Confesso di avere atteso un paio di mesi prima di tentare la recensione di questo disco, ho rischiato di vedermelo requisire, con l’accusa di inadempienza, da chi me lo aveva fiduciosamente affidato per la valutazione. E pensare che ho aspettato tanto per farmelo piacere di più. In effetti qualcosa è cambiato, non posso dire che adesso ne vada matto, ma rispetto l’opera, se non altro perché adesso mi appare chiara l’operazione di marketing che sta alla base del tutto. I nostri eroi (già componenti del valoroso gruppo denominato Traditional Grass, considerato negli ultimi anni il migliore interprete del bluegrass così detto tradizionale), sanno benissimo di non poter piacere a tutti, si fa già fatica a soddisfare gli ascoltatori con una intera band figuriamoci con solo un violino e un banjo, sicché hanno individuato un pubblico, o meglio un gruppo di pubblici da colpire con precisione e soddisfare. Tralasciando violinisti e banjoisti che comunque non ritengo rappresentino il target principale, io ho classificato i seguenti:
– gli antologisti. Sono coloro che si fanno un dovere del raccogliere almeno una versione di tutti i brani di pubblico dominio esistenti. Sono quelli che qualunque titolo tu possa citare consultano l’archivio, mentale cartaceo o elettronico, e te lo fanno ascoltare. In questo disco 12 dei 14 brani sono, appunto, P.D., e gli altri due magari pure, tanto chi glieli contesta?
– i violinisti con problemi di shuffle. Lo shuffle è una tecnica impegnativa e fondamentale per il violinista bluegrass, è il pa-parapà-parapà con cui iniziano il 70% delle fiddle tune e non si improvvisa. In questo disco ben 9 brani iniziano con lo shuffle, quasi in ogni tonalità, e gli altri 5 non li inizia il banjo, comunque.
– i banjoisti che vogliono sentire come suona un Rich & Taylor. Questa è una giovane e già ristrutturata manifattura di banjo, che negli ultimi 3 o 4 anni si è fatta una solida reputazione producendo degli splendidi strumenti, e soprattutto regalandone uno a quasi tutti i banjoisti professionisti conosciuti. Questo è un disco in cui si ha la certezza di trovare inciso il suono di un Rich & Taylor, peraltro ben equalizzato, e sono convinto esista un nutrito gruppo di appassionati disposto a comperarlo per sentire il suono del famoso strumento. Personalmente mi sento vicino se non appartenente a tale gruppo.
Questi penso siano il target di Evans e Mullins, se non vi riconoscete nelle nicchie sopra descritte non comperate ad orecchie chiuse.
Rebel CD-1724 (Bluegrass Tradizionale, 1995)
Nirvano Barbon, fonte Country Store n. 33, 1996