Doc Watson – My Dear Old Southern Home cover album

Doc Watson è stato, molti anni fa, una delle ragioni del mio innamoramento per la musica country, e ha fatto per me da ‘colonna sonora’ di fondo attraverso le mie diverse fasi di interesse per i vari aspetti del country. Per questo so che non potrei mai parlarne male, qualsiasi cosa faccia o gli facciano fare: posso però esprimere alcune perplessità su questo My Dear Old Southern Home, e vado a farlo.
Pare che ci sia in giro una tendenza tipo “se è ancora un po’ noioso va bene, purchè venda a quelli che compra(va)no i dischi della Windham Hill”, e ho già avuto occasione di dirlo recensendo l’ultimo CD di Mike Auldridge: bene, temo che Doc ci sia un po’ cascato…

My Dear Old Southern Home è infatti ricca di pezzi a dir poco ‘tranquilli’, da Jimmie Rodgers a A.P. Carter a Gene Autry, e l’andazzo generale è più pacato del solito anche in canzoni, come Wreck Of The Number Nine, che nel passato Doc aveva reso in maniera ben più vivace.

Con questo non voglio dire che musicisti del calibro dei soliti Alan O’Bryant, Stuart Duncan, Sam Bush, Jerry Douglas, Mark Schatz, Roy Huskey, T. Michael Coleman (masantoddio, dormono mai questi signori?!?) non abbiano drive da vendere anche in pezzi tranquilli, o che Doc non mi dia i brividi cantando Your Long Journey: è solo che alla fine del cd non restano molti graffi sulla nostra coscienza, o per meglio dire non resta una impressione così decisa, per quanto questi pezzi possano essere ‘sentiti’ e ‘vissuti’ dai loro interpreti.

In My Dear Old Southern Home Doc canta le canzoni della sua giovinezza, ma si ha l’impressione che li canti più a se stesso che ad un pubblico. E’ sempre Doc Watson, d’accordo, ma la sua grande , inconfondibile voce di cuoio comincia a essere un po’ troppo stanca della strada, troppo triste per Merle, forse troppo stufa di fare da colonna sonora a me e a tanti altri bluegrassari…

Sugar Hill SH CD-3795 (Country Acustico, Old Time Music, 1991)

Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 12, 1991

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