Dock Boggs picture

Banjoista e cantante della Virginia dallo stile personale e particolare, influenzato dal blues dei lavoratori neri, con i quali era stato a contatto nel suo lavoro di minatore, in particolare a Norton, nel Southwestern Virginia, poco distante dal Eastern Kentucky, dove c’era un massiccio insediamento di afroamericani che trovarono lavoro nelle miniere.

Boggs si era esibito ed aveva inciso verso la fine degli anni Venti. Il suo stile di banjo era uno stile up-picking, ripreso forse da quello dei chitarristi e banjoisti di colore. Altrettanto insolite sono le accordature che utilizzava sul banjo, uniche o quasi, assolutamente personali, costruite sui brani che eseguiva, quasi tutti modali e con caratteristiche modulazioni blues.
La sua voce era roca e trascinata, e nelle esecuzioni la melodia vocale era sottolineata dallo strumento, accentuando le dissonanze e rendendo le sue esecuzioni molto suggestive. Questo modo esecutivo lo avvicina ai chitarristi blues afroamericani e il risultato ha un sapore arcaico, che ha sempre suscitato interesse presso gli addetti ai lavori e presso tutti quelli che sono venuti a contatto con la sua musica.

Dopo le incisioni effettuate tra il 1927 ed il 1929, che avevano attirato l’attenzione dei musicologi, bisognerà aspettare gli anni del folk revival perchè Dock venisse riscoperto. Nel frattempo aveva cambiato diversi lavori e, verso la fine degli anni Trenta, aveva smesso di suonare il banjo.
Fu all’inizio degli anni Sessanta, grazie ai New Lost City Ramblers, ed in particolare a Mike Seeger, che lo conobbe nel 1963 e lo fece immediatamente partecipare al festival di Ashhville, in North Carolina. Da allora partecipò a diversi festival, fu riproposto al pubblico insieme a tanti altri interpreti e musicisti sconosciuti che avevano fatto la storia della country music degli anni della commercializzazione.
Il suo stile ed il suo repertorio, assolutamente atipici, hanno continuato a suscitare interesse.

7.2.1898 – 7.2.1971

Old Time Music

Mariano De Simone, fonte TLJ, 2003

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