Carter Family

E’ quella contenuta nelle canzoni della prima e più importante famiglia country. Sono i pionieri della musica americana. Le loro incisioni risalenti agli anni ’20 e ’30 sono oggi riunite in due cofanetti.

Sembra strano, ma all’inizio del Ventesimo secolo la musica folk o rurale era considerata di serie B. Andavano di moda i suoni urbani, il vaudeville. Le canzoni popolari c’erano, è vero, ma interpretate da entertainer sofisticati come Josh Denman e Cal Stewart. La cosiddetta musica country, nelle sue propaggini dell’hillbilly e della old time music, divenne comunque un fenomeno di enorme diffusione grazie alle stazioni radio del profondo Sud e ai loro disc jockey.

Gli artisti popolari, come Fiddlin’ John Carson, Uncle Dave Macon, Carson Robison, Charlie Oaks, Andrew ‘Blind Andy’ Jenkins, divennero prima famosissimi localmente e poi sfondarono, fagocitati dall’industria del disco.

Tra i pionieri e capostipiti della country music tradizionale, il nome più importante è quello della Carter Family, il cui corpus di canzoni – entrate di diritto nella leggenda della canzone americana – è oggi disponibile in due cofanetti da 5 CD ciascuno: The Carter Family 1927-1934 Remastered From Carefully Selected Originals e The Carter Family Volume 2 1935-1941 Remastered For Finest Ever Sound.

Parliamo di centinaia di canzoni famosissime che hanno segnato la storia della popular music pesando come un macigno sulle scelte stilistiche di personaggi come Woody Guthrie e Elvis fino ad arrivare a Steve Earle e a k.d.lang.

Alvin Pleasant Delaney Carter (noto al pubblico come A.P. Carter) con la sua cupa voce da basso, sua moglie Sara e la cugina di lei, Mother Maybelle Carter (che a sua volta sposò il fratello di A.P.), splendida alla chitarra, all’autoharp e al banjo, erano originari della Virginia. Furono scoperti da Ralph Peer e incisero ininterrottamente dal 1927 al 1943, l’anno che per i puristi segna la fine dell’età d’oro della country music. Parallela alla strada traditional della Carter Family, si sviluppò la corrente modern guidata da Jimmie Rodgers ma questa è un’altra storia.

La storia che ci interessa è quella di Ralph Peer che, armato di un modernissimo microfono amplificato e di una nuova recording machine, cominciò a battere città della Georgia e della South Carolina alla ricerca di nuovi artisti. Il suo negozio di dischi-studio di incisione divenne la meta preferita di tutti gli hillbillie d’America, tanto più che Peer trattava bene i musicisti, pagando loro un prezzo simbolico per ogni canzone più le royaltie sulle vendite dei dischi.

Una mattina, nel suo negozio si presenta, a bordo di una vecchia T Model Ford, una strana combriccola guidata da A.P. con Sara accompagnata dai suoi due bambini e Mother Maybelle incinta di sette mesi. “Che personaggi”, ricorda Peer, “vestiti come veri montanari. Ma appena sentii la meravigliosa voce di Sara, capii che quel trio era un dono di Dio.”

Cuore e virtuosismo, armonie vocali che accarezzavano il gospel, liriche semplici e intense, splendidi incroci vocali e strumentali. Peer, folgorato, fa incidere immediatamente alla Carter Family sei brani tra l’1 e il 2 agosto del 1927. I dischi vendono bene, la Carter Family comincia a farsi una reputazione e meno di un anno dopo Peer li convoca a New York (dove arrivano in treno) per incidere brani entrati nella storia come Keep On The Sunny Side e Wildwood Flower, ripresi da centinaia di artisti e celebrati nello storico triplo album della Nitty Gritty Dirt Band (con decine di ospiti come la stessa Mother Maybelle) Will The Circle Be Unbroken. In questi dieci CD c’è la storia del country. Ci sono canti di lavoro, sorrow songs, ballate, blues, echi bluegrass e jazz e gospel, inni religiosi e canti dei cowboy.

Impossibile segnalare le centinaia di canzoni, tutte di grande interesse e di alto livello, dalle superfamose Wabash Cannonball, No Telephone In Heaven, The Evening Bells Are Ringing, God Gave Noah The Rainbow Sign (nota anche come Oh Mary Don’t You Weep e con altri mille titoli), The Mountain On Tennessee, l’m Working On A Building poi ripresa da John Fogerty quando si inventò i Blue Ridge Rangers post Creedence nel primo volume; Behind Stone Walls, la tristissima e speranzosa Can The Circle Be Unbroken, Honey In The Rock, You Are My Flower, Little Joe, No Depression, East Virginia Blues Number, Gospel Ship.

Ciascuno di questi brani meriterebbe un’analisi, un’esegesi con aneddoti e riferimenti storici. Basta comunque ascoltarli per farsi prendere dal calore della tradizione, quella vera, quella che colpisce al cuore, magari monocorde ma ricca di spunti, dura, reale e realista come l’America di quell’epoca, che vola sul boom degli anni ’20, annaspa nella Depressione del decennio successivo, traina l’economia mondiale tra due guerre.

Tutti i brani – molte melodie già note ai lettori, molte già incluse nelle celeberrime raccolte delle Child Ballads, che racchiudono l’humus del folklore americano – sono firmati da A.P. Carter, anche se spesso sono song di pubblico dominio da lui rielaborati e reinventati.

Il primo cofanetto contiene anche un dialogo e un paio di brani testimonianza di un incontro in Texas tra la Carter Family e Jimmie Rodgers.

L’affascinante storia dì una famiglia che “è venuta fuori dal nulla per cambiare la musica popolare”: queste sono le sorgenti cui dobbiamo risalire per riscoprire la vera America, musicale e non.

Antonio Lodetti, fonte JAM n. 111, 2005

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