Il white gospel affonda le sue radici nella tradizione di canto sacro diffusa prima della guerra civile negli stati confederati e propagata dopo la guerra, soprattutto in Virginia, dalla pubblicazione di una serie di libri di inni, da cantare a più voci e non necessariamente in chiesa. Il termine è caratterizzato non tanto dallo stile quanto dal contenuto dei testi.
E’ così che generi musicali formalmente diversi hanno dato la propria interpretazione del gospel bianco: dai duetti di fratelli al country elettrico, dai cori di 300 elementi al bluegrass. Doyle Lawson con i suoi Quicksilver, che hanno mutato varie line-ups nel corso degli anni, è da considerarsi un autentico maestro del gospel bluegrass.
Anche questo album conferma la classe indiscussa del titolare, che ha firmato diversi dei 14 brani, sia da solo che in compagnia del bassista Jaimie Dailey. Secondo la migliore tradizione il lavoro è eminentemente vocale, con arrangiamenti di gusto ed una grande maestria nella distribuzione di luci ed ombre, specialmente nei pezzi a cappella. Pochi gli assoli.
Gli interventi strumentali sono soprattutto limitati, anche qui come da tradizione, ad intros, outros e turnarounds. Il contenuto dei testi è ovviamente religioso con i tipici riferimenti biblici. Oltre al già citato bassista troviamo Barry Scott alla chitarra, Doug Bartlett al violino, Dale Perry al banjo e il grande capo al mandolino. La registrazione è dedicata alla memoria di Rex Nelson.
Sugar Hill 3911 (Bluegrass Gospel, 2000)
Fabio Ragghianti, fonte Country Store n. 58, 2001