La bionda e prosperosa Dolly Parton ritorna con il terzo album del nuovo corso ‘acustico-bluegrass’, dopo The Grass Is Blue e Little Sparrow che hanno ridato vigore alla sua carriera. Nulla da dire sullo spessore dell’artista: la sua voce è inconfondibile, una voce, un’interpretazione che arriva diritta al cuore, ed in ogni caso sempre molto professionale.
Il disco è parecchio intimista, e le storie di vita vissuta Dolly non solo le racconta ma le condivide con il cuore aperto. Un’opera pervasa dalla contrapposizione tra giusto e sbagliato, halos, aureole del paradiso e horns, corna dell’inferno.
L’etichetta è sempre la Sugar Hill, ma cambiano i musicisti, di provenienza sia country sia bluegrass. Il tutto è ottimamente suonato, anche se un po’ si sente la mancanza dei vari Bush, Thile, Douglas, Duncan, Sutton, Mills, Bales presenti nei due lavori precedenti: sembra quasi lei voglia far tornare in primo piano la sua voce rispetto agli strumenti. L’impronta complessiva è tuttavia molto ‘country’ anche se la strumentazione è rigorosamente acustica pur con qualche discreta percussione e qualche orchestrazione troppo sovrabbondante.
I brani sono, tranne un paio di cover, tutti scritti da lei, e sono veramente una grande canzone dopo l‘altra. Difficile fare delle scelte, ma si può segnalare Sugar Hill, ritmata e frizzante, These Old Bones, divertente e triste, I’m Gone, brillante e la maestosa Raven Dove.
L’ultimo pezzo è la cover di Stairway To Heaven, abbastanza fedele all’originale di Jimmy Page & Robert Plant anche se eseguita in modo più sofferto, più ‘gospelizzata’ (correttamente ‘gospel-flavoured’) si potrebbe dire, rispetto alla grandiosa interpretazione dei Led Zeppelin.
In definitiva un disco abbastanza nel segno della continuità con i due precedenti, e che accontenta senz’altro anche i fan della Dolly più country.
Sugar Hill 3946 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, Country Acustico, 2002)
Claudio Pella, fonte Country Store n. 66, 2003