Dolly Parton – For God And Country cover album

Comincia con un inno della cristianità, The Lord Is My Sheperd, e tanto per non lasciar dubbi (se per caso la copertina fosse, non si sa come, passata inosservata) lo doppia con una accorata rilettura dell’inno americano, The Star Spangled Banner.

Benvenuti nella terra degli eroi e della libertà, nell’America, tra tradizione e cartolina turistica, di Dolly Parton, una delle poche icone rimaste nel sempre più smaliziato mainstream country d’oltreoceano. Un disco tutto a stelle e strisce, dedicato a coloro, sono parole di Dolly, il cui sacrificio ha preservato la libertà di tutti gli americani. Storie di soldati, caduti in guerra o a causa della guerra, incapaci di reinserirsi nella vita di ogni giorno, storie riprese dalla tradizione (When Johnny Comes Marching Home, Gee Ma I Wanna Go Home) o scritte dalla Parton apposta per questo progetto (Welcome Home e l’m Gonna Miss You).

Musicalmente in bilico tra manierismi pop e felici esercizi di stile, dal bluegrass (Red, White And Bluegrass, My Country ‘Tis o la reinvenzione di Tie A Yellow Ribbon, già portata al successo negli anni ’70 da Frank Sinatra) al gospel (splendide Peace In The Valley, con The Fairfield Four, e Go To Hell, dedicata ad un Satana che sembra avere il profilo di Bin Laden), For God And Country riflette tutte le contraddizioni del mainstream americano, pescando a piene mani nei luoghi comuni di una coscienza che si vuole, difficile dire con quanta intenzionalità, popolare.

‘Apple pie’ e nastri gialli si accompagnano a cori di bambini che inneggiano alla guerra, nella francamente insopportabile, e non solo tematicamente, Brave Little Soldier, o nella ancor più fastidiosa Ballad Of The Green Beret, scritta non a caso nel 1966 in pieno caos Vietnam.

Welk Music Group (Country Gospel, 2003)

Mauro Eufrosini, fonte JAM n. 99, 2003

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