Greg Harris - Acoustic cover album

Splendido album di bluegrass rivisitato, primo solo dell’attuale lead guitarist e vocalist dei Burritos. Un ottimo lavoro, vivo, entusiasmante, carico di feeling, in una parola sorprendente. Non il solito disco del genere magari ben curato, ben eseguito, persino piacevole ma alla fine uguale agli altri, senza sussulti né fantasia. Qui c’è un’energia e una vitalità tutta particolare che insieme ad uno spirito innovativo derivato dall’esperienza professionale in un gruppo di country-rock, gli conferiscono un’immagine originale e diversa. Il titolo poi, Acoustic è molto indovinato anche se questo non significa che la musica sia tale fino in fondo essendo due brani infatti sostanzialmente elettrici.
Greg aveva già due album in precedenza, il primo con Chick Rains nel ’77 per la RCA, non male ma poco interessante, nel quale il suo contributo però era pressoché limitato ad una canzone e più che altro a fare da spalla al suo partner, ed il secondo coi FBB in Giappone. Ma in verità nessuna di queste due prove lasciava supporre tanto talento e capacità da parte sua come in questa circostanza, specie alla chitarra (acustica) dove è veramente straordinario. È questo strumento infatti il protagonista di primo piano del disco, che attira maggiormente la nostra attenzione, che si scioglie in intricatissimi fraseggi, in scatenati solismi, in dolcissimi arpeggi.

Ma Greg è abile anche al banjo e al mandolino e ha rinunciato al fiddle solo perché sicuro del positivo apporto di Doug Atwell leader dei Silver Creek, mentre in qualche modo per basso e batteria si è appoggiato a due musicisti che conosciamo: David Waught (ex Adventure Of Roger McGuinn e Aztec Two Step) e Chet Mc Craken (Doobie Bros.). Ospite al banjo, in due occasioni, Larry Mc Neely davvero bravo.
Tra i brani presentati, in prevalenza strumentali (quattro su undici sono cantati), vi sono alcuni classici, rimessi a nuovo e rivitalizzati, come San Antonio Rose (Bob Wills) una davvero deliziosa serenata alla luna, Devil’s Dream (trad.) una bellissima interpretazione che infiamma nel duetto chitarra-banjo, Minor Swing (Django Reinhard) incantevole performance con richiami jazz e un eccellente accompagnamento di Fender Rhodes. Norwegian Wood dei Beatles spettacolare, che lascerà di stucco Dillards e Country Gazette, ritenuti finora i più abili interpreti bluegrass dei motivi di Lennon/Mc Cartney. C’è poi un’ennesima versione di Dixie Breakdown (D. Reno/J. Luceford) che pur essendo piacevolmente riproposta, meno delle altre si è però liberata del peso della sua struttura originale.

Il resto del materiale porta la firma di Greg e si integra con naturalezza e facilità nell’insieme del disco: Fingernail Moon, New Banjo, Away In A Major corrono limpidi, veloci, spumeggianti, senza concedersi o lasciare respiro. All I Can Do e February 24th, i due pezzi di cui si è accennato più sopra, sono dolci ed affascinanti ballate d’amore che esaltano Greg soprattutto come autore e cantante. Se egli continuerà a scrivere di queste cose e a suonare in questo modo il futuro suo (e dei Burritos) è assicurato. Il presente intanto è questo album che è nostro dovere far circolare e conoscere il più possibile perché se lo merita davvero.

Shiloh 4090 (Bluegrass Moderno, 1979)

Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 27, 1980

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