Chris Wall

Nell’universo di Chris Wall le costellazioni splendenti sono fatte di luci al neon, mentre la Terra ricorda stranamente una pista da ballo in legno grezzo. I pianeti ruotano a tempo di two-step texano e le sue songs parlano di honky tonks, rodeo, cowboys, Hank Williams, whiskey, Martin guitars e lunghissime strade solitarie. Ce n’è più che a sufficienza per catturare l’attenzione di chi, come noi, è costantemente alla ricerca di talenti da scoprire, meglio se texani.
Oggi Chris abita ad Austin, Texas, ma, come per Jerry Jeff Walker – suo mecenate – i suoi natali sono lontani dal Lone Star State. Nasce infatti in California, si diploma in Storia al Whittier College, ricopre alcuni ruoli cinematografici marginali ad Hollywood, fa il barista in giro per i bar degli stati del sudovest, fino a stabilirsi a Bozeman, dove lavora in un ranch.
Nonostante il suo iniziale approccio alla musica country, Chris non comincia a comporre fino al 1984 e la prima volta che esegue in pubblico un pezzo suo è al Million Dollar Bar di Jackson Hole, Wyoming, nel luglio del 1987, quando viene letteralmente trascinato sul palco da alcuni amici (Pinto Bennett ed i suoi Motel Cowboys) non proprio sobri, che avevano già avuto modo di apprezzare questo barista con aspirazioni artistiche.
Un altro episodio che si rivelerà determinante si verifica l’anno seguente, quando Chris conosce personalmente Guy Clark ad un festival nell’Idaho. I due finiscono per suonare insieme e scambiarsi canzoni per il resto della serata (late night pickin’ and singin’).

E’ proprio Guy Clark a parlare in termini entusiastici di Chris a Jerry Jeff Walker, che una sera va a sentirlo a Jackson Hole. Convinto del suo grande potenziale, Jerry Jeff lo induce a trasferirsi ad Austin nel 1988, ma l’elemento che decreta la definitiva entrata di Chris Wall nel music business è il primo ingaggio che gli viene pagato come opening act di Jerry Jeff Walker stesso: 400 dollari convincono l’ex professore di storia-allenatore di football-barista-rancher che ci poteva davvero essere un futuro per lui come cantautore.
Poco dopo Jerry Jeff includerà ben tre delle songs di Chris nel suo eccellente Live At Gruene Hall del 1989, che vede anche il vecchio pard Willie Nelson duettare nella evocativa e stupenda Man With The Big Hat.
Trashy Women entra nei Top Ten di Billboard nell’interpretazione dei Confederate Railroad, mentre I Fell Like Hank Williams Tonight viene definita da Stereo Review “La migliore canzone mai composta per illustrare il lato malinconico della musica country”.
Siamo nel 1989 ed esce Honky Tonk Heart (Rykodisc RCD 10179) grazie al preciso interessamento di Jerry Jeff che già incide per l’etichetta. Si tratta di una raccolta di dieci brani che racchiudono in maniera efficace ed esauriente il microcosmo esistenziale di Chris Wall.
Nonostante le iniziali di Chris Wall abbiano qualche affinità con il Country & Western, il nostro mostra molto più attinenza con la figura del cantautore, attento com’è al contenuto lirico dei suoi brani. Le dolcissime Rodeo Wind e The Empty Seat Beside Me esemplificano gli aspetti solitari della vita della compagna del rodeo cowboy e del cowboy stesso rispettivamente, mentre Honky Tonk Heart è più spensierata, fino alla provocatoria e roccheggiante già citata Trashy Women.

Ancora shuffle per Sure Is Smokey In Here e I Wish John Stetson Made A Heart, mentre He Lives My Dream denota una profonda tristezza nell’osservare una famiglia-tipo che entra in chiesa per la funzione domenicale, mentre il protagonista, rodeo cowboy, si è appena svegliato dopo una notte trascorsa alla meno peggio nel suo piccolo pickup truck.
A seguito della pubblicazione di Honky Tonk Heart, Billboard definisce Chris “un nuovo brillante talento”, Bob Oermann di Music Row scrive: “c’è calore, umanità, poesia ed un immenso talento all’opera in questo album”, mentre anche Cashbox tesse le lodi di Chris Wall.
A distanza di quasi due anni esce il secondo prodotto di Chris, sempre foraggiato dalla Rykodisc, No Sweat (Rykodisc RCD 10219). Come esplicita il titolo (una espressione prettamente texana per indicare che non ci sono problemi) si tratta di un prodotto diretto, immediato, di impatto epidermico. Più roccheggiante per certe soluzioni musicali, non disdegna certamente il riferimento ad atmosfere più squisitamente country (Once Before I Go ha precisi riferimenti vocali all’ultimo Ian Tyson), che restano comunque una costante a livello lirico (Boots, Faded Blue e Rodeo Cowboy). Sempre stretta la collaborazione artistica (ed alcolica) con Pinto Bennett ed i suoi Motel Cowboy, che contribuiscono in modo sostanziale al title-track: veramente accattivante!

