Alcuni dischi raccontano una storia, questo disco (per me) racconta la propria storia ai più accorti.
Una sera il leggendario Red Allen capita a San Francisco dal natio Ohio, e Grisman gli dice: “Vieni che facciamo un disco tradizionale”. Recupera Herb Pedersen, che non aspetta altro che suonare un po’ di banjo, costretto com’è a sopportarsi Hillman tutti i giorni, poi recluta Jim Buchanan e James Kerwin a fiddle e contrabbasso, e tutti si infilano nello studio sotto casa di Dawg.
Dopo un po’ di canne e un po’ di suoni (fatti molto bene da Paul Dennison) il gruppo inizia a registrare i pezzi che Allen ha portato a fama imperitura con gli Osborne Brothers, i Kentucky Mountain Boys e i propri Kentuckians.
Qualcuno già nota, un po’ preoccupato, che il mandolino viene registrato con volume e presenza superiori a quelli degli altri strumenti e voci, ma il padrone è Grisman, quindi pace…
Dopo alcune ore di registrazione, con bella grinta, belle armonie vocali e tutto quello che in fondo ci si aspetta da professionisti di quella levatura su pezzi classici, succede che arriva per caso Jerry Garcia. Annusa il pakistano e decide di fermarsi. Meno male, perché le idee su cosa fare cominciano a scarseggiare.
Grisman, che evidentemente si è già fatto almeno una canna di troppo, gli dice che magari potrebbe cantare e suonare anche lui un paio di pezzi. Garcia gli dice: “No David non canto bluegrass dalla terza media”, ma Grisman è il padrone, quindi… E in fondo la cosa importante è che ci sia molto mandolino.
Garcia suona un ottimo assolo di chitarra su The Fields Have Turned Brown, un altro bel solo su Is This My Destiny, quindi dimostra cantando che aveva ragione lui e non Grisman. Qualcuno pensa già che per ascoltare simili performances vocali una canna sostanziosa sia d’obbligo.
Ormai del tutto a corto di materiale arrivano al punto di far cantare un pezzo anche a Buchanan, che come cantante è uno splendido violinista. Pedersen è un po’ seccato, ricorda a tutti che il miglior cantante della comitiva, almeno al pari di Red Allen (quella notte un po’ opaco) è pur sempre lui, e allora gli fanno cantare Little Maggie, che se Grisman non la registra su ogni disco si sente male.
Il cursore del canale del mandolino sul mixer è ormai al massimo, mentre tutti gli altri vengono di tanto in tanto abbassati dal padrone di casa. Dennison pensa ancora, l’illuso, di aggiustare tutto nel mixaggio… Ed è contento perché i suoni sono veramente belli. E’ ormai notte fonda, e dopo che Buchanan si è sovrainciso tutte le possibili armonie di violino in tutti i pezzi, Grisman si accorge che hanno finito le cartine.
Tutti escono dalla nebbia aromatica dello studio e si tuffano nella nebbia della Bay Area, alla caccia di una pizzeria aperta. Prima di uscire l’astuto Grisman, con la scusa di spegnere la luce alza il livello del mandolino al di sopra del massimo (il mixer, in fondo, è suo) e lo sigilla con l’Attack: la prudenza non è mai troppa, potrebbe succedere che, diononvoglia, le voci si sentano più dell’accompagnamento di mandolino… Mixaggio, master, ecc.
Il disco è uscito da qualche mese ormai. Avrebbe potuto essere un bel tributo a Red Allen e alla sua tradizione, invece lascia l’amaro in bocca.
Archiviare sotto ‘occasioni mancate’.
Back Up And Push/ She’s No Angel/ I’m Just Here To Get My Baby Out Of Jail/ The Fields Have Turned Brown/ To Love And Live Together/ I’m Blue I’m Lonesome/ Pigeon Roost/ Down Where The River Bends/ Love Please Come Home/ Letter From My Darlin/ Is This My Destiny?/ Ashes Of Love/ Is It Too Late Now?/ Little Maggie/ Will You Miss Me When I’m Gone/ Back Up And Push
Acoustic Disc 4 (Bluegrass Tradizionale, 1992)
Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 16, 1992
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