Sesta prova solista per Darrell Scott, ed è come il solito un piccolo capolavoro. Come già ci aveva ben abituato con i suoi precedenti lavori, questo The Invisible Man è pieno, ricco, caldo, vissuto ed interpretato con il cuore.
Ricercato come session-man e soprattutto come autore (vedi Dixie Chicks, Patty Loveless, John Cowan, ecc.), questo artista fa qui tesoro delle molteplici influenze ed esperienze avute nella sua carriera. Una carriera che (facendo tappa nell’indispensabile Real Time con Tim O’Brien che l’ha fatto conoscere) ci porta a questo lavoro, forse il suo più carico e profondo. Un approccio distratto a questo disco è severamente vietato, ed anche dopo innumerevoli ascolti ogni traccia è sempre nuova. Da ascoltare con calma, senza fare altro, lasciandosi trasportare dall’intensità della sua musica e dei testi, ricchi non solo di vita quotidiana ma anche di immagini e, in fondo, di saggezza poetica.
La sua è grande musica, che potremmo chiamare, come ora è di moda, americana, fondata nella tradizione country con ampie aperture al rock, vedi ad esempio Do It Or Die Trying e tutta una serie di pezzi da far invidia ai più riveriti mostri sacri del rock internazionale. Il tutto con strumentazione acustica spesso accresciuta con pianoforte, altro strumento di Darrell, batteria ed elettrica. Quasi tutti i brani portano la sua firma e suonano con lui molti altri musicisti con cui aveva già collaborato in passato, con una coesione perfetta.
Personalmente adoro l’intro di chitarra nel primo brano di The Invisible Man, quel Hank Williams’ Ghost che ci invita ad intriganti similitudini tra i due artisti, non tanto dal punto di vista musicale quanto nel mettere la propria anima a nudo, come pure stupendi sono anche And The River Is Me e la contrastata I’m Nobody. Grande musica per un artista di culto: un piccolo pezzo del nostro cuore è sempre suo.
Full Light 0601 (Singer Songwriter, 2006)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2007
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