardo. La sera del 2 febbraio 1959 dopo essersi esibito a Clear Lake (Iowa), Buddy Holly decide di noleggiare un aereo privato per raggiungere più velocemente la tappa successiva del tour. Con lui partono, nelle prime ore del 3 febbraio, Ritchie Valens e Big Bopper. Poco dopo il decollo, il piccolo velivolo si schianta al suolo, nell’incidente muoiono Holly, Valens e Big Bopper, oltre che il pilota.

L’ultimo singolo pubblicato dall’artista quand’era ancora in vita, It Doesn’t Matter Anymore/Raining In My Heart, lo stesso 3 febbraio compare nei Top 100 di Billboard e il 30 marzo giunge al 13° posto. In seguito, i materiali sonori incompleti registrati da Holly, sono ultimati da Petty (dopo che ne ha ottenuto i diritti di sfruttamento) sovrincidendo le tracce originali con l’accompagnamento strumentale dei Fireballs, e poi immessi sul mercato.

Nel 1972 la canzone American Pie di Don McLean, riporta il nome di Buddy Holly all’attenzione della cultura musicale rock, con la frase (riferita al giorno della morte del cantante): “The day the music died”. In effetti il 3 febbraio 1959 può segnare un metaforico confine, oltre il quale la corrente del rock & roll svanisce per poi riaffiorare in una nuova generazione musicale che sarà debitrice, tra gli altri, anche nei confronti di Holly.

Nel 1978 esce il controverso film biografico The Buddy Holly Story, regia di Steve Rash e con Gary Busey nella parte del cantante; quest’ultimo riceve una nomination agli oscar per l’interpretazione, mentre la colonna sonora vince una statuetta.

Nel 1986, a consacrare l’ormai inossidabile icona dell’artista, la Rock & Roll Hall Of Fame (nel giorno della sua costituzione) elegge Buddy Holly fra i primi 10 grandi interpreti di questo genere musicale.

7.9.1936 – 3.2.1959

Rockabilly

Federico Gavarini, fonte TLJ, 2003

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