Ho finalmente tra le mani il nuovo album di Darrow, l’ho desiderato per molto tempo, e solo temporaneamente mi aveva compiaciuto l’uscita di Rank Strangers (aprile ‘78) che infatti non è da considerarsi propriamente un disco di Chris, ma un’operazione di gruppo. Dal lontano 1974 (anno in cui fu pubblicata la terza opera solista di Darrow, Under My Own Disguise, attendevo con ansia questo nuovo lavoro, e devo dire che ad un primo affrettato ascolto il disco mi ha entusiasmato. Darrow è un personaggio certamente atipico, pur essendo un titolato musicista, e pur avendo fatto parte di band di nome quali Nitty Gritty Dirt Band ed i mitici Kaleidoscope, ha sempre rifiutato il rapporto con le grandi etichette americane. Ha sempre volutamente cercato di produrre della buona musica, indipendentemente dai risultati commerciali che conseguiva poi con i suoi dischi.
Anche a livello di produttore si è sempre dato da fare, cercando di mettere in luce talentosi personaggi che altrimenti non avrebbero mai potuto toccare i lidi del vinile. Infatti basta seguire la via delle sue azioni musicali, di anno in anno, per rendersi conto di quanto ho detto. Ha prodotto (oltre ai suoi primi album solo) la riunione dei Kaleidoscope (lo splendido When Scopes Collide), il terzo eccellente Sammy Walker (Blue Ridge Mountain Skyline), l’album di esordio di Robb Strandlund (edito dalla Polydor e da tempo fuori catalogo), l’unico sforzo su vinile dei mitici Maxfield Parrish (su etichetta Cur-non), la colonna sonora di Winter Equinox e l’album di esordio dei Rank Strangers. Un cenno a parte nelle sue produzioni meritano il disco di esordio di Toulouse Engelhardt Toullousions (per la Briar Records), un album acustico di un singolare chitarrista, e Telling Takes Me Home di Guy Carawan (sempre per la strana Cur-non Records), particolare musicista ricercatore. Il disco di Carawan è un album puro e limpido, tutto teso alla riscoperta di una certa particolare musica tradizionale americana, e nel campo della musica folk è da considerarsi una piccola gemma.
Per tornare a Darrow solista, do qualche cenno sui suoi album solo. Il primo Artistic Proof, edito Fantasy (F 9403) nel ‘71, è un disco piuttosto country, con eccellenti armonie vocali e splendida scelta di canzoni e melodie. L’album conta la partecipazione di molti strumentisti titolati come il cantautore John Stewart, il bassista Arnie Moore, l’amico Steve Cahill e la steel guitarist Ed Black. Il secondo è Chris Darrow, edito dalla United Artist (UA LA 048 F), inciso in Inghilterra. Qui l’artista mischia le sue caratteristiche peculiari di musicista californiano con gli umori della musica inglese e bretone. Il risultato è splendido, anche se in alcuni momenti alterno. Partecipano al disco vari session men inglesi come Caleb Quayle, Trevor White, Roger Pope, Clive Chaman (chiamati anche Hookfoot), quindi l’amico Steve Cahill ed Alain Stivell e Dolly Collins.
Il terzo Under My Own Disguise, edito sempre dalla United Artists (UA LA 242) è il suo album meno riuscito. Sempre inciso in terra inglese, il disco alterna momenti felici a cose meno sentite. Partecipano all’album Mark Naftalin, Max Buda, Cahill, David Hentschell, BJ Cole etc. Comunque ognuno di questi album ha mediocre successo commerciale, tanto che nel giro di un paio di anni scompaiono completamente dai cataloghi delle rispettive etichette, addirittura Under My Own Disguise non è mai stato pubblicato negli USA.
Torniamo al presente, 10 Giugno 1979, ed al nuovo album di Chris, quel Fretless che ho atteso con tanta aspettativa. Ad un ascolto lungo e attento l’album si palesa eccellente, le prime impressioni non erano menzognere. Le sedute per l’incisione dell’album sono state fatte tra il gennaio e l’aprile del ’79, ed i musicisti che vi partecipano sono piuttosto interessanti: da Robb Strandlund a Cindy Edwards (la cantante dei Rank Strangers), da Corky Carroll a Steve Cahill, da Loren Newkirk a Max Buda, da John Russel a Randy Sterling.
L’album ha due facce ben distinte: la prima side piuttosto rockeggiante ed elettrica, la seconda più calma, pacata e countryeggiante. Il disco apre con Going Alone For The Ride, una tipica canzone darrowiana, con timbri e sonorità fuse in un unico testo melodico, con la chitarra in evidenza che danza sulle note. È un brano rock che ben ci introduce a questo serio lavoro, opera di un musicista californiano, tra i più degni portabandiera di questo sound. Infatti Darrow, al contrario di molti colleghi, più o meno titolati, non si lascia fuorviare da insipidi arrangiamenti, ma giunge al sodo, con un suono terso e pulito. Il secondo brano è I Know Is Coming, un rock cadenzato, con riffs insistenti di chitarra, piuttosto bluesistici.
Segue Tears Of Joy And Sorrow, una ballata elettrica, che ci ricorda alcune pagine della musica di Chris. Infatti la melodia, lenta ed avvolgente (ottimo l’uso della pedal steel), ci rammenta alcune frasi del passato musicale del nostro autore. Azzeccato l’assolo centrale dell’armonica di Buda. Time Will Tell, dal tempo molto allegro, ha un semplice svolgimento strumentale e ci rammenta da vicino il periodo di Artistic Proof. Conclude la prima facciata Joy Ride To T.J., un lungo brano strumentale, molto elettrico nella sua esecuzione, con la chitarra di Darrow e l’armonica di Buda in grande evidenza.
La seconda side è più rilassata, con tematiche più lineari e maggior uso di strumenti acustici. Joaquin, dedicata al fuorilegge messicano/californiano Joaquin Murieta (già trattato musicalmente anche da Peter Rowan), è una lunga piece musicale. La canzone ha un andamento cadenzato, quasi western (non country, attenzione…), con il leader tutto preso dal suo racconto sonoro. Il tema musicale è quello di una canzone racconto, come si usava negli anni cinquanta per commentare film western: vedi le classiche High Noon (di Tex Ritter) e Gunfight At O.K. Corral (di Frankie Laine). Segue Almost Twilight, una liquida melodia, in cui l’uso del pianoforte e della steel guitar sanno creare un’atmosfera veramente unica. È una tipica ballata di Darrow, con la voce in grande evidenza e le tematiche melodiche care al nostro autore in perfetta evidenza.
Too Ripe On The Wine è la canzone più country dell’album, l’unico momento in cui forse si può accostare il tipico elemento della musica country americana allo stile di Darrow. La melodia scorre molto limpidamente, rammentandoci ancora una volta il classico periodo di Artistic Proof. Bello l’assolo di piano stile honky-tonk. Segue Orphans Of The Storm, che a mio giudizio considero il miglior momento del disco. È una ballad di stile anglosassone, scozzese direi, per le sue intense influenze melodiche, in cui l’uso quasi all’unisono della fisarmonica (Darrow) e della concertina (Cahill), contribuiscono a creare un tappeto sonoro veramente eccezionale. La voce di Chris poi ben si mischia con la coristica di altre sette voci, e la melodia acquista un sapore unico. Una canzone da antologia! Conclude l’album la strumentale Ocean, che al contrario del brano strumentale sulla side uno, è un pezzo molto soffuso e dolce, con la chitarra hawaiana di Darrow in evidenza. Ben tornato Chris.
Pacific Arts 132 (Country Rock, 1979)
Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 22, 1979