Chicago, giugno 1966: il produttore Pete Welding riunisce in uno studio quattro cantanti e musicisti residenti nella Windy City, ma le cui radici stilistiche sono ancora strettamente abbarbicate al più genuino Delta blues d’anteguerra, nonostante sporadici inserimenti nelle nuove forme e correnti di Muddy Waters e soci.
Si tratta del veterano Carl Martin (classe 1906, violinista con alle spalle preziose incisioni Bluebird, Okeh e Vocalion nel primo dopo-guerra), del mandolinista Johnny Young (1917, altri dischi per Vanguard e Arhoolie), del chitarrista John Lee Granderson (1913, rappresentato da incisioni Riverside e Storyville) e dell’armonicista John Wrencher (nato nel 1923, il ‘giovanotto’ del guppo).
L’intento, tutt’altro che banale e generico, era quello di ricostruire un passaggio cruciale e sottodocumentato della storia del blues: la transizione dalle forme essenzialmente individuali e classiche del Delta a quelle collettive del blues urbano del secondo dopo-guerra.
Furono proprio le ‘string band’ con i loro rituali musicali collegiali, simili a quelli sviluppati contemporaneamente dal jazz (che al blues deve assai più di qualche tema preso a prestito) come i collettivi tematici o le sequenze degli assoli, a costituire una sorta di laboratorio del nuovo blues urbano, producendo musica forse meno intensa rispetto a quella dei vari giganti solitari come Patton o James, ma certamente di una freschezza e di un equilibrio unici.
Una musica dai profumi più deliziosi, come quella ricreata nel ’66 dalla superba Chicago String Band ed ora di nuovo disponibile grazie a questa provvidenziale ed appetibile (due bonus tracks) ristampa del vecchio Testament 2220.
Testament TCD 5006 (Country Blues, 1994)
Giorgio Signoretti, fonte Out Of Time n. 7, 1994