E’ indubbiamente un fatto piuttosto ironico che il soul viene considerato la musica nera per eccellenza. Del resto, il contributo dei bianchi è sempre stato enorme: mi riferisco a musicisti, compositori, produttori e arrangiatori quali Jerry Leiber, Mike Stoller, Dan Penn, Spooner Oldham, Bert Berns, Jerry Ragavoy, Chips Moman, Jim Stewart, Jerry Wexler, Steve Cropper, Donald ‘Duck’ Dunn, David Hood, Jimmy Johnson e Roger Hawkins (l’elenco potrebbe continuare a lungo). Ma diamo a Cesare quello che è di Cesare. Sono i cantanti che la fanno da padrone in questo genere musicale, e pochi bianchi sanno reggere il confronto con cantanti dalla pelle nera. Una delle rare eccezioni a questa regola era Eddie Hinton che morì lo scorso luglio a soli 50 anni.
Nativo di Tuscaloosa nell’Alabama, Edward Craig Hinton fu il classico prodotto di una regione dove cantare o suonare uno strumento sono tra le cose più naturali di questo mondo. Viene spesso usata a sproposito l’espressione ’gente con la musica nel sangue’ ma, nei confronti degli abitanti del sud degli Stati Uniti, è una frase azzeccatissima. Non per niente, dobbiamo a questa regione sia l’origine che lo sviluppo di buona parte dei generi musicali che conosciamo oggi.
Cresciuto con la consueta dieta di R&B e rockabilly, Eddie prese subito in mano la chitarra e alla metà degli anni sessanta suonava in una formazione locale, i Minutes. Come spesso succede in questi casi, Hinton, un uomo dal carattere introverso, sembrava davvero felice solo quando faceva musica. L’altro chitarrista della band, un certo Duane Allman, giunse pochi anni dopo ad una fama di livello mondiale, ma pochi sanno che, incantato dalla voce nerissima del giovane Hinton, lo invitò ad assumere il ruolo di cantante negli Allman Brothers Band. Hinton si rifiutò, e il compito toccò poi al fratello di Duane, il tastierista Greg. Eddie commentò l’avvenimento qualche anno dopo con il tipico understatement: “Forse avrei dovuto cogliere l’occasione: Duane non era niente male come chitarrista!”.
La perdita degli Allman Brothers Band fu un guadagno per tutta la scena R&B del sud, e soprattutto per l’ambiente di Muscle Shoals, dove Hinton entrò a far parte della house band assieme a musicisti del calibro di David Hood, Roger Hawkins e Jimmy Johnson. Dalla fine degli anni sessanta fino alla sua morte, Hinton era sempre tra i sessionmen più richiesti sul circuito, vantando un curriculum a dir poco impressionante di partecipazioni su dischi di altri artisti.
Come cantante, chitarrista, tastierista o compositore (spesso in compagnia di un altro songwriter, Martin Green), collaborò ai dischi di Elvis Presley, Bobby Womack, Aretha Franklin, Boz Scaggs, JoeTex, Percy Sledge, i Nighthawks, Dusly Springfield, Ry Cooder, Ted Taylor, Salomon Burke, Ronnie Hawkins, Willie DeVille, i Box Tops, Wilson Pickett, gli Staple Singers, Toots and the Maytals, Herbie Mann e Tony Joe While. Purtroppo, la sua carriera solista fu tutt’altra storia. Hinton dovette aspettare fino al 1978 per incidere il suo primo disco. L’uomo che organizzò il suo esordio da solista fu nientemeno che Phil Walden, ex manager di Otis Redding, il quale avevo fondato l’etichetta Capricorn a Macon nella Georgia. Il disco, intitolato Very Extremely Dangerous, giustificava tutte le attese. Hinton si dimostrò in forma vocale strepitosa, e firmò alcune delle sue migliori canzoni. Da brividi, però, era la cover di Shout Bamalama·, un inedito di Otis Redding.
Il destino volle però che la Capricorn fallisse subito dopo l’uscita di Very Extremely Dangerous. Così il nostro personaggio si trovò con un disco del tutto privo di supporto promozionale e l’esito era prevedibile: il disco scomparve quasi senza lasciare tracce. A distanza di 18 anni, rimase pressoché introvabile. La depressione dovuta a questo esordio infelice, e una battaglia continua contro problemi legati all’alcool e alla droga, fecero sì che dovemmo aspettare fino al 1987 per la prossima uscita discografica di Hinton. Letters From Mississippi uscì per un’etichetta svedese (incomprensibile la mancanza di entusiasmo da parte delle case discografiche statunitensi), ma ne valse la lunga attesa: altri dodici gioielli di rhythm & blues e soul (con qualche sfumatura rockabilly), registrati a Muscle Shoals e a Birdland nell’Alabama. Ascoltate Wet Weather Man, non sembra un out-take di Otis Redding? Da segnalare anche lt’s All Right, composizione magistrale dove la voce di Hinton ruggisce come un leone.
Nemmeno Letters From Mississippi fu un gran successo, e passarono altri quattro anni prima che un altro disco di Eddie arrivasse sul mercato. La Rounder, etichetta fondamentale per la roots music americana e salvezza di tanti artisti considerati troppo poco commerciali per i major, intervenne per aiutare anche la carriera del quarantaseienne Eddie, e il risultato fu Cry And Moan·, disco solido anche se non al livello dei primi due. La canzone di maggior spicco su Cry And Moan è forse Come On Home Baby Lee, una ballata soul commovente con delizioso arrangiamento dei fiati, ma il disco contiene inoltre degli ottimi brani in stile gospel.
Passarono ancora due anni, e vide la luce Very Blue Highway (sempre per la Rounder). Anche a questa uscita discografica mancò un po’ dello smalto degli esordi. Conteneva comunque alcune composizioni di notevole fattura, ad esempio il brano che dà il titolo al disco, e l’orecchiabilissima How You Going To Georgia. C’è anche una cover di Standin’in firmata da un altro grande soul man bianco, Joe South.
Negli anni ’90, Hinton arrivò anche in Italia per cantare al festival soul di Porretta Terme. La salute, però, era più che precaria e le sue condizioni peggiorarono fino alla sua morte pochi mesi fa, una grande perdita per la musica soul. Bobby Womack disse di Eddie: “Quando sento cantare questo ‘negro’ dagli occhi azzurri, quasi mi viene voglia di smettere”. Per chi conosce la voce di Womack (Eddie fu ospite sul suo disco del 1976·Safety Zone), questa frase la dice lunga sulle capacità vocali di Hinton.
Lasciamo l’ultima parola al giornalista Robert Gordon, il quale scrisse gli appunti di copertina per Very Blue Highway:·”se una corda sfregiata fosse in grado di cantare, potrebbe assomigliare a due persone soltanto: Otis è morto perciò rimane solo Eddie..”.
Bullseyes Blues CD BB9504 (Rockabilly, Soul, Rhythm & Blues, 1991)
Dominic Turner, fonte Jamboree n. 2, 1996