Nuovo album di bluegrass scoppiettante per il quartetto guidato da Tim O’Brien e Peter Wernick, la più divertente realtà della ‘vecchia erba blu’ che divide le fatiche della vita ‘on the road’ con quei buontemponi di Red Knuckles & Trailblazers e con il loro sciabolento ‘Country & Western Show’.
Parlando con amici e musicisti americani a proposito di Hot Rize mi sono reso conto di quanto fosse popolare proprio il loro ‘supporting act’ che, nato quasi per scherzo, ha finito, performance dopo performance, per diventare la vera star dello spettacolo. E questo se, dal punto di vista del divertimento puro, è una nota di merito per i Nostri, forse fa sorgere delle perplessità sulla ricettività della loro proposta musicale ‘seria’. Eppure, anche se il mio è parere personalissimo, ritengo che Hot Rize, per originalità, freschezza e validità della formula musicale, sia uno dei pochi gruppi strettamente bluegrass ad avere delle chance di essere ben accolto dal non appassionato. E questo, senza necessariamente ricorrere al numero cabarettistic-umoristico di Red Knuckles.
Untold Stories è il lavoro della maturità. Con un repertorio giustamente equilibrato (50% e 50%) tra traditional riarrangiati e composizioni originali, questo album ci presenta in tutta la sua compattezza, dinamicità e brillantezza il suono Hot Rize. Le radici restano solidamente affondate nella tradizione bluegrass dei brani ‘a tre accordi’, ma la ricerca timbrica, il back-up, le armonie vocali e il drive sono inconfondibilmente degli anni ’80.
Tutta la prima facciata è straordinariamente efficace anche se piacciono in particolare la titletrack Untold Stories (scritta dall’ottimo O’Brien) e una ispirata versione di Won’t You Come & Sing For Me di Hazel Dickens.
Il lato B si apre con un’ottima Life’s Too Short dei Delmore Brothers e contiene Wild Ride, strumentale che è già diventato un classico dei loro concerti, composto da Peter Wernick, autore qui di un assolo di ‘banjo con phaser’ dalle sonorità molto interessanti.
In questa facciata vorrei sottolineare il contributo in fase compositiva di Nick Forster, bassista, vocalist e punto di riferimento ritmico di Hot Rize, che oltre ad aver ridisegnato il ruolo del bassista bluegrass, dal punto di vista tecnico, lo sta spingendo verso funzioni musicali prima considerate ‘off limits’.
Il gruppo è stato una piccola rivoluzione nel rigidissimo mondo del bluegrass e merita pertanto grande considerazione da parte di tutti. Noi di Hi, Folks! abbiamo già pronta, e in caldo, un’intervista con ‘Dr. Banjo’ Peter Wernick e una ‘Hot Rize Story’ che presto leggerete sulle pagine di questo giornale.
Nel frattempo andate ad ascoltarvi Untold Stories, forse il miglior disco di bluegrass del 1987.
Sugar Hill SH-3756 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, 1987)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 25, 1987