David Davis And The Warrior River Boys - David Davis And The Warrior River Boys cover album

Ma da dove sbuca questo David Davis, con un dischetto a dir poco strepitoso per pienezza, rotondità e profondità di suono, nella maniera di Bill Monroe, un disco che ti prende ed entusiasma dalle prime note e che ti costringe, sottolineo costringe, a farsi riascoltare più e più volte. Si, certo, i Warrior River Boys sono un gruppo storico, da decine e decine d’anni sulla scena, attivo nei festival anche se con una scarna produzione discografica (un paio di dischetti per la Rounder agli inizi degli anni ’90, passati sotto silenzio), ma il nome di Davis, pur essendo dal 1984 alla guida di questa band, è davvero poco noto. La sua storia parte comunque da molto più lontano, come un’eredità musicale che attraversa quasi un secolo, perché suo zio, Cleo Davis, è stato alla fine degli anni ’30 il primo chitarrista dei Blue Grass Boys di Bill Monroe.

Pienezza di suono dicevamo, da attribuire in molta parte alla stupenda voce dello stesso David, chiara, pulita, high lonesome: è questo il valore aggiunto che dà rilievo al disco, senza nulla togliere alla bravura ed alla incisività degli altri musicisti. Oltre a Davis al mandolino questi oggi sono Jeff Griffy alla chitarra, Marty Hays (anch’egli dalla ottima voce, ascoltatelo in Leavin’ Tennessee, stra-famosa ma sempre benvenuta) al basso e Josh Smith al banjo, tutti nomi poco noti, compreso il fiddler Owen Saunders che in Italia abbiamo già avuto modo di apprezzare al seguito di Doyle Lawson nel 1996.
Buona la selezione dei pezzi, tutti eseguiti con intensità e sincerità, per metà originali e per metà cover, alcune poco sfruttate ed altre più conosciute, tra cui una Freight Train Blues (accreditata erroneamente a Roy Acuff) altissima di tono, davvero come andrebbe fatta. È un disco di ottimo livello, davvero bello, un nuovo piccolo punto di riferimento che deve senz’altro entrare nella collezione di ogni appassionato!

Rebel 1807 (Bluegrass Tradizionale, 2004)

Claudio Pella, fonte TLJ, 2005

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