Quello che si è sempre preso poco in considerazione, esaminando l’uomo ed il musicista Doc Watson, è la gioiosità interiore del suo modo di suonare, che a differenza dei suoi discepoli (vedi Norman Blake, Tony Rice, etc… tanto bravi certo, ma sprovvisti a volte proprio di quel calore tanto necessario a rendere ideale il rapporto fra musicista e ascoltatore), riesce a comunicare realmente con il suo pubblico. Credo che la statura ed il valore di un musicista si misurino anche in questo, non solo in un superbo pickin… e Doc Watson fonde entrambe queste qualità. Un album dal vivo, come Live & Pickin’, è la migliore occasione per capacitarsene.
Le registrazioni, avvenute dall’11 al 13 ottobre ’78 al Great American Music Hall di San Francisco, racchiudono l’immagine migliore di Doc: non quella di un uomo che evoca i fantasmi di un passato lontano, ma quella di un testimone di un’epoca e di fatti che lo hanno coinvolto in prima persona. Appaiono lontane, qui, le tentazioni di Look Away di avvicinarsi alla cosiddetta musica progressiva country, mentre è forte lo spirito traditional. L’old time music viene accantonata un momento per dare spazio ad interpretazioni più vicine al blues ed allo swing.
Sul primo lato di Live & Pickin’ emerge la componente interpretativa blues e swing dell’artista, con vaghi sprazzi old timey. Memories Of Your Dear ha indiscutibili risvolti swing, non altrettanto Dig A Little Deeper… che concede di più di qualche attimo piacevole di buon lampo musicale e vocale. Ma i quattro minuti e mezzo di Milk Cow Blues compensano di gran lunga ogni aspettativa, Doc ed il figlio alle prese con una struttura tipica del blues riescono ad ottenere risultati ragguardevoli: bella l’introduzione con l’armonica a bocca ed i passaggi ritmici, che passano dal blues all’hillbilly-jazz-swing, mentre la voce declama-canta il testo. Anche con Daybreak Blues di Jimmie Rodgers ci avviciniamo molto al blues: il brano, di effetto, vede dialogare la slide di Merle con la chitarra del genitore, impegnato in una esecuzione vocale tra il blues ed il western-yodel, cui tanto ci ha abituato il compianto Rodgers.
Si possono classificare, nel rango dei brani rigorosamente tradizionali, Wild Bill Jones ed il medley strumentale composto da Big Sandy e da Leather Britches: Wild Bill Jones, le cui origini si perdono in arie imparate da emigranti inglesi, è ben costruita sul banjo accompagnatore e sulla voce narratrice di Watson; il medley, sintetico e brillante, ha una freschezza di rivisitazione (che piacerà certo agli estimatori di Norman Blake, per similarità) tutta unica.
La side two di Live & Pickin’, che io preferisco, ha un inizio trascinante: Let The Cocaine Be è una ballata arrangiata ed adattata dal gusto personale del musicista, ed è qui vissuta in una veste semplicistica ma immediata, incroci di chitarre acustiche più un contrabbasso (Michael Coleman) si avvicendano in una cornice vocale a due (Doc e Michael). Il seguito è All I Have To Do Is Dream (un brano che i più ricorderanno cantato dalla Nitty Gritty Dirty Band in Dream, e forse meno… da Dave Mason & Mama Cass, nel loro disco insieme inciso per la Blue Thumb), pezzo facile ma godibile. Superba la versione di Got The Blues (Can’t Be Satisfied) di Mississippi John Hurt, rivista col picking avvolgente e cromatico del chitarrista e la cui spalla sicura la fornisce il figlio Merle ancora alla slide guitar, nella quale sembra eccellere.
Ma il mio brano preferito è un medley, composto da un brano cantato dalla sola voce di Watson e da uno strumentale dal sapore anglofilo. St. James Hospital / Frosty Morn sono due esempi splendidi del modo accorato di interpretare la tradizione da parte del maturo artista. Sottolineerei l’intensità di St. James Hospital, in grado di colpirti profondamente ma pure Frosty Morn che appartiene all’elenco delle cose migliori offerteci dal suo repertorio. L’album si chiude con Streamline Cannonball di Roy Acuff, giusto tributo ai treni ed alle ferrovie americane, che tanto peso hanno avuto nello sviluppo di questo grande paese. Doc Watson, in codesto brano, gioca in un simpatico doppio tempismo di ritmica. Un disco veramente ottimo, con una copertina deliziosa.
United Artists UA-LA943-H (Traditional Country, Country Swing, 1979)
Mauro Quai, fonte Mucchio Selvaggio n. 19, 1979