Qual’è il segreto di Dwight Yoakam?
Tre dischi e tre successi in tre anni per questo bel tenebroso cowboy post-country, meritevole di aver attirato l’attenzione dei media sul revival della musica di Nashville, non rappresentano risultato da poco.
Eppure, musicalmente parlando, per quanto di buono si possa trovare nella musica di Yoakam, poco ci si trova di nuovo. E’ vero che, come abbiamo più volte sottolineato, il movimento ‘new country’, a dispetto del nome, di nuovo non ha molto. Anzi, ad esso viene riconosciuto il merito di aver riportato in una musica che stava pericolosamente scivolando verso un anonimo ‘easy-listening’ quei contenuti stilistici e culturali che le avevano assicurato un seguito costante nel tempo. Per questo, anziché la più comprensibile ed efficace etichetta ‘new country’ sarebbe più giusto usare la opportuna definizione di ‘Nuovi Tradizionalisti’ per identificare la musica di Yoakam e compagni.
Ma, qualcuno potrebbe obiettare, “cos’ha ‘sto Dwight Yoakam in più rispetto ai mille e passa cantanti di country che è possibile vedere ogni sera nei club più fumosi o nei locali più raffinati, da un capo all’altro degli States?”
Questo è uno dei tanti misteri del mondo della musica. Certo è che il fascinoso Dwight qualche numero ce lo ha. Innanzitutto è giovane, e già questo non è male in un mondo come quello country, da un po’ troppo tempo abituato a mostri sacri che viaggiano oltre la cinquantina. Poi ha un look abbastanza inquietante, perché abbina il classico gusto western (del tipo caricato con cappellone, ‘string tie’ e stivaletto con punta metallica) ad una trascuratezza da rocker metropolitano tanto che qualcuno ha provato a coniare l’ennesima etichetta: così per un certo periodo si è pensato che la musica di Yoakam potesse essere definita ‘cow-punk’, quando in realtà con il fenomeno punk (sia musicale che sociale) Dwight ha veramente poco da condividere.
Terzo,dal punto di vista musicale Yoakam si muove nel revival della country music della fine anni ’50, nel ‘Bakersfield sound’ di Merle Haggard e soprattutto di Buck Owens che sta così ben funzionando anche con gruppi come Desert Rose Band. Infine, particolare da non trascurare, i dischi di Dwight Yoakam sono musicalmente belli, ottimamente prodotti da Pete Anderson e curati in ogni dettaglio.
Anche quest’ultimo Buenas Noches From A Lonely Room (dal titolo evocativo) è album di ottimo livello. Ma, attenzione, ladies and gentlemen, sempre di buona vecchia musica country si tratta pur con qualche accenno di honky tonk e con il bonus di una dolce ballata (la titletrack) dal sapore messicaneggiante, grazie all’intervento di Flaco Jimenez e del suo magico accordeon. Quindi, va molto bene che riviste cugine di Hi, Folks! parlino con entusiasmo del fenomeno Dwight Yoakam ma meno bene va quando non fanno altrettanto con diversi nomi vecchi e nuovi che si muovono musicalmente sullo stesso territorio.
Perché, ad esempio, viene ignorato Ricky Skaggs, non si danno le copertine a Emmylou Harris, non si fanno le interviste alla Desert Rose Band, non si è mai (dico mai) parlato dei New Grass Revival?
Questi sono i misteri del mondo della musica, senza togliere nulla a Dwight Yoakam, che rimane comunque uno dei nostri favoriti, e a questo suo ultimo album, forse il migliore dei tre finora prodotti. Continuiamo dunque a seguire, ora più che mai, questo giovane talento con il cappello da cowboy e la sua musica, ma non dimentichiamoci di tutto quello che gli succede intorno.
Da Nashville giungono precisi segnali di risveglio. Sta di nuovo per scoccare l’ora del country?
Reprise 9-25749-1 (Country Rock, Bakersfield Sound, New Traditionalists, Alternative Country, 1988)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 32, 1988
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