Con le sopra citate Faded Blue e Rodeo Cowboy (rispettosamente dedicate al pluricampione Larry Mahan, titolare di un oscuro album King Of The Todeo – BS 2959 – 1976) si ritorna ad immagini più consone al nostro personaggio.
I’ll Take The Whiskey fa esplicito riferimento a Merle Haggard ed il resto è allo stesso livello: musica molto onesta e sincera, realizzata più per piacere personale che a scopo di lucro, ma ciò non toglie – anzi – alcunché al valore artistico del prodotto finito.
L’egida di Jerry Jeff Walker, come era stata utile per uscire dall’anonimato, ora rappresenta una sorta di limitazione per Chris, che tenta la carta dell’autonomia più completa ponendo fine in assoluta armonia al sodalizio che lo legava alla Rykodisc.
Quasi tre anni di silenzio, un sottile rimpianto da parte di coloro che, come me, avevano amato i suoi primi due lavori, poi la felice notizia che Chris ha pubblicato un nuovo CD. Frenetici scambi di fax con i ben informati amici texani ed ecco che arriva Cowboy Nation (Cold Spring CSR 94001). In questo terzo CD Chris racconta le gioie ed i dolori della Cowboy Nation (evidente il parallelo verbale con la più reale Indian Nation, entrambe quasi accomunate da un’implicazione di emarginazione, sia sociale che culturale, da parte della società maggioritaria), con i suoi cavalieri, i suoi cowboy, i camionisti, le cameriere, i vagabondi e le reginette del rodeo.

Le canzoni sono dense di humor, gioia e testimonianze personali che segnano lo stile di vita della Cowboy Nation. Chris stesso dice: “Quella del cowboy americano è la più forte, romantica e durevole delle sottoculture americane. Infatti il cowboy abita un paese quasi a se stante, che coltiva le proprie tradizioni senza però vivere nel passato. Contrariamente a quanto si crede, questo paese non è sparito dal panorama attuale, si è solo allontanato un pó dalla strada principale. Questo paese chiamato Cowboy Nation puó essere in stato di assedio in questi giorni di incertezza, ma i tacchi dei suoi stivali sono ben piantati nel solido suolo del West americano”.
In Cowboy Nation Chris canta dei motivi per i quali gli uomini scelgono di seguire il circuito dei rodeo (Let ‘er Buck) e per i quali le donne lottano per comprendere i cowboys del rodeo (Cold Blue Highway) e questa analisi della medesima situazione, effettuata sia dal punto di vista femminile che maschile, era già stato evidenziato nell’esame della prova d’esordio. Dal retro di un pickup truck egli tristemente osserva il decadimento del grande honky tonk americano (The End Of The Rainbow Inn). Prende poi in esame l’essenza della musica country nel suo classico I Feel Like Hank Williams Tonight, del quale continuo a preferire la versione di Jerry Jeff Walker (scusami, Chris).
Si prosegue in buona sostanza il discorso della tradizione relativa alla narrativa western (My Old Martin Guitar) e si rende omaggio agli eroi della sua musica: Waylon Jennings (Leanna) e Johnny Cash (My Favorite Lies). Chris prende ancora in esame quello spirito di fratellanza stradaiola che accomuna i camionisti, i cowboys da rodeo ed i musicisti itineranti (Roadhouse Whiskey).

Per finire, Chris completa l’esplorazione della Cowboy Nation avvicinandosi alla cultura attraverso occhi nuovi: quelli del filosofo francese Descartes (I Drink Therefore I Am) e di William Shakespeare (Cowboy Nation).
Ma non saranno i critici ad avere l’ultima parola sulla musica di Chris Wall. La conferma giungerà dall’unica vera fonte che faccia testo ed abbia voce in capitolo: il pubblico degli honky tonks ed i fans della musica country (no, Billy Ray Cyrus non c’entra), coloro che si ritrovano nei trionfi e nelle tribolazioni rivissuti e fatti propri da Chris nei suoi testi.

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 28, 1995

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