Non è da gentleman chiedere (o rivelare) l’età di una signora. Ma in questo caso facciamo un’eccezione. Perché la cosa (dal punto di vista estetico ma anche da quello artistico e professionale) ha quasi dell’incredibile. Il prossimo 19 gennaio ‘The one and only’ Dolly Parton compirà 57 anni; a essere severi, ne dimostra una quindicina in meno.
A ben 40 dal suo esordio discografico, l’esplosiva sexy bomb del country è infatti più vitale che mai. Specie da quando, nel 1999, ha con coraggio firmato un nuovo contratto discografico con la ‘piccola’ Sugar Hill. Lei, plurimiliardaria, mega diva dell’entertainment USA che decide di ripartire daccapo con grinta insospettabile, idee chiarissime e un imperativo musicale: ritorno alle radici, al suo amatissimo bluegrass, alla musica acustica, alle ballate old time, anticipando così di un paio d’anni il fenomeno O Brother.
Dopo due piccole gemme come The Grass Is Blue e Little Sparrow, la biondissima Dolly chiude (per ora) questa sorta di trilogia con l’altrettanto eccitante Halos & Horns con il quale partirà in tour dopo anni di assenza dai palchi. Interamente acustico, e anch’esso di chiara matrice old timey & bluegrass, l’album raggiunge immediatamente un picco elevatissimo con la deliziosa Sugar Hill (un omaggio alla sua casa discografica?) che ricorda da vicino le magiche armonie del Trio con Emmylou e Linda. O con le successive Not For Me o Hello God in cui la Parton fa capire anche ai sordi il concetto di ‘espressività’: la sua voce tocca tutte le corde emozionali dell’ascoltatore trasportandolo in un’altra dimensione sensoriale con l’ausilio di pochi accordi e arrangiamenti semplicissimi. Sono infatti la sua voce e soprattutto le strepitose doti interpretative a fare la differenza.
E come ai fuoriclasse dello sport, le basta poco (a volte solo un tocco) per lasciare una traccia importante: ascoltate la spumeggiante Shattered Image (uno dei pezzi migliori del disco), la rurale These Old Bones, la travolgente I’m Gone. Ma anche la deliziosa Dagger Through The Heart o l’ispiratissima What A Heartache. Per non parlare del divertente gospel-grass di John Daniel. O della fascinosissima cover di Stairway To Heaven (già, proprio il super-classico degli Zeppelin) che risorge a nuova vita nella versione roots di Dolly senza perdere nulla del feeling originario. Magnifica.
Sugar Hill (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, Country Acustico, 2002)
Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 84, 2002