Carrie Newcomer picture

Carrie Newcomer è una delle più sensibili cantanti ed autrici attualmente in circolazione negli Stati Uniti. La sua innata capacità di descrivere con profonda introspezione i sentimenti umani più veri e genuini, accanto all’amore per la letteratura che la affianca idealmente alle più importanti storyteller americane (da Nanci Griffith a Lucinda Williams a Mary Chapin Carpenter), ha reso la sua produzione estremamente interessante. La sua voce ricca di sfumature, delicata e potente al tempo stesso, ha la capacità di toccare le corde più intime grazie anche ad un timbro e ad una estensione notevoli.
Con dieci album all’attivo, due con la sua band degli esordi (gli Stone Soup) e otto da solista, Carrie Newcomer si può tranquillamente considerare un’artista che ha maturato e modellato uno stile personale e riconoscibile chiaramente.

Carrie Newcomer nasce nel Michigan, trascorre la sua adolescenza nei dintorni di Chicago dove viene a contatto e assorbe la lezione musicale di grandi troubadours come Joni Mitchell e Bruce Cockburn attraverso un appassionato ascolto radiofonico ed infine si trasferisce nell’Indiana settentrionale, vicino a Bloomington.
Profondamente attratta sia dalla letteratura (per merito della figura paterna, preside di una scuola) sia dalle altre ‘arti visive’ (in primis pittura e scultura studiate al college), Carrie inizia ad esibirsi nei club e nelle coffehouse dove affina le sue doti interpretative e compositive.
Dopo aver concluso gli studi universitari si dedica alla musica full-time e stringe un legame artistico con due musicisti che saranno suoi partner nella sua prima seria avventura artistica: il chitarrista Larry Smeyak e il percussionista Dennis Leas. Con loro forma gli Stone Soup, una folk band che unisce l’amore per la canzone d’autore ad una personale visione delle roots musicali americane.
Due sono gli album incisi nell’arco di tre anni: Long Fields del 1984 e October Nights del 1987, entrambi autoprodotti ed editi dalla Windchime Records.
Il primo album contiene già alcune piccole gemme come Waiting, duetto acustico tra Carrie e Larry Smeyak colorato dalle mille percussioni di Dennis Leas, Survivors e la pastorale midwestern song Long Fields, canzoni concepite con la mente rivolta alla Joni Mitchell degli esordi.
October Nights vede una band più amalgamata sia vocalmente sia strumentalmente, gli arrangiamenti risultano più azzeccati e complessi e il songwriting di Carrie Newcomer più profondo.

Le connessioni stilistiche con Joni Mitchell (almeno quella del primo periodo fino a For The Roses) sono sempre evidenti grazie al frequente uso del dulcimer e ad uno stile vocale caldo ed espressivo. La Martin di Larry Smeyak fornisce sempre un validissimo back-up mentre le innumerevoli percussioni di Dennis Leas personalizzano un suono di matrice prettamente folk. True To You, October Nights, Winter (splendida descrizione del gelido inverno del midwest americano), la bluesy Jack, Baby’s A Train con le sue venature soul che mi ricorda alcune cose della compianta Laura Nyro e la road song intitolata Iowa sono i punti di forza di quello che (purtroppo) è il canto del cigno di una band dalle molteplici doti.
Passa qualche anno in cui Carrie Newcomer si esibisce nelle vesti di folk singer e nel 1991 esce Visions And Dreams, originariamente edito dalla Windchime Records ma poi ripubblicato dalla Philo/Rounder Records, un deciso salto di qualità rispetto alle pur interessanti prove con gli Stone Soup.
La personalità di Carrie esce allo scoperto con grande sagacia, il suono, pur in una dimensione ancora acustica, è caldo ed avvolgente e le composizioni sempre più poetiche ed intense. Non c’è più una band fissa ma una serie di pregevoli musicisti che di volta in volta forniscono un’ideale base per la voce e la chitarra di Carrie Newcomer.
Saltuariamente appaiono i vecchi compagni degli Stone Soup mentre si fanno notare John Cascella alla fisarmonica e Lisa Germano a fiddle e mandolino (della band di John Mellencamp), Michael Lewis alle tastiere e le delicate armonie vocali di Susan Denton Staley.
Visions And Dreams, 1000 Miles Away, I Don’t Want To Fight Today, Just What It Is e Something True To Believe In sono canzoni di grande spessore che pongono Carrie Newcomer di diritto tra le più interessanti nuove voci del panorama cantautorale statunitense, pur con uno stile naturalmente ancora derivativo.

