Deep in the heart of Texas

Benvenuti al terzo appuntamento con Deep In The Heart Of Texas con l’auspicio che gli incontri precedenti abbiano solleticato i vostri interessi musicali ed abbiano contribuito ad appagarli.

Lo spazio di questo numero di Country Store è in parte dedicato ad un’uscita discografica che definire ‘minore’ è sottile eufemismo, se consideriamo la statura dell’etichetta Trophi Records per la quale incide l’honky-tonker in questione, tale Arkey Blue. E dove sta l’interesse, direte voi; anzi, so che non lo pensereste neppure, poiché è stata da tempo svuotata di significato la diretta proporzionalità fra la dimensione della label e la qualità del prodotto offerto.

Arkey Blue da Bandera, Texas, è il perfetto prototipo della caparbietà texana. Da decenni tiene la scena al Silver Dollar Bar (ne è il proprietario) e continua a sfornare prove discografiche autoprodotte che non fanno certo parlare di sé, ma per la tenacia e la bontà del materiale è giusto dare loro il giusto risalto. Questo Texas Dance Hall Music (titolo succoso) (TR-2401) non è da meno degli albums precedenti: grande uso di steel giutar e fiddle, shuffle a tutta birra ed una collaboratrice vocale di tutto rispetto: la debuttante Kathi Timm, che ci ricorda un pó le prime prove vocali di Lacy J. Dalton. In un paio di brani fa bella mostra di sé anche il trombettista Gabe Tucker, per il quale Arkey Blue ha scritto la deliziosa Gabe’s Horn.

A questo punto arriva la ciliegina sulla torta. Si, perché ospite in due brani a duettare alla voce solista troviamo nientepopodimeno che Willie Nelson, al quale Arkey Blue rende ulteriore tributo scrivendo per lui Willie Sang With Me, esplicitando la gratificazione rappresentata dal duetto in questione per un qualunque interprete di country music. Inutile confermare la qualità della performance di Willie: è semplicemente lui! Niente flaccide sonorità stereotipate, bensì una sferzata di turgida e stimolante Texas honky-tonk music.

Con il fermento artistico che la contraddistingue da molti anni, Austin si conferma capitale del Texas anche sotto l’aspetto musicale. Ultimo parto in ordine di tempo dovrebbe essere un nuovo gruppo country dal nome curioso di Stop The Truck. Nessuna etichetta, nessun indirizzo, solo 1995, Stop The Truck, Austin, Texas. Ma per noi c’è ne abbastanza, eccome!

Sulla linea dei Pirates Of Mississippi, tanto per capirci, i cinque propongono un country gradevolissimo e mai banale, con dovizia di armonica in bocca a Don Wickhman. Per l’occasione del debutto discografico, i cinque si fanno aiutare da Michael Ballew (noto singer-songwriter della scena texana con almeno un album e tre CD al suo attivo come solista) alla chitarra elettrica in Girl Like That e da John Ely (ex Asleep At The Wheel) che non si tira indietro con la sua languida steel.

I riferimenti artistici superano i confini della mera country music e riprendono tematiche jazz (Sudden Stop, fra le cose migliori del CD, o In My Pocket) e blues (Satisfier). Le atmosfere country restano comunque le indiscusse dominatrici di questo simpatico dischetto. Chicche tipo l’iniziale Old Side Of Town, l’honky-tonk di Never Cry Again, It Ain’t Over Till It’s Over che strizza l’occhio all’intro di Heartboke di Guy Clark e I Just Wanna Fall In Love Again restano indelebilmente impresse nell’orecchio dell’ascoltatore attento e portano d’istinto a ripartire dall’inizio.

Thomas Michael Riley è una nuova stella che brilla per la terza volta (leggi: è al terzo album) nel firmamento cantautorale del Texas. Questa nuova prova, intitolata Headed In The Right Direction (CF-0017-2), esce su Campfire Records e ci conferma quanto di buono avevamo apprezzato nei due episodi precedenti. Alcune songs sono tratte dal primo CD, intitolato This Road Goes Anywhere, fra le quali non si può fare a meno di amare appassionatamente Living In The Lone Star State (The National Anthem Of Texas), con contrappunti di fiddle intrigante, mentre Texas 46 è un accattivante uptempo e difficilmente riuscirete a tenere fermo il piedino.

On The Passenger’s Side si apre con la strofa che recita testualmente: “…Driving into San Antonio today…” su una base di gran fiddle. Chi ama l’honky-tonk può trovare pane per i suoi denti con Tequila Memory ed Everything’s A Compromise. Harmonica Music risulta invece un gradevole esercizio di armonica e voce, supportato da un tessuto quasi bluegrass, se non fosse per la batteria.

