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Bisognerebbe che la BCMAI si facesse carico di presentare un esposto al Ministeroperlepariopportunità. Infatti per quanto riguarda la diffusione di Country Music le opportunità sono tutt’altro che pari. Siamo inondati di musica etnica d’ogni tipo, Festival di Sanremo, meeting sindacal-papisti, disco music, concerti cubani in tutte le ‘salse’, raduni blues in ogni città, lirica ecc, ma a noi non restano che bricioline. Allora in questo 2000 (il primo che dice ancora millennio lo prendo a morsi) di buio pesto (visto che è pure saltato il ‘nostro’ festival) il concertone organizzato dal Country Club di Correggìo è una fulgida luce. Insieme ad altri due che suonano con me arrivo a questo tendone sito nel cuore delle italiche Flatlands. E’ ancora presto, c’è tempo per uno spuntino: i panini si chiamano Bill Monroe e Hank Williams. Intanto comincia ad arrivare gente: stragrande maggioranza di teddy boys con il ciuffo a banana e di line-dancers con il cappellone. Panico!
Gli olandesi non arrivano, no, eccoli, ma non hanno voglia di fare i suoni. Si limitano a sincerarsi se i loro strumenti funzionano. Mah! Verso le nove e un quarto si presenta sul palco il quintetto milanese degli Young Country. Gisella Della Maggiore è la cantante. Buona la voce, intonata e capace di raggiungere registri piuttosto alti: discrete anche la pronuncia e la presenza scenica. Alla chitarra solista c’è Claudio Bazzari, una gloria nazionale. Assoli impeccabili, suono stupendo, non sbaglia un colpo. Julius Travella si occupa dei controcanti e della chitarra ritmica, ogni tanto tira fuori un breve solo riuscito. Completano la band Flavio Travella (basso) e Renato Zanardo (batteria). Il suono è compatto e piuttosto professionale. Il repertorio è pescato dal ‘mainstream Nashville’: Martina, Shania, Jo Dee, Chely. Fanno eccezione Poor Poor Pitiful Me (un vecchio hit di Warren Zevon) e How Do di Mary Chapin Carpenter che chiude il set.

A me che sono una ‘old fart’ (autodefinizione di George Jones, guardatevela sul vocabolario) sarebbe piaciuto ascoltare anche, che so, uno shuffle, un trequarti o un ‘twostep’, qualcosa che non fosse così dannatamente pop ma i ballerini ballano contenti, il tendone si è riempito e forse anche questo repertorio serve alla causa. Il tempo di cambiare l’assetto microfonico ed ecco che arrivano i coniugi Tashian con i coniugi Coppo. Barry Tashian, nonostante il low profìle è un personaggio dal curriculum notevole. Nel ‘66 fece l’apertura al tour dei Beatles col suo gruppo dei Remains. Ha suonato con un sacco di gente (Nanci Griffith, Emmylou Harris, Suzy Bogguss fra i tanti) e scritto pezzi per un sacco di gente (Ty England, Steve Earle, Nashville Bluegrass Band fra i tanti). Alla chitarra ha uno stile rilassato, efficace e di gran gusto, senza essere Speedy Gonzales. Holly ha una ritmica solida e puntuale. Ma il punto di forza sono le voci: così ‘tight’ che neanche due gemelli monovulari. Molto Everly Bros per tanti aspetti.
Nella scaletta ce n’è per tutti i gusti: Texas swing, bluegrass, R&R, roba contemporanea, gospel eppure non si ha mai l’impressione di incoerenza fra un brano e l’altro. I miei preferiti Blues For Texas e Right Or Wrong dal carniere di Bob Wills. In cambio delle marce forzate per provare tutti i pezzi in poco tempo Martino e Maria Grazia ottengono un duetto di Are You Tired Of Me My Darling che non sfigura affatto, senza contare che il loro apporto con mandolino e contrabbasso è stato assolutamente all’altezza della situazione. Dalla doppia coppia si dovrebbe passare ai quattro assi olandesi che invece si rivelano si e no un due di picche. Strumenti scassati, suoni orribili, gli Hillbilly Boogiemen sembrano una Jug band da metropolitana. Alternano bluegrass (mando, contrabbasso, banjo/violino e uno che fa finta di suonare la chitarra) a country anni ‘50 e rockabilly (tele, contrabbasso, chitarra acustica più quello che faceva finta di suonare la chitarra a rullante e piatto. I pezzi bluegrass sono tutti velocissimi a macchinetta e non si capisce una mazza. Zero dinamiche, mai un accento un po’ ritardato o anticipato. Gli altri pezzi sono appena un po’ meglio ma bisogna fare attenzione a cantare Hank Williams e George Jones. Naturalmente questo è un mio parere però fatto stà che il tendone si è mezzo svuotato. Saranno stati stanchi…

Fabio Ragghianti, fonte Country Store n. 50, 2000

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