Eric Taylor - Resurrect cover album

‘Leggenda vivente’ è una definizione un pò inflazionata in ambito musicale, ma nel caso di Eric Taylor calza alla perfezione. Conosciuto da più di un ventennio come uno dei migliori cantautori texani, Taylor è emerso negli anni ’70 dalla scena folk di Houston sulla scia di personaggi come Guy Clark e Townes VanZandt. La sua influenza musicale su artisti del calibro di Lyle Lovett – “Io sono sempre un supporto quando sono attorno ad Eric, io amo la sua voce, ed egli ha grandi qualità narrative e senso dei dettagli. Egli ti tira fuori dalla tua realtà per assimilarla a quella delle sue canzoni. Tu attraversi una linea dentro il suo mondo quando ascolti le sue canzoni” – e Nancy Griffith è trasparente, figlia dello stesso substrato cultural-musicale.
Un musicista culto dunque, paragonato, sul piano della narrativa a giganti della letteratura texana come Larry McMurtry e Cormac McCarthy, e, su quello musicale, a lasciare influenze profonde su personaggi ben più famosi. Un ‘eroe non cantato’, un songwriter che non ha mai conosciuto produzioni discografiche importanti.

Sorprende che tanto personaggio abbia registrato solo due album nella sua carriera: Shameless Love, datato ’81, ed il recente album omonimo per la Watermelon (Kerrville Music Award come Texas album dell’anno ’96), di cui Resurrect sembra essere la naturale evoluzione.
Reduce da un lungo periodo di ritiro dall’attività musicale, Eric Taylor, grazie all’album per la Watermelon, è tornato ad essere oggetto di culto per gli amanti dei songwriters del Lone Star State; convincendo inoltre gli olandesi della Munich ad investire su un interprete tanto schivo e particolare. Resurrect è un’autoproduzione realizzata ad Houston dallo stesso Taylor, chitarra e voce, con una piccola formazione.
Con sezione ritmica, Rock Romano e James Gilmer, tastiere, Mike Sumler, e, saltuariamente, il violino di Gene Elders, prezioso nel dialogare con l’acustica (Comanche), e di un coro di voci femminili, dove spicca la voce di Denice Franke, della quale mi permetto segnalarvi lo splendido esordio solista prodotto dallo stesso Eric, ci regala undici canzoni che si fanno ricordare.
Un’opera che ci da l’esatta misura della statura artistica dell’autore, capace di cesellare storie, caratteri, immagini vividissime, e dell’interprete che, senza mai alterare i toni di una voce molto dolce e di naturale bellezza, dà corpo ad elaborate folk-ballads in un crescendo di emozioni poetico-musicali. Apre con Walkin’ Back Home, la nostalgia di casa arriva facilmente al cuore, cui segue la toccante Louis Armstrong’s Broken Heart, piano e chitarra acustica tratteggiano una tristezza che sembra potersi toccare con mano.

Si prosegue con altre southern-stories d’autore, Sweet Sunny South e Texas Texas, con uno stile piano e lineare, senza scosse o sbalzi stilistici, per un cantautore che cerca di affascinare raccontando.
La personale vena dolce-amara, carica di disillusione, sa essere intimista, nostalgica, evocativa, sembra pervaderci gradualmente regalandoci sublimi ed originali atmosfere. Un cantautore molto introspettivo che gioca sui toni dell’intimismo, della nostalgia, sulla capacità dell’evocare attraverso canzoni piene di immagini. In brani come Two Tire, duetto per voce e chitarra con Denice Franke, Eric Taylor, immaginifico, riesce a dare magistralmente corpo, attraverso parole e melodie, alle emozioni comuni.
Ascoltando Four White Fathers, che sembra scritta ed interpretata da Lovett stesso, chi ama e conosce l’universo musicale Lovettiano, con il quale Taylor ha scritto diversi brani, ha le coordinate ed i punti di riferimento per muoversi facilmente in un’opera tanto complessa, articolata ed ambiziosa.
Anche Eric Taylor lascia il segno, oltre che per la genialità delle architetture sonore, dalle più sobrie alle più ricercate, per il fascino, la grazia, la purezza delle sue songs (Strong Enough For Two). La sua struggente voce percorre Resurrect, aumentando pericolosamente il tasso di tensione emotiva. Ogni brano sembra offrire immagini del South degli States, attraverso una sorta di caleidoscopio, visionario ed arguto, che sembra inquadrare lucidamente Dio, gli uomini, l’amore, le cose, e le emozioni che tutte queste cose insieme causano.
La notturna ed amara Depot Light in chiusura è la quintessenza del suo songwriting.
Onesto, geniale e senza compro messi, troviamo in Eric stupefacenti doti cantautorali e una contagiosa musicalità, uniti a una prosa così vivida e toccante da sembrare pura poesia.

Musa 504 (Singer Songwriter, Folk, 1998)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 27, 1998

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