Dopo più di venticinque anni con la Sugar Hill Records, Doyle Lawson passa ad una nuova casa discografica, ma nulla è cambiato nella sua musica e nulla cambierà nell’atteggiamento dei suoi fans. Il suo è uno stile molto particolare che a qualcuno entusiasma, e tanto, mentre a qualcun altro, dopo alcuni dischi che paiono sempre uguali, un pochino annoia. Ma sempre si ritorna ad acquistare, come una droga, il suo ultimo lavoro appena uscito. Sì, l’ascolto provoca dipendenza.
Già agli inizi della carriera, negli anni ’60, è considerato uno dei migliori mandolinisti sulla scena per poi percorrere con la sua band, i Quicksilver, un personale cammino nella scia del suono gospel-bluegrass applicato anche a brani di diversa provenienza, facendo dell’amalgama e della pastosità davvero straordinarie delle voci la loro caratteristica, sempre naturalmente sostenuto da parti strumentali impeccabili. Questo con un ricambio di organico nel corso degli anni abbastanza intenso ed anche decisamente proficuo, viste le numerose ottime formazioni nate dalle loro costole.
Così è anche in questo You Gotta Dig A Little Deeper, ricco e vario. Troviamo ad esempio la cover di Four Walls portata al successo nel 1957 dalla stella del country-pop Jim Reeves ed anche interpretata, solo per restare nell’orticello bluegrass, tra gli altri da Bill Monroe nello stesso anno ed anche da Dillard & Clark. Che dire poi di Rosine guidato anzi trascinato dalle squillanti note del mandolino o di Love Me As You’d Love The Rain con il banjo che martella, per non parlare dell’accattivante incipit (come in Heavy Traffic Ahead di Bill Monroe) della title-track, con i cinque strumenti che si presentano contendendo poi alle voci il ruolo di protagonista. Doyle Lawson scava un po’ più a fondo nell’anima e nel cuore del bluegrass, ed i fans continuano ad essere dalla sua parte.
Rounder 11661-0557-2 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Gospel, 2005)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2005
