Davin James nasce a Jackson, Mississippi, ma si trasferisce in Texas con la famiglia all’età di dodici anni e comincia a suonare nei locali prima ancora di avere la patente. Nel 1995 realizza il suo CD di esordio, Making My Mark e Gary P. Nunn incide ben quattro sue composizioni nel suo Road Trip (Guadalupe Days, Back Into The Swing Of Things, If You Had A Mind To e Siesta Sunday) ed una nel seguente Under My Hat (A Long Long Way To Go).
Questo Nowhere Lounge è dunque il secondo prodotto a nome Davin James ed è meritevole del massimo interesse. Sicuramente non saremo i primi a ravvisare una notevolissima rassomiglianza fra la voce di Davin e quella di George Jones, icona e guru del country texano, ma è fin troppo facile cadere nella tentazione del paragone.
Anche le atmosfere, fortemente appoggiate al tradizionale country sound, sono reminiscenti di un retaggio ampio e radicato: l’iniziale Damned Ol’ Guitar, la messicaneggiante Head Over Heels (decorata da una timida acustica solista), le dolcemente prevedibili Things Ain’t Like They Used To Be e Bless My Broken Heart, la swingata Opportunity Don’t Knock Twice, l’honky-tonk di It Could Be Much Worse, la nostalgia e la tristezza dell’autobiografica When You Lose Someone, probabilmente dedicata al padre, Mike James sono tutte tessere di un unico mosaico.
Una menzione speciale per il title-track, Nowhere Lounge: musica e testo scritti dal padre ed ascoltata da Davin solo alcune volte, qui riproposta in omaggio al genitore in chiave allegra e volutamente ‘leggera’, anche per cercare di sdrammatizzare il dolore della sua perdita.
Rick Mitchell dell’Houston Chronicle definisce Davin “Houston’s Country Outlaw”.
Che si sappia, non ha mai rapinato banche, ma se assistete ad uno dei suoi show, è facile che vi rubi il cuore.
Bullnettle BNR 002 (Honky tonk, Traditional Country, 1999)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 53, 2000
Ascolta l’album ora