Emmylou Harris – Quarter Moon In A Ten Cent Town cover album

Quarter Moon In A Ten Cent Town è il quarto solo album (senza contare Glindin Bird) per Emmylou Harris. Prova che con ogni probabilità la porterà definitivamente fra le star della musica leggera. Ci sono infatti tutte le condizioni necessarie e favorevoli per trascinarla in questa direzione: attesa prolungata il più a lungo possibile, grande battage pubblicitario, simultanea tournée europea, attualmente in corso, e (fattore più importante naturalmente) disco confezionato con capacità e maestria, sapientemente curato sotto ogni aspetto, destinato quindi ad essere vincente.

Ciò mi farebbe molto piacere, è ovvio, tuttavia ho la sensazione che questo lavoro mi abbia in qualche modo deluso. Per quanto non possa che sottolineare con toni positivi la sua buona qualità, c’è qualcosa che dopo Luxury Liner si è delineato con maggiore chiarezza. La consapevolezza che questo sia il limite massimo di impegno e di ricerca cui Emmylou si possa spingere, per non correre il rischio di dover rinunciare all’ambito inserimento nelle stars di livello internazionale.

Ella sembra così aspirare ad un ruolo molto simile a quello della Rondstadt pur avendo una personalità più spiccata; cioè da condizione di ottima e brillante vocalist, interprete di brani (ricercati nella miglior produzione altrui) arrangiati con impegno e capacità, senza tentativi troppo coraggiosi o ambizioni di autrice (ricordo a questo proposito che in Glindin Bird ben cinque brani, non troppo disprezzabili, portano la sua firma). Ma non vorrei con questo discorso convincervi ad evitare questo Quarter Moon In A Ten Cent Town, che è certamente degno d’attenzione. Il genere della Harris, penso sia forse superfluo ripeterlo, è un country-rock moderno e vivo, che si muove con ampio respiro tra ballate e ritmi più veloci.

Sono qui presenti canzoni di Susanna Clark e Carlene Routh, Easy From Now On, buona, che apre l’LP dandogli il titolo con un verso; di Dolly Parton, To Daddy scelta come 45 giri; di Jesse Winchester, Defying Gravity e My Songbird entrambe delicate; di Walter Cowart, One Paper Kid, acustica e stupenda con un grande Willie Nelson come guest vocalist; di Utah Phillips, Green Rolling Hills; di Delbert Mc Clinton, Two More Bottles Of Wine e di Winfield Scott Burn That Candle con sapore gospel.

Non manca neppure stavolta però il contributo di Rodney Crowell che offre Leaving Louisiana In The Broad Daylight (scritta con Donovan Cowart) una delle cose migliori, con l’aiuto importante di due ex membri della Band, Rick Danko al fiddle e seconda voce e Garth Hudson alla fisarmonica (eccellenti i loro assoli!) e I Ain’t Living Long Like This rock deciso e pieno. Tutti questi brani acquistano fascino e grazia nella veste per loro scelta da Emmylou, e ciò grazie anche al supporto dell’ottimo gruppo che l’accompagna fin dar suo secondo LP (Albert Lee, Hank De Vito, Emory Gordy, John Ware con aiuti saltuari di James Burton, Glen Hardin, il producer Brian Ahern, lo stesso Rodney Crowell e Mickey Raphael, armonicista).
Quello che manca alla fine sembra proprio qualcuno come Gram Parsons al suo fianco…

Warner Bros BSK 3141 (Country Rock, 1978)

Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 6, 1978

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