Ci troviamo di fronte a più di quaranta minuti di gradevolissima musica texana, che ci viene proposta senza arroganza né presunzione da un nome molto interessante del prolifico sottobosco texano. Ricordatevi il suo nome: Thomas Michael Riley.

Per la serie “chi-ha-mai-sentito-parlare-di…” ecco il debutto discografico di un nuovo Texas honky-tonk hero che risponde all’inconsueto nome di Durwood Haddock. Su consiglio del nostro buon amico Curtis Wood, ci siamo accostati con piacere ed interesse a questa prova di esordio dall’invitante titolo di The Texas Honky-tonk Blues (Eagle International EI CD 103) e non ce ne siamo certo pentiti. Gli ingredienti sono quelli classici delle ricette texane: una dose abbondante di fiddle, una generosa spolverata di steel, shuffle ed honky-tonk a piacere, il tutto abbinato ad una voce calda e confidenziale che, a tratti, ricorda il grande Merle Haggard.

Titoli quali Beneath A Neon Star In A Honky-tonk o lo stesso tittle-track la dicono lunga sul contenuto di questo piccolo grande album di Texas music. There She Goes è un grande shuffle con un altrettanto interessante apporto di steel (prima) e fiddle (poi) – Good Lookin’ Lady è invece un tipico honky-tonk con il piano in bella evidenza, mentre la steel, il fiddle ed una chitarra solista appena jazzata entrano in sequenza, dando al pezzo un vago sapore western swing.

Ancora da citare sono I Can’t Hold A Light To Your Hold Flame e When Your Heart Goes Crazy, che da sole sarebbero sufficienti a consumare la suola di un paio di Justin boots nuovi. Sette dei dieci brani sono a firma di Durwood Haddock, da solo oppure in collaborazione con altri amici di sicuro talento, per una durata complessiva che purtroppo non arriva alla mezz’ora.

Peccato, ma questo è comunque l’unico difetto che abbiamo trovato in questo CD.

Dal profondo del cuore del Texas arriva un signor CD di country music come quella che amiamo noi – e voi: il superlativo Willie Nelson, attualmente ritornato sotto contratto con la major Liberty, sforna un secondo ottimo album per la indie Justice di Houston e, dettaglio per noi fondamentale, si tratta del primo album di country music in sei anni. Just One Love (JR-1602-2) ci ripropone quel sound così tipicamente ed inconfondibilmente ‘nelsoniano’ che rende suoi anche pezzi che non ne recano la firma di compositore. L’impronta della sua lead gut string guitar è unica e suona tanto più cara, quanto maggiore risulta il periodo durante il quale ne abbiamo sentita la mancanza.

Il CD rappresenta una sorta di parziale tributo ad alcuni ‘grandi’ della country music (fra gli altri Floyd Tillman, Merle Travis, Tex Williams per finire con l’imprescindibile Hank Williams), dal repertorio dei quali Willie pesca a piene mani gioielli del calibro di This Cold, Cold War With You, Four Walls, Smoke, Smoke, Smoke That Cigarette, Cold, Cold Hearth, It’s A Sin, tutte rivisitate in chiave personalissima, come solo i grandi sanno fare, ma senza snaturarne l’immagine originale, ravvivandone anzi lo smalto e rendendoceli semmai ancor più godibili.

Il disco vede Kimmie Rhodes (il title-track porta la sua firma) duettare con Willie in alcuni brani, rendendogli così il favore che Willie stesso le aveva fatto nel suo ultimo West Texas Heaven, mentre Grady Martin (anche produttore del CD in questione), Jody Payne, Ray Edenton, Pete Wade e Chip Young imbracciano le chitarre che fanno da supporto alla solista acustica di Willie. Apparizione a sorpresa anche per Grandpa Jones nella sua Eight More Miles To Louisville. Un grande disco country da un grandissimo: Willie Nelson!

Ancora Justice sugli scudi per il secondo album. Kris Kristofferson non dovrebbe aver bisogno di presentazione, vuoi per i suoi contributi classici alla musica country (due titoli su tutti: Help Me Make It Through The Night e Me & Bobby McGee), vuoi per i suoi trascorsi cinematografici, vuoi per la sua recentissima militanza nell’elastico quartetto degli Highwaymen, insieme ai mostri sacri Johnny Cash, Waylon Jennings ed allo stesso Willie di cui sopra. A Moment Of Forever (JR-2001-2) ci restituisce un Kristofferson in grande forma, un songwriting di grande spessore (un paio di brani su tutti: l’epica ballad Johnny Lobo e Sam Song, sorta di sfogo cantato incentrato sulla figura del regista Sam Peckinpah e che vede Willie Nelson come interlocutore di Kris) ed una voce che non ha perso negli anni quel timbro talvolta amaro, tra l’altro scanzonato e comunque sempre estremamente caratteristico di una figura senza dubbio carismatica nel panorama cantautorale del Texas.

