Il Nebraska non è mai stato molto generoso nel partorire musicisti che hanno lasciato la propria impronta nel panorama della country music, ma questa potrebbe essere la volta buona. L’occasione ce la fornisce il disco di esordio di una vera e propria forza della natura nativa del Nebraska, i Fortytwenty, cinque ragazzi che approdano alla musica country con un esordio a dir poco fulminante: Lowdown & Dirty.
L’energia che si sprigiona fin dai primi secondi dell’ascolto dell’iniziale Drink About Her è puro fulmicotone: il drumming di J.J. King è satanicamente incalzante, il basso acustico di Lern Tilton pulsa come un mantice, la chitarra elettrica di Jon Bradley è degna dei migliori solisti, mentre la pedal steel di Lloyd McCarter irretisce ed ammalia come una navigata seduttrice. Il fiddle di David Wilson non fa faville – in questo brano – ma il suo ruolo all’interno della band non può essere trascurato. Il ruolo di vocalist viene passato da Jon a J.J. e da J.J. a David, senza un attimo di calo della tensione emotiva – ed alcolica, direi – per un risultato corale davvero superlativo.
Dreamin’ Big And Living Small è contrappuntata dalla pedal steel, The Wagon gode dello stesso ritmo dell’indiavolato opening track, con l’aggiunta di una spiritata chitarra acustica solista (Jon Bradley) di effetto notevole, Honky-Tonk Me non avrebbe molta credibilità come soul-ballad o come brano jazz ed infatti si presenta come un perfetto esempio di honky-tonk, con la pedal steel sugli scudi.
What Women Say è abbondantemente country, ma Hang Around resuscita il country-rock californiano della prima metà degli anni ’70, con un particolare riferimento vocale a John ‘Marmaduke’ Dawson dei New Riders of the Purple Sage.
Angel è una velocissima ballata country con acrobazie vocali da manuale, mentre Broken Heartland si rifà agli schemi più classici della ’ballatona’ country, Lowdown Dirty Drinkin’, oltre a prestare il titolo al CD, si rivela l’ennesima corsa a perdifiato siglata dall’impeccabile sezione ritmica dei nostri, senza trascurare i precisi interventi chitarristici (elettrica e steel) che contribuiscono ad alzarne il valore, fino a quasi sconfinare nell’hillbilly.
Quasi a confermare il loro amore per la fusione di sonorità tradizionali (country) con matrici più innovative (rock), i cinque ragazzi concludono il loro biglietto da visita con una bella ballata nella vena country-rock più classica: Cowboys And Hippies.
Se si valutassero queste prove con il solito criterio delle stelle, i Fortytwenty ne meriterebbero almeno cinque (su cinque) e vi assicuro che non vedo l’ora di avere fra le mani il loro comeback album, ma temo che per quello ci sarà da aspettare un po’. Non perdeteveli!
Fortytwenty Music (Traditional Country, Country Rock)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 73, 2004