Visions And Dreams ha il pregio di portare all’attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori una voce di qualità finora nota solo a livello locale. La Philo/Rounder ha invece il merito di accogliere sotto la sua ala esperta e protettrice Carrie Newcomer e di saperne valorizzare doti e capacità nella maniera più consona alle sue caratteristiche, dando la più ampia libertà di espressione.
Il 1994 è l’anno in cui Carrie Newcomer debutta per la label di Cambridge, Massachussetts ed il risultato è l’eccellente An Angel At My Shoulder, prodotto in coppia con Michael Graham.
I musicisti sono più o meno gli stessi rispetto al disco di esordio ma il suono è decisamente più maturo, vario e composito. La voce della protagonista acquista sempre più sicurezza, dolcezza e potenza convivono senza attriti grazie ad una estensione e ad una padronanza dello ‘strumento’ veramente ottime.
Le canzoni esplorano le varie sfumature e sfaccettature dell’animo umano con una passione ed un calore che coinvolgono l’ascoltatore, sia nei momenti più intimamente acustici sia quando i suoni si aprono grazie all’uso di violino, mandolino, fisarmonica e sezione ritmica.
Love Like An Immigrant, piccola ma affascinante saga familiare, la brillante Streamline in cui folk e blues vanno a braccetto, In The City, riflessione sui contrasti tra consumismo, opulenza e problema degli ‘homeless’, Playing With Matches, atto di accusa verso chi usa la religione come giustificazione per atti di guerra, Meet You On Monday, la splendida folk ballad Three Women in cui Grey Larsen dà un tocco ‘british’ con i suoi flauto, concertina e violino, sono solo alcuni dei momenti più importanti di un album che dimostra quanto possano coesistere liriche profonde e melodie gradevoli.

La partnership tra Carrie Newcomer e la Philo/Rounder (che prosegue proficuamente a tutt’oggi) permette una concezione musicale libera da ogni condizionamento commerciale e questo porta ad una evoluzione di ampia portata. Ad appena un anno di distanza da An Angel At My Shoulder esce The Bird Or The Wing, album il cui suono acquista in corposità grazie ad arrangiamenti (la produzione è della coppia Michael Graham e Robert Meitus) leggermente più elettrificati.
Il fascino della musica di Carrie Newcomer rimane comunque inalterato e l’ascoltatore può godere di una proposta matura ed adulta che si rivolge in particolare a chi è legato alla canzone d’autore che parte dalla folk music per arricchirsi di influenze country, rock, pop e blues.
The Love Letter è l’esempio di come si possa ancora parlare d’amore senza cadere nella banalità e nelle facili melensaggini mentre The Yes Of Yes, accorata ballata acustica che vede la presenza vocale della ottima Jennifer Kimball, parla della ‘way of life’ di Carrie Newcomer (“…ho sempre creduto che una vita vissuta bene sia la più pura forma di religione…”).
Wisdom Is Watching, canzone dalla forte personalità caratterizzata dal violino di Chris Wagoner, Under Your Skin dalle calde tonalità che mi ricordano l’andamento di certi classici dei Drifters (grande band soul/doo wop degli anni sessanta), la scorrevole country ballad I’m Not Going To Let You Break My Heart con tanto di pedal steel e accordion, Looking For Something scritta on the road tra Houston e Dallas ancora con una penetrante fisarmonica (nelle mani di Bill Baker), la nervosa ed elettrica The Prelude e Distance con il suo stile chitarristico e vocale ancora una volta vicino a Miss Joni Mitchell, sono tasselli di un mosaico intrigante e ricco di fascino.
Hanno detto di Carrie Newcomer che ha la incredibile capacità di trovare lo straordinario nel 98 per cento o più della vita ordinaria di ciascuno di noi. My Father’s Only Son (Philo/Rounder, 1996) è un altro fulgido esempio di tutto ciò, con semplicità e senza tante astruse complicazioni. Musicalmente il disco è di una bellezza cristallina, uno dei lavori più intriganti della sua carriera discografica.

