“Non voglio fare lo stesso disco due volte…”. In queste parole è racchiuso il modo di intendere l’approccio musicale di Grey DeLisle alle radici del suono americano. Rispetto al precedente The Graceful Ghost (suo debutto su Sugar Hill Records) dove le atmosfere risultavano più tradizionali ed acustiche, la cantante californiana effettua una ulteriore ricerca sonora, interiore, che mostra una personalità poliedrica, originale e sorprendente.
Con una vocalità estremamente brillante e ricca di sfumature Grey DeLisle riesce a fondere dolcezza, sensualità e forza in un album che al primo ascolto può spiazzare ma che poi esce alla distanza come uno dei prodotti più validi di un mondo variegato come quello denominato ‘americana’. Folk, old time, rockabilly e i fermenti rock più propositivi convivono naturalmente in un disco dal suono magistralmente bilanciato dalla produzione di Marvin Etzioni, con la presenza di due batteristi (il mitico ex Fairport Convention Dave Mattacks e Don Heffington già con Dylan, Lone Justice e Victoria Williams), due bassisti (il marito di Grey ed ex Old 97’s Murry Hammond e Sheldon Gomberg), uno straordinario steel guitar player (Greg Leisz) e lo stesso producer a mandolino e chitarre.
Una cover sussurrata e stravolta d Bohemian Rhapsody (si, proprio quella di Mercury e soci!) apre l’album riprendendo sonorità già presenti nel precedente lavoro, ma già con la seguente Joanna si ha la percezione di un cambio nel ‘mood’ con una canzone corposa ma modulata. Iron Flowers si articola poi alternando momenti più riflessivi in cui sembra di ascoltare i Cowboy Junkies (la title-track) ad altri nervosi e quasi distorti (Blueheart). Splendide a mio parere Sweet Little Bluebird, con il fascino low-fi di certe classiche folk ballads del passato, Inside Texas, tenue e quasi psichedelica in cui le tecniche di registrazione ‘vintage’ usate in tutto il disco sono più intriganti che mai, Right Now, rock ballad classica, Who Made You King, affascinante e stralunato rockabilly interpretato in maniera convincente e The Bloody Bucket che danno l’esatta misura di un personaggio di grande caratura in grado di porsi come una delle vere folksingers del 21° secolo…
Sugar Hill 4000 (Alternative Country, Folk, Old Time, Rockabilly, 2005)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2006