Attivissimi nei concerti e negli spettacoli dal vivo, National Folk Festival (Vienna, Virginia), Annual Brandywine Mountain Music Convention (Concorville, Pennsylvania), Old Time Fiddlers & Pickers Reunion (Steele, Alabama), gli Highwoods sono uno dei gruppi maggiormente apprezzati dal pubblico specializzato ed uno dei più prolifici in campo discografico. Questo loro ultimo album, identico ai precedenti per struttura, scelte musicali ed etichetta, continua la coraggiosa e lodevole opera di proporre l’otm ad un auditorio giovane.
La caratteristica peculiare di allineare due fiddles (Walt Koken e Bob Pottz) li porta ad avvicinarsi al suono di quelle string bands d’epoca che fecero ampio uso di due violini solisti: i georgiani Skillet Lickers di Gordon Gid Tanner, gli Highlander, la band di studio dalla vita brevissima, guidati da Charlie Poole, i Fruit Jar Drinkers di Uncle Dave Macon (quando Kirk Mc Gee abbandona il mandolino per il fiddle, in coppia con l’eccellente Aaron Mazy Todd) ed infine i più recenti, ibridi, Mountaineers di J. E. Mainer (con un repertorio che raccoglie materiale otm, pre-bluegrass e bluegrass).
Pur essendo principalmente una string band da square dances (dove quindi le parti vocali sono in funzione della musica, non viceversa), gli Highwoods hanno tentato in questo No.3 Special delle interpretazioni di brani tipici e particolari della Carter Family e di Howard & Price (noti accompagnatori, questi ultimi, del primo Doc Watson) con risultati non certo entusiasmanti. Tralasciando comunque le voci, merita una noticina il lavoro della contrabbassista Jenny Cleland la quale, pur non toccando il livello poderoso della collega Mary Stribling della City Limits Bluegrass Band (il bluegrass dà molte più possibilità d’espressione a questo specifico e troppe volte bistrattato strumento, del resto assai raro nell’otm), è responsabile di un solido background, quando non disturba addirittura (in termini d’ascolto) il banjo in impeccabile clawhammer style dell’esperto Mac Benford e la quasi silenziosa chitarra di Doug Dorschug. Un’ultima cosa: mi sono sempre domandato perché la Rounder si ostina a costringere (e restringere) gli Highwoods in uno studio d’incisione quando la vera e giusta dimensione per il sound della band è su di un’aia, all’aria aperta.
Rounder 0074 (Old Time Music, 1978)
Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 13, 1978