Crazy In Love apre in maniera eccellente l’album con la sua melodia orecchiabile e il pregevole lavoro di chitarra elettrica di Robert Meitus (produttore e…molto altro) e di Jason Wilber alla lap steel. Il suono di My Father’s Only Son è, pur mantenendo una sua precisa caratteristica bilanciata tra acustico ed elettrico, corposo ed intenso, con una solida band che supporta Carrie Newcomer senza tentennamenti.
Scorrono così d’un fiato canzoni come Tracks, These Are The Moments, I’m Not Thinking Of You, Closer To You e The Madness You Get Used To che potrebbero benissimo stare su qualche album della grande Mary Chapin Carpenter ma che mantengono il loro ‘Newcomer style’.
Meritano una citazione particolare la frizzante You Can Choose, tra cajun e country, My Father’s Only Son scritta con Jason Wilber, Up In The Attic acustica e tradizionale nell’arrangiamento e le conclusive The Room My Mother Made (“…non aver paura di guardare dietro di te, prendi quello che vale la pena prendere, lascia quello che deve essere lasciato indietro…”) e Amelia 13, scritte con grande coinvolgimento da entrambi i lati del rapporto madre/figlia.
My Father’s Only Son è uno degli album dai quali si potrebbe tranquillamente iniziare la scoperta del mondo musicale di Carrie Newcomer.
Nel 1998, a due anni di distanza, esce un altro dei migliori dischi della cantante dell’Indiana, My True Name. Non c’è un brano fuori posto, gli arrangiamenti sono attentamente studiati senza però perdere in spontaneità ed è ampia la gamma di influenze musicali che Carrie inserisce nelle sue canzoni, i cui testi parlano direttamente al cuore.
I Should’ve Known Better è l’ideale introduzione ad un lavoro che riserva emozioni ad ogni brano e vede un ispiratissimo Jason Wilber alle chitarre e al dobro in un country-rock di classe.
When One Door Closes (Another One Opens Wide) è influenzata dal gospel grazie ad un coro piacevolissimo.
This Long è la dimostrazione di quanto Carrie Newcomer possa risultare convincente ed emozionante quando è alle prese con ballate acustiche (qui è accompagnata dalla sola Sara Caswell al violino).

The Moon Over Tucson è liricamente intensa e per la prima volta Carrie viene a contatto con il lavoro di una delle scrittrici americane più apprezzate, Barbara Kingsolver, i cui libri saranno fonte ispirativa per la cantautrice del Midwest.
My True Name è una ballata pianistica (Slats Klug è il suo ispirato partner in questo brano) in cui la voce di Carrie è da brividi, tali sono le sfumature e il calore profuso.
Something Worth Fighting For è una delle rare cover, in questo caso di un cantautore molto vicino come spirito alla musicalità di Carrie Newcomer, Pierce Pettis.
L’attività live è molto frequente anche se questo non le impedisce di dedicare tempo alla propria famiglia. Molti dei suoi concerti la vedono esibirsi con pochi musicisti che comunque le forniscono le giuste ‘coordinate’. Un bell’esempio di un suo concerto è Bare To The Bone, live album inciso in due date ad Indianapolis e Bloomington, Indiana nel dicembre 1998. Dan Lodge-Rigal al piano, Beth Lodge-Rigal alle armonie vocali, Keith Skooglund alla chitarra acustica sono gli unici musicisti coinvolti.
L’atmosfera è quella calda e al tempo stesso rilassata ed amichevole di un piccolo club in cui musicisti e pubblico interagiscono in maniera naturale per creare pagine di grande musica ed emozioni. Il repertorio è di gran classe e le nuove versioni di canzoni come I’m On Your Side, The Moon Over Tucson, Three Women, When One Door Closes (Another One Opens Wide) e My Father’s Only Son, pur più scarne, non hanno nulla da invidiare rispetto agli originali.
Bare To The Bone, disco che si potrebbe accostare per le atmosfere e il calore interpretativo al bel live acustico di Nanci Griffith del 1988 intitolato One Fair Summer Evening, contiene anche tre brani inediti: la title-track, Sparrow e Just Like Downtown. Tre splendide nuove composizioni che Carrie Newcomer non esita ad inserire nel suo disco successivo, The Age Of Possibility, che viene pubblicato nel corso del duemila.