A brani nuovi di zecca vengono affiancate riletture di classici del passato quali Casey’s Last Ride che faceva bella mostra di sé nell’album di esordio di Kris nell’ormai remoto 1971 e Shipwrecked In The Eighties, tratto dall’album Repossessed del 1986, che ripropone il tipico e classico modo di comporre cadenzato del nostro incanutito texano. Dal punto di vista degli arrangiamenti, il CD si propone con le chitarre acustiche e l’armonica in primo piano e questo non può che risultare accattivante alle nostre orecchie. Fanno bella mostra di sé nei credits di copertina i nomi dei vari Jim Keltner, Benmont Tench, Waddy Watchel, Reggie Young, Don Was (anche in veste di produttore), i fidi Billy Swan e Stephen Bruton fra gli altri.

La produzione e l’amalgama sonoro finale sono secondo la migliore tradizione della indie texana. Un altro punto importante a favore del Texas!

Quasi un trentennio di carriera solista non rappresenta certo un traguardo da poco, neppure per un veterano delle scene musicali USA quale Jerry Jeff Walker, il quale celebra nel 1995 il suo ventisettesimo anno di militanza quale singer-songwriter di razza, e che razza! Newyorkese di nascita (lo sapevate?), ma texano di adozione ed ormai per antonomasia, Jerry Jeff da anni incide ormai per la Ryko, ma questo Night After Night, quinto episodio live della sua carriera, non è distribuito dalla suddetta indie, bensì direttamente dai Fan Club e dalla Tried & Trye Music, la sua casa editrice.

Potrebbe sembrare quasi che Jerry Jeff metta alla prova i suoi numerosissimi fans, chiedendo loro di darsi da fare un pó più del solito per mettere le mani su questo lunghissimo CD (più di 69′) che comprende ben quindici songs. Lo sforzo – se tale si può definire – vale comunque la pena di farlo, in quanto l’album dà un’esatta dimensione sonora del significato di partecipare ad un’esibizione live del nostro. “E’ sempre una combinazione dell’acustica della sala e del nostro stato d’animo. Si aggiungano poi gli ingredienti rappresentati dal grado di coinvolgimento del pubblico e dal numero di birre che si sono scolate” – dice Jerry Jeff – “e ben presto la serata si anima di vita propria”.

Tutto il contenuto dell’album è stato registrato al Birchmere di Alexandria, VA, il 26-27-28 e 29 Settembre 1994 e ci viene riproposto senza rimaneggiamenti (overdubs) di sorta, proprio per ricatturare quella sensazione di diretta partecipazione del pubblico e dei musicisti sul palco.

Troppi i titoli per riportarli tutti, bastino invece le citazioni di Up Against The Wall, Redneck Mother di Ray Wylie Hubbard (immancabile), London Homesick Blues di Gary P. Nunn (imprescindibile), il suo classico Mr. Bojangles (poteva forse mancare?), Don’t It Make You Wanna Dance? di Rusty Wier (Yes!), le obbligatorie L.A. Freeway e Desperados Waitin’ For The Train dell’amico Guy Clark, per finire con il piccolo-grande hit di Chris Wall Trashy Women. Un grande CD per un grande amico: resta saldo in groppa, vecchio cowboy.

Honky-tonk al fulmicotone, hard country con tanto sudore per il vecchio leone Billy Joe Shaver che torna al suo pubblico con Unshaved (Zoo Praxis 73445-1 1104-2): un live estremamente epidermico e godibile, grazie alla immediatezza della chitarra elettrica del figlio Eddy ed alla validità del materiale, abbondantemente rodato dalle numerose cover che lo hanno caratterizzato.

I classici ci sono praticamente tutti, da Georgia On A Fast Train a Ride Me Down Easy, da Black Rose a You Asked Me To e Old Chunk Of Coal, per concludere con uno dei manifesti sonori dell’outlaw country texano: Honky-tonk Heroes. Quasi completamente elettrico e caratterizzato da frequenti concessioni ad un robusto e torrido rock-blues, questo CD prende un attimo di fiato in corrispondenza di un paio di gioiellini acustici che rispondono ai titoli di Honey Bee e Live Forever. Essendo l’album in questione distribuito dalla BMG (leggi RCA) non dovrebbe presentare problemi di reperibilità, quindi non resta che precipitarsi presso il negozio di fiducia per l’acquisto d’obbligo… a meno che questa nostra raccomandazione vi trovi già fruitori di questa fetta succulenta – ma senza zuccheri o grassi – di Texas honky-tonk. Happy trails to you until we meet again…

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 33, 1996

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