Emmylou Harris – Roses In The Snow cover album

Abituati da Luxury Liner ad ascoltare lavori confezionati con gran classe ed eleganza ma senza troppo feeling né passione, ci ritroviamo tra le mani stavolta una prova più calda del solito. Emmylou Harris che ritorna sui suoi primi passi, duri e difficili, eppur tanto promettenti? Non proprio, ma questo Roses In The Snow ci offre molto di più di quanto avremmo potuto immaginare. C’è un sensibile spostamento verso una musica più tradizionale e un maggior impegno acustico, che danno la sensazione di una ripresa.
Sentendo scorrere i brani del disco a momenti viene in mente la Harris di Evangeline, accompagnata dalla Band di Robbie Robertson, colla sua immagine di candore e purezza nella lunga veste monacale… Allora possiamo affermare che Emmylou non è rimasta indifferente alle critiche di chi le rimproverava scarsa partecipazione e freddezza, specie negli ultimi tempi. E anche se non si è rimessa a scrivere canzoni di suo pugno, come si auspicava nella speranza di spingerla verso altri orizzonti, questa nuova prova da qualunque parte la si voglia prendere è indubbiamente un passo avanti per lei. (Non teniamo conto della copertina, quella di fronte in particolare, che pare una riproduzione delle precedenti).

Emmylou Harris and friends…

E la stessa presenza di collaboratori del calibro di Ricky Skaggs, Tony Rice, Albert Lee, Dolly Parton, Willie Nelson, Johnny Cash, Linda Ronstadt, tra gli altri, chiamati ad abbellire qua e là i singoli pezzi, è più calibrata ed efficace che mai. L’album si muove bene o male su due piani, uno prettamente tradizional religioso con visibili riferimenti gospel, l’altro tipicamente country con ossatura bluegrass.

Il richiamo religioso, pur significando un’influenza dei tempi, per la Harris non è una sorpresa, se appena pensiamo alle interpretazioni raccolte nel suo recente album natalizio, riservato al mercato inglese, di cui pochissimi sembrano essersi accorti nonostante non fosse disprezzabile, tenuto conto soprattutto della sua peculiare caratteristica. I brani di questo nuovo LP sono più universali nel messaggio, ovviamente, e toccano i momenti di maggior lirismo in Wayfaring Stranger, dall’andatura lenta e carica di tensione, che ricorda da vicino la celebre I’m A Pilgrim e in Green Pastures che si muove con più piglio in un’atmosfera pregna di fede.
Al secondo filone appartengono gli altri motivi. Tema dominante, al solito, le pene d’amore, con l’eccezione di The Boxer, il famoso brano di Simon & Garfunkel (interpretato anche da Dylan) sulla solitudine e l’emarginazione cittadina (leggi New York). La rosa, che quando sboccia in fiore porta felicità, mentre quando appassisce o viene gettata nella neve (Roses In The Snow) arreca dolore, sembra voler assurgere a loro simbolo.

Ancora una volta si può sottolineare come Emmylou si trovi bene a cantare a fianco di una voce maschile, nel caso e non per la prima volta quella di Ricky Skaggs, anche se non ritocca le intensità raggiunte con il suo lontano maestro Gram Parsons. I brani migliori della raccolta infatti sono in qualche modo cantati in duetto: i due tradizionali già segnalati sopra, Jordan altro traditional dove la voce cavernosa di Johnny Cash anticipa l’impasto corale, You’re Learning di Ira e Charles Louvin un motivo dolce ma pieno di tristezza, Gold Watch And Chain di Annabelle Carter lieve ma amaro.
Il sound è pulito e limpido ma talvolta ancora un po’ caramelloso pur senza mai infastidire. Concludendo gli ammiratori di Emmylou non hanno certo problemi da porsi di fronte a questo album, chi si era stancato di lei in questi ultimi tempi ha l’occasione di riavvicinarsi.

Warner Brothers 3422 (Country Rock, Traditional Country, 1979)

Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 31, 1980

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