Questi tre brani sono tra gli highlights di un lavoro estremamente interessante e profondamente maturo. Le note dell’album sono della scrittrice Barbara Kingsolver, sempre più legata da una sincera amicizia a Carrie Newcomer e i musicisti coinvolti in queste session sono quelli che ormai da anni la accompagnano con sempre maggiore esperienza ed ispirazione.
Tra gli altri brani non ci si può esimere dal citare la apertura di When It’s Gone It’s Gone, la affascinante Tornado Alley con il dobro di Brant Smith, la grintosa e sorprendentemente rockeggiante It’s Not OK e This Too Will Pass, con una musicalità a metà strada tra Mary Chapin e John Gorka.
Nel settembre 2002 esce il più recente lavoro di Carrie Newcomer intitolato The Gathering Of Spirits, uno dei suoi dischi più belli, forse il più roots oriented ma sempre e comunque pregno di una filosofia di vita saggiamente ottimistica pur tra momenti malinconici ed amari. Ad aprire il disco c’è una ballata in cui Carrie è accompagnata dal piano di Winton Reynolds e dal violino di Chris Wagoner, Holy As A Day Is Spent, sul grande significato delle cose apparentemente ordinarie della vita di ciascuno.
Straight To The Point, guidata sempre dal violino di Chris Wagoner, è più trascinante e pimpante mentre I’ll Go Too parla dell’importanza del condividere il proprio percorso nella vita con qualcuno a cui affettivamente siamo legati.
The Gathering Of Spirits è ispirata da una vecchia canzone di Bruce Cockburn (Festival Of Friends dall’album In The Falling Dark del 1977) e vede la voce di Alison Krauss regalare ulteriori emozioni in una melodia tra le più belle del disco.
There And Back ancora deliziosamente country con il suo ritmo gioioso e solare, Silver con il banjo di Sam Bartlett in primo piano e il mandolino del solito Chris Wagoner parla della felicità di invecchiare assieme alla persona amata.
I Heard An Owl è ancora ricca di ottimismo e d suoni country/folk. E’ comunque il disco nel suo insieme a risultare ricchissimo di spunti, al di là di facili etichette, come un po’ tutta la produzione discografica di Carrie Newcomer.
Un’artista a tutto tondo che ha saputo regalare con le sue canzoni speranza, ottimismo e gioia di vivere, cose di cui tutti abbiamo un infinito bisogno.

Discografia:
Long Fields (with the Stone Soup) (Windchime Records, 1984)
October Nights (with the Stone Soup) (Windchime Records, 1987)
Visions And Dreams (Windchime Records, 1991 – reissued by Philo/Rounder)
An Angel At My Shoulder (Philo/Rounder, 1994)
The Bird Or The Wing (Philo/Rounder, 1995)
My Father’s Only Son (Philo/Rounder, 1996)
My True Name (Philo/Rounder, 1998)
Bare To The Bone (Philo/Rounder, 1999)
The Age Of Possibility (Philo/Rounder, 2000)
The Gathering Of Spirits (Philo/Rounder, 2002)

P.S.: Un doveroso e caloroso ringraziamento va a Heather Martin della Windchime Promotions per la gentilezza e la collaborazione e naturalmente a Carrie Newcomer per il suo insostituibile ‘aiuto’.

Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 67, 2003

Link amici